Siglato l’accordo con la Sisac per l’effettuazione dei tamponi rapidi dai medici di famiglia. Raggiunta l’intesa con la medicina generale, contrari anche Smi e Cgil. Scotti (Fimmg): «Pronti ad assumerci ulteriori responsabilità, ma sempre nel rispetto della sicurezza»
Dopo lunghe trattative è arrivato il via libera all’accordo tra la Sisac (l’ente di contrattazione pubblica) e i medici di famiglia per l’effettuazione dei tamponi rapidi. L’Intesa sindacale ha espresso la propria contrarietà, così come lo Smi. A sottoscrivere l’accordo, al momento, solo la Fimmg, il sindacato più rappresentativo.
L’accordo stabilisce un compenso di 12 euro per il medico se il tampone rapido antigenico viene effettuato fuori dallo studio e di 18 euro se viene somministrato all’interno. Inoltre, il testo prevede l’accesso su prenotazione e previo triage telefonico e anche il tampone a domicilio.
«La fornitura dei tamponi antigenici rapidi ai medici – si legge nel documento – è assicurata dal Commissario per l’emergenza Covid-19 unitamente ai necessari dispositivi di Protezione Individuale (mascherine, visiere e camici). In assenza dei DPI, il medico non è tenuto» a fare i tamponi, e «il conseguente rifiuto non corrisponde ad omissione, né è motivo per l’attivazione di procedura di contestazione disciplinare».
Potranno, dunque, andare dal proprio medico di base per fare un tampone:
«Il medico che esegue il tampone – continua il testo – provvede alla registrazione della prestazione eseguita e del risultato ottenuto sul sistema informativo messo a disposizione dalla Regione anche grazie alla cooperazione applicativa del gestionale del medico». In caso di esito positivo «il medico provvede a darne tempestiva comunicazione al Servizio Sanità Pubblica/Igiene e Prevenzione della propria Azienda/Agenzia per i provvedimenti conseguenti e raccomanda l’isolamento domiciliare fiduciario in attesa dell’esito del tampone molecolare di conferma». In caso di esito negativo «il medico che ha eseguito il tampone rilascia attestazione al paziente».
«In un momento drammatico come quello attuale la medicina generale non poteva, e non ha mai pensato, di tirarsi indietro. Abbiamo però preteso che i medici non siano mandati a combattere a mani nude, come purtroppo è accaduto nei mesi scorsi». Silvestro Scotti, segretario generale FIMMG, commenta così l’accordo quadro raggiunto con il Governo per definire un ruolo ancor più centrale della medicina di famiglia nella lotta al Coronavirus.
L’intesa che FIMMG ha siglato «andrà declinata a livello regionale per dare immediata e concreta attuazione alle misure introdotte – ha precisato la Fimmg -. Due i nodi centrali dell’accordo quadro: i medici di medicina generale vengono chiamati ad eseguire i tamponi antigenici rapidi e si sbloccano i fondi destinati all’acquisto di apparecchiature diagnostiche per gli studi di medicina generale».
«Gli studi – rassicura Scotti – non diventeranno ‘centri diagnostici’. Ciascun medico di famiglia potrà, in caso lo studio non lo consenta, effettuare i tamponi in strutture messe a disposizione dal proprio distretto». Inoltre, grazie all’accordo quadro raggiunto con il Governo, «i medici di medicina generale saranno dotati di tutti i dispositivi di protezione individuale necessari e saranno tenuti ad effettuare i tamponi antigenici solo a fronte di queste forniture» ha ribadito Scotti.
«Non si possono fare sconti sulla sicurezza dei colleghi – ricorda Scotti – la medicina generale ha già pagato un tributo altissimo. Con questo accordo saremo invece in grado di assistere i pazienti in sicurezza, consapevoli che a prescindere dai tamponi con l’attuale circolazione del virus bisogna considerare ogni assistito un potenziale caso positivo».
