Il Policlinico di Palermo in prima linea nella sperimentazione. Gallina (direttore Otorinolaringoiatria): «Un percorso a doppio binario farmacologico e sensoriale, privo di effetti collaterali e dai risultati incoraggianti»
La malattia da Sars CoV2 ha tra i suoi sintomi più caratteristici la perdita o riduzione del senso dell’olfatto e del gusto (anosmia). Accade così che profumi, odori e sapori vengano smarriti completamente, condizione che, in un numero non trascurabile di pazienti, non si risolve dopo la guarigione.
In alcuni casi, l’anosmia si trasforma in parosmia, cioè in una alterazione dell’olfatto e del gusto, che porta a confondere odori e sapori, uniformandoli tra loro e/o trasformandoli da piacevoli a sgradevoli. Tutto questo impatta negativamente sulla qualità della vita degli ex pazienti Covid, con ripercussioni emotive (dal non poter sentire il profumo dell’abbraccio dei propri cari, al non poter godere dei piaceri della tavola fino al sentire costantemente cattivi odori) ma persino invalidanti, dal momento che l’olfatto ha anche una importante funzione difensiva: tanto per fare un esempio, in caso di fuga di gas non avvertirne il caratteristico odore potrebbe portare a conseguenze drammatiche. Da qui l’esigenza di trattare un sintomo forse sottovalutato, in quanto non grave dal punto di vista clinico, ma ampiamente diffuso e sofferto.
Da qualche mese è attivo un progetto terapeutico multicentrico che, partito da Fano ad opera della professoressa Arianna Di Stadio (Università di Perugia), sta coinvolgendo vari centri in Italia, tra cui il Policlinico di Palermo: si tratta di un percorso di riabilitazione olfattoria dedicato agli ex pazienti Covid. Sanità Informazione ha intervistato sul tema il professor Toti Gallina, direttore dell’UO di Otorinolaringoiatria presso il Policlinico di Palermo, in prima linea in questa sperimentazione.
«Questo percorso terapeutico – spiega il primario – consiste in due momenti paralleli: quello farmacologico, attraverso la somministrazione di un preparato, il Pealut (in bustine per via orale da assumere per almeno un mese) che combina due molecole, la luteolina e il Palmitoiletanolamide, associando un effetto antinfiammatorio ad uno antiossidante, e un momento di vera e propria riabilitazione olfattoria. Quest’ultima mira alla stimolazione fisiologica del nervo olfattivo per ripristinare la sua funzione. Come? Attraverso gli sniff test: i pazienti – spiega ancora Gallina – annusano più volte al giorno oli essenziali con odori e profumi particolarmente intensi e soprattutto a loro familiari (chiodi di garofano, agrumi, Parmigiano, noce moscata, eccetera) per stimolare anche il ricordo dell’odore. E’ una terapia naturalmente priva di effetti collaterali – aggiunge Gallina – che si effettua al domicilio in autonomia, dietro le nostre indicazioni ed il costante monitoraggio a livello ambulatoriale, sia in fase iniziale di valutazione del disturbo e spiegazione del percorso, sia in itinere per la valutazione dei risultati attraverso la compilazione di appositi questionari, oltre che, ovviamente alla fine del percorso programmato».
I primi risultati della sperimentazione
«I dati di cui disponiamo al momento, sebbene parziali, sono molto incoraggianti – afferma lo specialista. – Abbiamo portato a termine il percorso di una trentina di pazienti, di cui più della metà ha ottenuto dopo i tempi standard di trattamento il ripristino della capacità olfattiva. E’ chiaro però – sottolinea – che questa riabilitazione non ha una durata definita, e il recupero può avvenire successivamente ai tempi di trattamento protocollati. Motivo per cui – conclude il primario – esortiamo i pazienti a continuare ad “allenare” il proprio olfatto quotidianamente anche dopo la fine del trattamento e indipendentemente dai risultati raggiunti. Il riscontro positivo che stiamo avendo è merito di un grande lavoro di squadra, in questo caso i miei collaboratori Federico Sireci, Francesco Lorusso, Pierluigi Ortensio, Simone Olivo e Onofrio Guzzo».
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