Dalle ostetriche ai medici di medicina generale, fino a biologi e farmacisti. Tanti i professionisti coinvolti nella campagna vaccinale italiana ma, tra dosi mancanti e differenze regionali, quanti hanno iniziato a vaccinare?
Medici di medicina generale, farmacisti, odontoiatri, ostetrici, biologi, specializzandi e professionisti sanitari: la campagna vaccinale anti-Covid in Italia ha chiamato a raccolta il mondo sanitario nella sua interezza. Il monito del generale Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza, ha richiesto la disponibilità di tutti come vaccinatori per raggiungere la difficile cifra di 500mila inoculazioni al giorno.
Divisi tra hub vaccinali, studi medici, somministrazioni a domicilio, in azienda e in farmacia, ogni categoria avrebbe dovuto avere, ad oggi, un proprio collocamento e delle linee guida da seguire per vaccinare. Tuttavia, nonostante i protocolli d’intesa siano stati firmati e approvati per tutte le parti coinvolte, la messa in pratica stenta a decollare. Tra le ragioni la mancanza di dosi, la diversa organizzazione regionale e i tempi necessari per completare la formazione: in pochi infatti sono riusciti a concludere il corso preparato dall’Istituto Superiore di Sanità che chiarisce le modalità di azione in seguito all’eventuale reazione avversa del vaccinato.
Sanità Informazione ha deciso di fare chiarezza su quali e quanti sono i vaccinatori al momento, mentre il ritardo tra il piano figurato da Figliuolo e la situazione attuale si allarga sempre di più.
Pur con profonde differenze regionali, i medici di medicina generale hanno cominciato quasi ovunque a vaccinare. L’attività in studio però procede di pari passo con le dotazioni, che spesso per settimane scarseggiano. La Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) presenta 21 scenari diversi, a seconda della Regione o Provincia Autonoma di interesse.
Il segretario Fimmg Campania Federico Iannicelli, ad esempio, ci parla di un target composto principalmente da persone anziane e fragili. «Tutti i medici di medicina generale della Campania – spiega – hanno aderito ma stanno vaccinando poco perché sono pochi i vaccini. Io ad esempio oggi ho ricevuto due fiale di Moderna. C’è scarsezza di Pfizer e Moderna e abbondanza di AstraZeneca che non può essere destinata ai pazienti fragili. Per ora vacciniamo solo ed esclusivamente i pazienti tra i 70 e gli 80 anni e gli over 80 negli studi o nelle strutture messe a disposizione».
Roberto Venesia, segretario Fimmg Piemonte, spiega che invece la Regione ha deciso che ai medici di medicina generale saranno riservati i vaccini a vettore virale. «Abbiamo partecipato in prima battuta alle vaccinazioni degli over 80 – analizza – facendo le preadesioni sul portale della regione e vaccinando esclusivamente nei centri che avevano i vaccini a mRna. Poi abbiamo segnalato gli estremamente vulnerabili. Sono 1055 i mmg che vaccinano negli studi privati con autonoma organizzazione e circa 1000 nei punti vaccinali delle ASL. Per ora noi abbiamo a disposizione solo AstraZeneca per problemi di organizzazione e conservazione, ma quando arriverà Johnson&Johnson sarà dato in modo prioritario ai mmg. Al momento però siamo fermi, i vaccini non arrivano da otto giorni».
Nel Lazio i medici che hanno fatto richiesta di fiale sono 2654; di questi, 2543 hanno ricevuto una risposta. A fornirci i dati è Pierluigi Bartoletti, segretario Fimmg Roma. «Sono state consegnate 18mila fiale rispetto alle 24mila richieste, con una discrepanza di 6mila fiale. I medici vaccinano negli studi e somministrano quelli che gli danno, cioè molto pochi. C’è molta confusione nelle Asl».
Bartoletti lamenta inoltre che alcune categorie, per cui è stato previsto il vaccino AstraZeneca da fare dal mmg, scelgono invece gli hub dove possono ottenerne uno ad mRna. «Le regole devono valere per tutti – continua -. Se dobbiamo vaccinare la stessa categoria con AstraZeneca, le persone non possono trovare un altro vaccino negli hub. Questo si risolve bloccando le prenotazioni per classe d’età dedicate alla medicina generale ed evitando che l’hub possa fare l’upgrade del vaccino se la prenotazione è per AstraZeneca».
