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L’allattamento al seno rappresenta un vero e proprio patrimonio per la crescita del bambino. I latti formulati, seppure sempre più all’avanguardia dal punto di vista nutrizionale e funzionale, non possono essere considerati del tutto equivalenti al latte materno. Ma quali sono i fattori che contribuiscono a renderlo così unico? Lo abbiamo chiesto al dottor Andrea […]
L’allattamento al seno rappresenta un vero e proprio patrimonio per la crescita del bambino. I latti formulati, seppure sempre più all’avanguardia dal punto di vista nutrizionale e funzionale, non possono essere considerati del tutto equivalenti al latte materno. Ma quali sono i fattori che contribuiscono a renderlo così unico? Lo abbiamo chiesto al dottor Andrea Parri – Responsabile Nazionale Fimp politiche allattamento e rapporti con Unicef.
Dottor Parri, quali sono gli aspetti che caratterizzano questa ricchezza?
«Vorrei rovesciare il tutto, non si può parlare dei vantaggi dell’allattamento al seno perché in realtà, essendo la norma biologica per il bambino, si dovrebbe parlare degli svantaggi. L’allattamento è vantaggioso solo se fatto con 6 mesi di esclusività. Nei primi 6 mesi di vita quindi dovrebbe essere dato al bambino solo latte materno, senza l’aggiunta di niente neppure di liquidi.
Dopo 6 mesi si può cominciare a introdurre gli alimenti. Queste sono le linee guida dell’Oms, che dice di continuare ad allattare fino all’anno e anche oltre, fino a quando la mamma lo desidera.
Il latte non diventa mai acqua, contrariamente a quanto dicono tante persone che vedono allattare oltre 4-5 mesi, tanto è vero che nel secondo anno 350-400 g di latte materno coprono il 50% di fabbisogni del bimbo.
L’allattamento al seno è un investimento per la vita di un bambino, ogni giorno arrivano dati nuovi che confermano questo quindi ogni pediatra dovrebbe sostenere la mamma nell’allattamento e proteggere l’allattamento per tutto il tempo che una mamma lo desidera. È il migliore investimento di salute che si possa fare».