Lavoro e Professioni 22 Ottobre 2020 12:40

Telemedicina, Alovisio (Università Torino): «Ecco i consigli per una cultura digitale in sanità»

«L’Italia è piena di buone pratiche che nessuno mette a sistema», spiega il fellow del centro Nexa dell’Università di Torino: «Serve cultura digitale»

di Tommaso Caldarelli

Quale è lo stato della telemedicina in Italia? E quali sono i problemi che si presentano agli operatori sanitari, ospedalieri, infermieri e medici quando si tratta di applicare le nuove tecnologie in sanità? Si è fatto il punto su questo e sugli altri fronti connessi ai temi della medicina e del digitale nell’appuntamento promosso dall’European Law Students Association incentrato su “Sanità digitale e Gdpr”: un momento di approfondimento dunque sui problemi della privacy, della data governance e della tecnologia in sanità. Fra i molti relatori l’avvocato Mauro Alovisio, presidente del centro Studi di Informatica Giuridica di Ivrea Torino, fellow del centro Nexa dell’Università di Torino e già professore a contratto presso l’Università Statale di Milano. Sanità Informazione l’ha raggiunto per un’intervista telefonica in cui, precisa il legale, «rispondo volentieri a titolo personale e indipendente dagli enti con cui collaboro».

Professor Alovisio, quale è la principale problematica nell’applicazione degli strumenti e delle tecnologie di telemedicina?

«Innanzitutto, che non si sa definire lo strumento e il suo contorno. Per telemedicina intendiamo una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente non si trovano nella stessa località. Le principali aree applicative sono:

  • la televisita: il medico interagisce a distanza con il paziente;
  • il telemonitoraggio: la condivisione con il proprio medico dei parametri registrati dai dispositivi medici, dati che possono essere visualizzati dal personale sanitario su portali online specifici;
  • il teleconsulto: attività di confronto e consulenza a distanza fra medici in assenza del paziente;
  • La telecooperazione sanitaria: l’assistenza fornita da un medico o da un operatore sanitario a un altro medico o operatore sanitario che gestisce a distanza le operazioni di soccorso d’urgenza svolte sull’ambulanza).

Le sopra citate modalità operative comportano la trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico nella forma di testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti. La mancanza di un quadro unificato che tenga insieme queste definizioni e le trasformi in strumenti pratici è stata segnalata in un recente intervento del professor Sergio Pillon, medico, ricercatore e forse uno dei più risalenti studiosi di telemedicina in Italia».

Cosa intende?

«Che si procede a macchia di leopardo. Ci sono molte realtà che promuovono progetti interessanti, a Latina ad esempio o in Veneto, ma sono progetti e iniziative dal basso affidate a singoli esponenti particolarmente lungimiranti. Lo dice uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità in una rilevazione che prende in considerazione il periodo 2014 /2017: alla telemedicina italiana manca la visione sia dello sviluppo nel tempo sia del coordinamento territoriale. L’epidemia da Covid ci insegna quanto possono essere importanti gli strumenti remoti: si possono assistere i pazienti senza mettere a rischio la vita del personale sanitario, arrivando fra l’altro a un significativo contenimento della spesa. Credo sia necessario superare la visione ottocentesca dei reparti sanitari, il feticcio dell’ospedale e pensare a un cambiamento organizzativo e culturale. Questo cambiamento fra l’altro sta già avvenendo: il Veneto durante i giorni duri della fase uno dell’epidemia ha inserito le prestazioni in telemedicina fra quelle rimborsate dal SSR con la semplice dicitura “eseguibile in remoto” sulla ricetta rossa. Lombardia, Toscana e altre regioni hanno poi semplicemente importato e copiato la stessa delibera».

Molti professionisti della sanità lamentano che questi sistemi ad oggi sono complessi, farraginosi e poco sicuri.

«Fino a che “telemedicina” vorrà dire “lavorare su Whatsapp” avranno ragione loro. Servono poche regole, strumentazioni adeguate e molto sostegno ai professionisti della sanità. Bisogna insegnare le tecnologie digitali con lo stesso spazio che nella formazione dei medici è dedicato ai problemi della sicurezza sul lavoro, che infatti loro studiano. L’approccio di telemedicina deve essere poi inserito necessariamente nel paniere che va a definire i Livelli Essenziali di Assistenza. Il diritto, anche della privacy, deve essere fatto vivere dentro le strutture sanitarie: il GDPR non è la legge dei divieti, indica solo un percorso che deve essere poi correttamente attuato. Un esempio per capirci: se durante una televisita si perde la connessione e il paziente capisce che la dose prescritta è un grammo invece che cento grammi, il dato non è pervenuto integro. Servono allora protocolli rigorosi che generano dati affidabili e di qualità, anche perché ne va della credibilità della struttura sanitaria. Utile in questo senso il Rapporto dell’Istituto Superiore della sanità ISS COVID del 13/04/2020 “Indicazioni ad interim per servizi assistenziali di telemedicina durante l’emergenza sanitaria COVID-19″».