Per quanto riguarda invece gli infermieri, di recente la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche ha scritto una lettera a Draghi, Speranza, Gelmini e per conoscenza a Figliuolo, Curcio e Fedriga: «Gli infermieri sono vaccinatori da sempre – scrive Fnopi – e per professione, ma prevedere il loro intervento solo sulla carta senza dargli il necessario appoggio programmatorio e normativo significa legargli le mani e non consentirgli, nonostante le previsioni, di intervenire come vaccinatori non solo per chi arriva in ospedale o nelle strutture delle aziende sanitarie».
«Proprio per questo – scrive la presidente Barbara Mangiacavalli nella lettera – vi chiediamo di sostenere, come fatto per i farmacisti e senza necessità come accade in alcune Regioni di prevedere interventi improbabili di operatori non adeguatamente formati che rappresenterebbero un rischio anche per la salute della popolazione, l’introduzione già nella fase di conversione del Decreto-legge 22 marzo 2021 n. 41 della possibilità per gli infermieri e gli infermieri pediatrici di svolgere l’attività di vaccinazione in autonomia e di prevedere le regole uguali per tutti per l’allentamento dell’esclusiva e le possibilità di intervento degli infermieri».
«Gli infermieri si sono da subito resi disponibili per un intervento efficiente, efficace e autonomo, in modo anche da lasciare libertà di azione agli altri professionisti coinvolti – conclude Mangiacavalli nella lettera – ma per consentire queste attività è richiesto di apportare le necessarie modifiche alla normativa vigente, oltre che un coordinamento e un monitoraggio sull’attuazione delle norme che non le lascino solo sulla carta, ma le attuino a pieno regime, aumentando l’efficienza del nostro servizio sanitario nazionale».
Con gli specializzandi la situazione è variegata. Il protocollo firmato a inizio marzo, che li vedrebbe accanto a colleghi negli hub vaccinali, è applicato in Regioni come Emilia Romagna, Friuli, Veneto, Campania, Lombardia e Marche. Federica Viola, vicepresidente vicario di Federspecializzandi, ci fa qualche esempio.
«Alcune regioni – spiega – hanno cominciato ad assumere medici specializzandi facendoli vaccinare in orario extra formativo, di solito per un massimo di 15 ore a settimana, 60 ore al mese, secondo gli accordi del protocollo. Anche l’adesione è stata buona. Si sono resi disponibili soprattutto gli specializzandi ai primi anni di formazione. Altre regioni invece hanno aspettato che venisse modificato il “bando Arcuri” di dicembre che poi è stato aperto agli specializzandi una ventina di giorni fa. Altre regioni ancora stanno cominciando ad assumere tramite agenzie interinali, le stesse coinvolte nella prima fase». Il numero dovrebbe aumentare nei prossimi mesi: per ora circa un terzo di chi ha dato disponibilità è stato chiamato. In alcune Regioni più che in altre.
«In Veneto – conclude Viola – sono partiti facendo accordi con le università, lasciando agli specializzandi turni pomeridiani, serali o nel weekend in modo da permettergli di seguire le attività formative e organizzando le attività vaccinali degli altri giorni con altre figure professionali».
Odontoiatri e dentisti restano in standby, invece. Il presidente della Commissione Albo Odontoiatri, Raffaele Iandolo, lo annuncia con esasperazione: «Non ci sono vaccini, da nessuna parte». Nelle Regioni in cui gli accordi organizzativi sono stati chiusi i professionisti della salute dentale stanno ultimando il corso di formazione e restano pronti, ma nessuno li chiama. Probabilmente prima del mese di maggio nulla si muoverà. «I vaccini non si potranno fare negli studi dentistici – aggiunge Iandolo – ma nelle strutture pubbliche, negli hub, perché sono necessari spazi ampi ed è obbligatorio il collegamento informatico centralizzato. Il sistema di prenotazione sarà lo stesso. Il paziente oltre ai colleghi medici troverà anche gli odontoiatri».
