ANAAO-ASSOMED e CIMO-FESMED scrivono alla Corte dei Conti. I due sindacati della dirigenza medica intendono chiedere un interpello all’ARAN
Il personale del ruolo sanitario «non può gestire processi clinico-assistenziali e diagnostici, compiti che secondo la legge rientrano esclusivamente nell’alveo delle competenze dei laureati in Medicina e Chirurgia». Eppure, l’ipotesi di Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del comparto sanità per il triennio 2019-2021 (già siglato da ARAN e sindacati e che ha ottenuto il via libera da parte del Consiglio dei Ministri, ma che è ancora in attesa della certificazione della Corte dei Conti) introduce «nuove tipologie di incarichi di funzione organizzativa e professionale che comportano per il personale del ruolo sanitario anche l’assunzione di specifiche responsabilità nella gestione dei processi clinico-assistenziali e diagnostici. Una previsione che introdurrebbe dunque, per via pattizia, competenze professionali che la legge riserva alla categoria medica e non attribuisce ai profili sanitari. Inoltre, l’eccessiva genericità e ambiguità del testo potrebbe alimentare un conflitto di competenze e di ruoli tra diverse categorie di personale, con possibili ricadute in termini di responsabilità professionale e quindi di contenziosi».
Così in una nota i sindacati dei medici ANAAO-ASSOMED e Federazione CIMO-FESMED (cui aderiscono ANPO-ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED), che hanno segnalato la «contraddizione normativa» alla Corte dei Conti e intendono richiedere un interpello all’ARAN.
«I professionisti sanitari – dichiarano Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale ANAAO-ASSOMED, e Guido Quici, Presidente Nazionale CIMO-FESMED – sono fondamentali per assicurare un’adeguata assistenza al paziente nella quale la professionalità degli infermieri ha acquisito nel tempo sempre maggiore rilevanza. Tuttavia non possiamo rimanere silenti dinanzi all’ennesimo tentativo di affidare attività mediche a figure non mediche, che non hanno le competenze necessarie per effettuare una diagnosi o gestire gli aspetti clinici di una malattia garantendo la sicurezza delle cure. Il fine ultimo del percorso di cura – proseguono i leader sindacali – rimane la salvaguardia della sua qualità e della sua sicurezza che non può prescindere dai ruoli che la legge riserva alle singole figure professionali e dalle rispettive competenze senza che per questo nessuno si possa considerare un attore secondario».
«Attendiamo il riscontro della Corte dei Conti e dell’ARAN, ma in ogni caso siamo pronti a ricorrere ad ogni strumento di natura sindacale a nostra disposizione per tutelare le prerogative dei medici e la salute dei pazienti», concludono Di Silverio e Quici.
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