L’intesa non prevede volontarietà, per evitare diseguaglianze ai cittadini: «Sarà fondamentale – ammonisce Scotti – che le regioni si muovano rapidamente per declinare su base territoriale quanto previsto dall’accordo quadro, contemplando oltre alla fornitura di dispositivi di protezione individuale anche le fragilità di ciascun medico. Anche su questo aspetto, infatti, abbiamo preteso la massima attenzione. L’auspicio è che questo sia un primo passo verso la creazione di unamedicina di famiglia sostenuta dall’apporto di strumentazioni e personale, recuperando subito negli AIR i dieci milioni di euro per il personale ancora fermi del decreto cosiddetto Rilancio, così che si possa arrivare a rafforzare in tempi rapidi la rete territoriale troppo a lungo trascurata» conclude.
«In questa fase emergenziale – commenta il Presidente del Comitato di Settore Regioni Sanità, Davide Caparini – è fondamentale assicurare un’assistenza territoriale che sia presente con tutte le sue forze. Grazie al coinvolgimento della medicina del territorio, i medici di medicina generale e i pediatri assumono così un ruolo ancora più attivo nel contrasto alla pandemia. L’obiettivo è di ridurre la pressione sui presidi ospedalieri e sulle strutture sanitarie e diminuire le occasioni di esposizione al rischio contagio».
«È una risposta importante – sottolinea Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni – che i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta hanno dato al Paese. Voglio ringraziare tutti gli attori per il gioco di squadra che hanno saputo mettere in campo e che ha consentito di raggiungere un risultato così importante in meno di due settimane».
Il segretario nazionale di Fp Cgil Medici Andrea Filippi parla di «un accordo sbagliato, un’operazione di facciata, inutile e pericolosa, che serve solo a coprire le mancanze delle Regioni nell’organizzazione dell’assistenza territoriale. Non è affidando i tamponi agli studi privati dei medici di medicina generale che si contribuisce ad arginare la travolgente diffusione della pandemia», aggiunge Filippi.
L’accordo «non aiuta a risolvere il problema del tracciamento sul quale ormai siamo in un drammatico ritardo per ammissione delle Regioni stesse che, infatti, mentre affidano i tamponi ai medici con un finanziamento aggiuntivo di 30 milioni, dall’altra propongono di fare i tamponi solo ai sintomatici, mostrando grandi lacune nelle operazioni di tracciamento – osserva il dirigente sindacale -. É pericoloso perché mina la salute di cittadini e medici che non possono garantire la sicurezza necessaria nei loro studi – spiega -, lede l’immagine dei medici di medicina generale facendoli passare per dei mercenari che lavorano a cottimo, quando al contrario sono seri professionisti che chiedono di essere tutelati insieme ai cittadini e a tutti gli operatori sanitari, ma non vogliono svendere la propria sicurezza e la vita per risorse economiche aggiuntive che il governo potrebbe spendere in modo più appropriato attrezzando luoghi sicuri in contesti integrati per fare i tamponi», conclude Filippi.
Anche il Sindacato Medici Italiani (SMI) giudica negativamente l’accordo stralcio per i tamponi. «Rimarca la distanza tra alcune organizzazioni sindacali della medicina generale e la volontà della Conferenza delle Regioni di imporre la scelta dell’effettuazione dei tamponi ai medici di medicina generale – afferma Pina Onotri, Segretario Generale Smi -. Nel testo della SISAC, c’è la chiara volontà di eliminare le voci di dissenso sindacale rispetto al progetto di precettare i medici loro malgrado. Siamo all’imposizione».
Il Sindacato Medici Italiani ribadisce di essere in prima linea nella gestione della pandemia ma esprime perplessità soprattutto di tipo organizzativo nell’«effettuare i tamponi negli studi dei medici di famiglia o peggio ancora durante un turno di guardia medica o di 118. I nostri studi – evidenzia la Onotri – per questa nostra attività extra non possono diventare motivo di contagio per i nostri pazienti lì dove non riusciamo a tenere separati percorsi sporco-pulito». Per questo «non è possibile effettuarli negli studi medici, come non è possibile effettuarli nelle farmacie».
«Siamo pronti a proclamare lo stato di agitazione se non verremo ascoltati – conclude – siamo disponibili ad effettuare i tamponi su base volontaria e per chi ha il proprio studio con gli spazi adatti per farli. Non è possibile lavorare 60/70 ore a settimana e gestire lo tsunami che si sta abbattendo sugli studi dei medici di medicina generale».
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