La norma, contenuta nel Dl Riaperture, estende anche al periodo ordinario una possibilità già concessa in stato di emergenza. Rossi (OMCeO Milano): «Va bene collaborare ma la somministrazione di farmaci è compito del medico». Il M5S promette battaglia sul provvedimento difeso invece dal Pd
Il Decreto Riaperture, che ha appena avuto il primo via libera da Montecitorio, ha segnato anche una spaccatura all’interno della maggioranza che sostiene il governo. Fulcro del contendere l’articolo 8-bis che prevede, in via permanente, la somministrazione presso le farmacie da parte di farmacisti opportunamente formati di vaccini antinfluenzali e l’effettuazione di test Covid.
Recita infatti il comma, introdotto grazie a due emendamenti analoghi presentati dalla dem Beatrice Lorenzin e dal forzista Andrea Mandelli, che “la somministrazione, con oneri a carico degli assistiti, presso le farmacie da parte di farmacisti opportunamente formati a seguito del superamento di specifico corso abilitante e di successivi aggiornamenti annuali, organizzati dall’Istituto superiore di sanità, di vaccini anti Sars-CoV-2 e di vaccini antinfluenzali nei confronti dei soggetti di età non inferiore a diciotto anni, previa presentazione di documentazione comprovante la pregressa somministrazione di analoga tipologia di vaccini, nonché l’effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo, da effettuare in aree, locali o strutture, anche esterne, dotate di apprestamenti idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza”.
In apparenza nulla di nuovo, dato che in fase emergenziale è stato già così. Ma lo stato di emergenza è terminato il 31 marzo e con questa misura si rende strutturale quella che era stata un’esigenza in periodo Covid.
Non si è fatta attendere la reazione dei medici, da sempre contrari a ‘delegare’ questo atto medico. Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, non ha dubbi e spiega a Sanità Informazione che «la somministrazione di farmaci e di qualsiasi tipo di terapie spetta al medico perché in caso contrario sarebbe necessario cambiare il corso di laurea in farmacia. È completamente sbagliato delegare chi non ha le competenze».
«Il problema – spiega ancora Rossi – non è tanto ciò che può succedere nell’ordinario, ma nello straordinario. E ovviamente il medico è preparato di fronte ad una emergenza cosa che invece non è il farmacista. Quindi se si vuole creare una commistione tra i due ruoli, allora noi medici potremmo preparare, conservare e distribuire farmaci, magari nelle zone più periferiche. A me piacerebbe che ognuno facesse bene la propria professione, poi medico e farmacista sono due professionisti cruciali nella gestione delle problematiche di salute. Quindi va bene collaborare ma la somministrazione di farmaci è compito del medico e così deve restare, a meno che in futuro si possa pensare ad uno scambio di competenze su altri piani, ma a quel punto dovremmo ripensare tutta la sanità e il ruolo delle professioni».
La decisione del governo di allargare ai farmacisti la possibilità di somministrare i vaccini antinfluenzali ai cittadini non coglie di sorpresa Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia che legge nell’emendamento una scelta di continuità con quanto già accade da oltre un anno per l’emergenza Covid, ma soprattutto in linea con il resto d’Europa. «Non c’è nulla di straordinario nella decisione presa a Roma anche se sta facendo discutere, più a livello politico che nelle professioni – sottolinea -. Non cambia nulla rispetto a quanto già si sta facendo».
Se prima era una disposizione emergenziale e dunque eccezionale, oggi diventa una consuetudine che va ad “invadere” terreni di competenza altrui, un rischio che la presidente di Federfarma Lombardia non avverte: «Il vaccino antinfluenzale si fa perché il medico lo prescrive e dunque il problema non sussiste – ammette – se manca la prescrizione medica il farmacista non può fare nulla. D’altro canto, questa decisione ci allinea al resto d’Europa dove già si sta facendo con ottimi risultati. Il discorso sarebbe diverso se lo facessimo senza che i medici ne fossero al corrente, questo non sarebbe corretto». E proprio questo punto sembra essere il nodo cruciale della vicenda su cui si dibatte da giorni perché di fatto nell’emendamento, che va a correggere l’articolo 1 comma 2 del decreto legislativo del 3 ottobre 2009, si parla di “oneri a carico degli assistiti e di farmacisti opportunamente formati a seguito del superamento di uno specifico corso abilitante”, una formulazione che potrebbe far intendere una completa esclusione dei medici dall’iter vaccinale.
L’emendamento ha provocato una frattura nella maggioranza. In commissione Affari sociali la relatrice, la capogruppo M5S Francesca Ruggiero, aveva dato parere negativo all’emendamento. Il gruppo M5S ha dapprima chiesto la trasformazione della proposta in un ordine del giorno. Alla fine, è stata comunque approvata come emendamento riformulato con 13 voti contrari (10 del M5s) e 18 a favore (Lega – Pd – Leu – Fi – Fdi).
«L’emergenza Covid – spiegano i deputati e le deputate M5S in commissione Affari sociali – e la campagna vaccinale hanno giustamente imposto la necessità di ricorrere a misure eccezionali come quella di effettuare i vaccini in farmacia. Un modello, però, che non può essere esportato nell’attività ordinaria. Resta essenziale per noi che la somministrazione dei vaccini sia compito del medico o che ci sia la sua supervisione, perché l’attività del medico non si conclude con la somministrazione del vaccino, ma richiede un’anamnesi accurata, una verifica dello stato di salute della persona, e l’eventuale intervento in caso del manifestarsi di reazioni allergiche o altri effetti indesiderati».
Contrari anche i deputati del gruppo Alternativa, in gran parte ex M5S. Massimo Baroni paventa il pericolo del task shifting e contesta il silenzio di FNOMCeO e FIMMG che «sono clamorosamente muti, quasi complici, del fatto che i farmacisti, in assenza di possibilità di fare anamnesi, possano eseguire vaccini anticovid e antinfluenzali».
Ha votato contro anche la deputata (e medico) di Coraggio Italia Fabiola Bologna che spiega: «È arrivato il momento di scoprire le carte e che i ministeri competenti si confrontino con le rappresentanze dei professionisti per capire una volta per tutte cosa può fare un medico e cosa può fare un farmacista. Ritrovarsi in commissione con un semplice emendamento che concede ai farmacisti le vaccinazioni antinfluenzali e Covid, al di fuori dello stato di emergenza, è una decisione che non può essere affrontata così banalmente e a cui io ho espresso il mio voto contrario».
Difende la scelta, invece, la deputata dem Angela Ianaro: «L’approvazione dell’emendamento proposto trasversalmente da diverse forze politiche va esattamente nella direzione di una sanità più vicina al cittadino che vede nella “farmacia dei servizi” il completamento di un percorso volto a garantire un’offerta di cura sempre più ampia. Da docente di farmacologia dell’Università di Napoli Federico II conosco il percorso formativo dei farmacisti e la loro serietà e professionalità. Si tratta di un percorso che, arricchito da formazione dedicata, renderà ancora più ampia la possibilità di scelta dei cittadini di rivolgersi al Farmacista per accedere in sicurezza ad uno strumento di prevenzione importante qual è la vaccinazione antinfluenzale».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato