Una recente pronuncia sancisce un importante principio per il personale sanitario adibito, durante l’emergenza da Covid-19, a prestazioni che esulano dalla specializzazione conseguita. L’intervista all’esperto
Una recente pronuncia del Consiglio di Stato (la n.04881 del 10 settembre 2021) sancisce un principio molto importante per il personale sanitario adibito, in questi mesi di emergenza causata dalla pandemia da Covid-19, a prestazioni che esulano dalla specializzazione conseguita.
«In occasione della contestazione di un atto di organizzazione di una Asl romana – spiega a Sanità Informazione l’avvocato Marco Croce, della rete di Consulcesi & Partners -, impugnato da ricorrenti medici ortopedici, è stato affermato dal Consiglio di Stato il principio per il quale, da un lato, è possibile contestare direttamente davanti al Giudice Amministrativo un atto di macro-organizzazione che abbia però implicazioni dirette sulle attività di lavoro dei singoli medici e, dall’altro lato, in presenza degli elementi del cosiddetto fumus boni iuris e del periculum – che sono i due presupposti per i quali l’Autorità Giudiziaria interviene d’urgenza – l’Amministrazione può essere costretta a rivedere e a regolare in modo differente una materia di interesse sia dei cittadini, sia dei professionisti sanitari dipendenti pubblici».
In buona sostanza, e per fare un esempio, non si può spostare improvvisamente un neurologo nel reparto di Ginecologia o un otorino nel reparto di Oculistica, in quanto «anche se esiste un’urgenza, verrebbero a crearsi dinamiche di rischio», osserva l’avvocato Croce commentando il provvedimento.
Con questa pronuncia viene dunque «rafforzato il principio della corrispondenza tra l’assegnazione di incarico e la specializzazione del professionista». Principio sostenuto da tempo proprio dai legali che fanno parte di Consulcesi & Partners (che ha ricevuto diverse segnalazioni da parte di professionisti sanitari, i quali hanno rappresentato questo tipo di disagio) e che «conforta la nostra battaglia di contestazione delle guardie interdivisionali attuate disattendendo tale principio».
«È accaduto che il Consiglio di Stato abbia, seppur con rilievi molto sintetici tipici di una fase cautelare del contenzioso, ma altrettanto chiari, prescritto di fatto all’amministrazione della ASL Roma 2 di riformulare un atto di macro-organizzazione secondo alcuni criteri di necessaria correzione. Questo perché, con riferimento all’appropriatezza delle prestazioni, il Consiglio di Stato ha ritenuto che, con particolare attenzione alla materia dell’effettuazione delle prestazioni di Pronto Soccorso, ma comunque anche in via più generale, non è possibile adibire personale medico ad attività che non sono coerenti con la specializzazione delle singole risorse di medici dirigenti impegnati nell’effettuazione dei servizi e, segnatamente, impegnati nell’erogazione delle attività di presidio emergenziale».
«Ci troviamo a fruire di un autorevolissimo conforto circa alcune tesi che, anche nell’ambito dei giuristi legati a Consulcesi & Partners, hanno sempre voluto preservare il principio di corrispondenza tra l’incarico attribuito al medico (o altro professionista sanitario) sotto il profilo contrattuale e la specializzazione posseduta, per la quale vi è stata l’assunzione mediante concorso. Di conseguenza, è illegittima l’adibizione, con ordini di servizio, atti deliberativi o provvedimenti organizzativi, del professionista a prestazioni che possono essere invece notevolmente diverse dalla sua specializzazione. Tutto ciò, infatti, crea rischi di discostamento sensibile dalle Linee guida per l’effettuazione di quelle diverse tipologie di attività mediche e/o sanitarie. Il Consiglio di Stato ha voluto evidenziare che l’Amministrazione può sì regolare questa materia, ma non può dare luogo a violazioni dei limiti di accuratezza e analiticità che devono necessariamente presiedere all’emanazione di un atto di organizzazione dell’attività assistenziale».
«L’importanza della pronuncia è palese sotto più punti di vista. Primo fra tutti, perché l’ordinanza tratta di una tematica estremamente interessante per i medici, ma direi anche per la sanità in generale, ovvero quella della regolazione delle prestazioni in emergenza. Questa ordinanza della Terza Sezione del Consiglio di Stato, ovvero quella che si occupa di argomenti così centrali per il diritto sanitario e per gli operatori della salute, desta poi attenzione in quanto unisce tematiche di diritto del lavoro e di diritto amministrativo, andando però a emettere raccomandazioni estremamente concrete e di immediata applicabilità per tutto il settore sanitario. Direi che le implicazioni di questa pronuncia sono altrettanto ineludibili per quanto concerne il costante aggiornamento che ciascuno di noi è chiamato a fare circa la Legge 24/2017 sulla sicurezza delle cure e la responsabilità professionale sanitaria, giacché operare in condizioni di inappropriatezza favorisce gli errori».
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