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Pigrizia nel fare i compiti o vera difficoltà di scrittura? Svogliatezza davanti alle pagine di un libro o angoscia per le parole che saltano sillabando le righe? Anche quest’anno la Settimana nazionale della dislessia (2-8 ottobre) accende i riflettori su un disturbo dell’apprendimento che in Italia colpisce circa il 3% dei bambini in età scolare […]
Pigrizia nel fare i compiti o vera difficoltà di scrittura? Svogliatezza davanti alle pagine di un libro o angoscia per le parole che saltano sillabando le righe? Anche quest’anno la Settimana nazionale della dislessia (2-8 ottobre) accende i riflettori su un disturbo dell’apprendimento che in Italia colpisce circa il 3% dei bambini in età scolare e preoccupa non poco i genitori. Per aiutarli a trovare indicazioni e a fugare dubbi intervengono anche gli esperti dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù.
La dislessia: È un disturbo dello sviluppo di origine neurobiologica che compromette più o meno severamente la lettura. I bambini e le bambine con dislessia compiono molti errori di lettura e sono più lenti rispetto ai compagni della classe. La dislessia si può diagnosticare al termine del secondo anno della scuola primaria, ma gli indici di rischio possono essere individuati fin dalla scuola dell’infanzia, in modo da intervenire precocemente.
I sintomi: Generalmente chi sviluppa un disturbo di lettura nelle prime fasi di apprendimento svolge con uno sforzo eccessivo le attività di letto-scrittura, spesso fatica nell’individuare i suoni che compongono le parole saltando alcune lettere quando scrive e non riesce a fondere i suoni per leggere. Anche la grafia può essere particolarmente difficoltosa. Spesso compare presto una disaffezione per la scuola e reazioni emotive importanti di natura ansiosa, con addirittura casi di malessere fisico, come mal di pancia e mal di testa prima o durante lo svolgimento delle lezioni.
La diagnosi: Quando il genitore sospetta un disturbo di lettura, scrittura o calcolo, spesso anche su segnalazione degli insegnanti, è bene rivolgersi al pediatra per ricevere indicazioni sulla opportunità del percorso da intraprendere. Per ricevere una diagnosi è necessario comunque rivolgersi alla ASL di appartenenza dove un équipe multidisciplinare formata dal neuropsichiatra infantile, dallo psicologo e dal logopedista con esperienza sui Disturbi Specifici di Apprendimento svolge la valutazione clinica che porta all’eventuale diagnosi.
Il trattamento: Sebbene siano numerose le ricerche condotte per verificare l’efficacia degli interventi sui Disturbi Specifici di Apprendimento, purtroppo ad oggi non abbiamo ancora raggiunto risultati sufficienti per redigere delle linee guida su quale sia il trattamento più efficace. In Italia sono comunque disponibili alcune raccomandazioni cliniche che sottolineano come gli interventi debbano essere “volti a favorire l’acquisizione, il normale sviluppo e l’utilizzo funzionale dei contenuti di apprendimento scolastico”. Va sottolineato che l’esercizio e la ripetizione non determinano generalmente un miglioramento nelle abilità di letto-scrittura e di calcolo.
Il ruolo dei genitori: Le difficoltà nell’apprendimento non vanno mai interpretate come svogliatezza, scarso impegno o pigrizia e sicuramente svolgere una valutazione con degli specialisti rassicura i genitori e i bambini. Nell’esecuzione dei compiti il bambino dovrebbe essere affiancato da persone competenti e specializzate sui Disturbi Specifici di Apprendimento come i tutor dei compiti che forniscano strategie nello studio e supportino i bambini nell’utilizzo sempre più autonomo degli strumenti compensativi. I genitori dovrebbero invece supportare emotivamente il bambino, sottolineando il più possibile le sue aree di forza, evitando di focalizzare la loro attenzione sulla prestazione e sui risultati scolastici.