Agli ottomila pediatri di libera scelta era stato affidato un ruolo molto importante. Oltre un mese fa con il Ministero della Salute e la Conferenza delle Regioni è stato firmato l’accordo. A loro è stato riservato il compito di vaccinare i genitori di bambini fragili e molto fragili, negli studi per chi aveva la possibilità. In attesa di un vaccino riservato ai più piccoli, che per ora non c’è.
«Purtroppo la maggior parte delle regioni ancora non ha attivato quel che ci saremmo aspettati fosse attivato immediatamente – ammonisce Paolo Biasci, presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri -. Stiamo aspettando una chiamata che non arriva ancora. Attualmente il calendario vaccinale dei bambini è effettuato da personale dei centri vaccinali. Se affidassimo queste vaccinazioni alla pediatria di libera scelta chiaramente si libererebbero sedi e orari di lavoro, quindi personale che potrebbe dedicarsi a vaccinare più adulti. Purtroppo invece siamo fermi».
Per ostetriche e ostetrici il protocollo è arrivato molto di recente, eppure questa categoria rientra tra i vaccinatori sin dai primi tempi. Lo ribadisce la Federazione nazionale degli Ordini della professione Ostetrica (FNOPO). La causa si trova nell’autonomia sanitaria di ciascuna regione e, più nel dettaglio, in quella di ogni azienda sanitaria.
In Liguria e Toscana ad esempio le ostetriche vaccinano da molto prima della norma nazionale, in prestazione volontaria e senza obbligo di segnalare l’attività all’Ordine di riferimento. Ora, con la norma scritta, i dati diverranno più organici e sistematici. Ma in tante e tanti fino ad ora hanno risposto alla chiamata della propria Asl per aiutare a velocizzare i passaggi.
Gli specialisti ambulatoriali sarebbero pronti a prender parte alla campagna, ma il protocollo va ancora normato regione per regione. Così spiega Antonio Magi, segretario generale SUMAI Assoprof: «Noi abbiamo una prerogativa rispetto agli altri professionisti coinvolti. Possiamo vaccinare mentre facciamo ambulatorio, un gran risparmio per i pazienti. C’è la possibilità anche di andare a casa o negli hub, l’accordo prevede questo». Tuttavia, anche qui l’assenza di dosi allunga le tempistiche.
In attesa di essere attivati anche biologi e altri professionisti sanitari. Nel secondo caso nonostante i protocolli, per la maggior parte dei soggetti disponibili il lavoro si è ora limitato a seguire il corso previsto dall’Iss.
L’Ordine dei biologi, inoltre, spiega che si attende un provvedimento ad hoc che consenta, concretamente, ai biologi di vaccinare. Servono infatti disposizioni specifiche prima di poter aprire le candidature e poi divulgare il corso di formazione. Per ora la strada è bloccata, sebbene i biologi attendano di poter fare la loro parte come è accaduto con i tamponi rapidi in farmacia.
A chiudere il lungo elenco ci sono proprio i farmacisti. Per loro il governo ha previsto il lasciapassare per la vaccinazione e ricevuto da Federfarma la lista delle farmacie aderenti. In tutto 11mila, oltre il 60% del totale. In questo caso si stava procedendo piuttosto rapidamente, gli elenchi servivano proprio a sbrogliare la parte logistica e iniziare contemporaneamente in tutta Italia. Era però informalmente previsto che il vaccino riservato alle farmacie, per facilità di trasporto e formula monodose, fosse quello Johnson&Johnson.
Lo stop richiesto prima da Fda e poi da Ema, per un rapido controllo su casi di trombosi sospette, ha portato a una botta d’arresto. Anche il prodotto Janssen è realizzato con vettore virale, come AstraZeneca, collegato a queste rarissime formazioni di trombi. Da allora «i vaccini in farmacia non sono arrivati» nonostante lo sblocco delle dosi. «Ora c’è un’apertura, abbiamo chiesto di poter usare AstraZeneca», ma si resta sull’ipotesi.
I farmacisti inoltre sono già fortemente coinvolti nella campagna, spiega Federfarma. Sono loro la figura sanitaria «preposta a maneggiare e a sporzionare il vaccino». Ma «bisogna fare accordi con ogni singola regione, e intanto attendiamo il responso dalla struttura commissariale», è l’ultima notizia.
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