Se lei fosse il direttore amministrativo di una struttura sanitaria come affronterebbe la sfida della digitalizzazione del proprio ospedale?

«Bisogna avere la visione e bisogna curare la gestione. Va creata una sorta di “unità di crisi” mista sanitario-amministrativa, questo gruppo di lavoro deve dare obiettivi congrui a tutti gli uffici e tutti i settori nell’ambito della digitalizzazione, creerei poi un’equipe formazione. Assumerei poi borsisti che curino il follow up dei medici dopo la formazione: Ha avuto successo? Ci sono problemi? Cosa possiamo migliorare? Utile anche creare un censimento delle iniziative digitali all’interno della struttura e anche in strutture limitrofe così da importare buone pratiche; creerei poi dei documenti base, ad esempio un Data Protection Impact Assessment per ogni reparto, per valutare se gli strumenti di telemedicina vengono utilizzati nel modo corretto e più rispettoso della privacy del paziente; e se, inoltre, al paziente vengono comunicati correttamente come sono trattati i dati e che diritti sono a disposizione: lo stesso livello di trasparenza deve essere assicurato verso medici e verso infermieri. Una volta che si avranno a disposizione questi documenti standard possono essere personalizzati a seconda del bisogno».

 

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
Tele-supporto in allattamento, Panizza (FNOPO): “Evita il sovraffollamento dei pronto soccorso e incentiva l’allattamento al seno”  
Panizza (FNOPO): "La telemedicina è uno strumento che ci permette di rafforzare il concetto di home visiting, incentivando anche la partecipazione dei padri e, laddove possibile, dell’interno nucleo familiare"
La Sanità è diventata un bene di lusso, cresce l’impoverimento delle famiglie
Secondo il 19° Rapporto del CREA Sanità "al Ssn servono 15 miliardi per non aumentare il distacco dal resto dell’UE, personale carente e sottopagato. Rispetto ai partner EU, il nostro Paese investe meno nella Sanità, aumenta la spesa privata ed è a rischio l’equità del sistema". Digitalizzazione necessaria per le “nuove cronicità"
Sanità italiana divisa a metà: 29 milioni di italiani in difficoltà con le cure
La sanità italiana sempre più divisa in due con ben 29 milioni di italiani che potrebbero avere serie difficoltà. Le performance sanitarie per il 2023 vedono infatti otto tra Regioni e Province autonome promosse, sette rimandate e sei bocciate. Sono i risultato del rapporto «Le performance regionali» del Crea Sanità, Centro per la ricerca economica applicata in sanità, presentato oggi a Roma
Dalla ricetta elettronica ai farmaci a domicilio: luci e ombre della sanità post Covid
Quadro di luci e ombre che emerge da una nuova indagine realizzata da Cittadinanzattiva, che ha coinvolto le associazioni dei pazienti, i medici, le società scientifiche e i farmacisti
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Alzheimer, Spadin (Aima): “Devasta l’economia della famiglia, la sfera psicologica e le relazioni di paziente e caregiver”

La Presidente Aima: “Due molecole innovative e capaci di modificare la progressione della malattia di Alzheimer sono state approvate in diversi Paesi, ma non in Europa. Rischiamo di far diventar...
Salute

Disturbi alimentari, ne soffrono più di tre milioni di italiani. Sipa: “Centri di cura pochi e mal distribuiti”

Balestrieri (Sipa): "Si tratta di disturbi che presentano caratteristiche legate certamente alla sfera psicologica-psichiatrica, ma hanno anche un’importante componente fisica e nutrizionale che...
Prevenzione

Influenza, Lopalco (epidemiologo): “Picco atteso tra la fine di dicembre e l’inizio del nuovo anno. Vaccinarsi subito”

L'epidemiologo a Sanità Informazione: "Vaccinarsi contro influenza e Covid-19 nella stessa seduta: non ci sono controindicazioni, solo vantaggi"