In quali casi è possibile ottenere la cancellazione di notizie e informazioni lesive per la vita, personale e professionale, di un operatore sanitario?
Cos’è la Web Reputation, perché anche un operatore sanitario non dovrebbe sottovalutarla e cosa può fare per difendersi nel caso di “attacchi” su internet? Alcuni mesi fa, su Sanità Informazione abbiamo pubblicato la storia di un medico chirurgo specialista in dermatologia e venereologia che, in seguito all’archiviazione del suo caso giuridico in seguito all’accusa di una ex paziente per lesioni personali, l’ha controdenunciata per alcune considerazioni che la stessa aveva fatto in un forum online, chiedendo (e ottenendo) un risarcimento per diffamazione. Ecco, la donna aveva danneggiato ingiustamente (come verificato dal giudice) la Web Reputation del chirurgo.
Criticare in un forum, sui social o sulle pagine di un giornale online un professionista, magari attribuendogli condotte errate o condanne inventate o che nulla hanno a che fare con il suo lavoro, significa minare la reputazione di cui gode il soggetto su internet. Questo accade anche nei casi in cui vengono pubblicate notizie vere ma risalenti a periodi magari molto lontani nel tempo e comunque non più di interesse pubblico. Tutelare la propria Web Reputation significa proteggersi da notizie o opinioni che possono avere un risvolto negativo sulla vita, personale e professionale, di una persona.
Il Diritto all’Oblio è il diritto ad “essere dimenticati”. Non sempre e non in ogni caso, beninteso, ma l’argomento è inquadrato da una serie di leggi, provvedimenti e sentenze. Prima di tutto, con una sentenza del 26 giugno 2018, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che il Diritto all’Oblio rientra nell’ambito del diritto alla tutela della vita privata previsto dall’art. 8 CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo), mentre la libertà di espressione è garantita dall’art. 10 CEDU.
Detto questo, il Diritto all’Oblio è regolato dall’articolo 17 del GDPR (Regolamento UE n. 679/2016 sulla protezione dei dati personali) il quale stabilisce una serie di criteri generali e di eccezioni. Questo articolo elenca una serie di motivi in presenza dei quali l’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali. Fra le varie ipotesi, l’interessato può chiedere la cancellazione quando i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati, o quando abbia revocato il consenso al trattamento o i dati siano stati trattati illecitamente. Il diritto alla cancellazione non sussiste invece quando il trattamento dei dati è necessario per soddisfare alcune esigenze. Fra queste: l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione oppure a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica.
Poniamo che una persona (in questo caso un medico o professionista sanitario) venga condannata dal Tribunale in via definitiva. Qui interviene la recente sentenza n. 7559/2020, con la quale la Corte di Cassazione ha ricordato che «è lecita la permanenza di un articolo di stampa nell’archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di cronaca giudiziaria, che abbiano ancora un interesse pubblico di tipo storico o socioeconomico, purché l’articolo sia deindicizzato dai siti generalisti e reperibile solo attraverso l’archivio storico del quotidiano, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico, con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita compressione della propria immagine sociale».
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