In un’intervista a Sanità Informazione, la presidente di iWIN, un network internazionale per l’equità di genere nei reparti di terapia intensiva, racconta il suo ultimo successo, la nomina a donna dell’anno dalla Federazione Fidapa, e non solo
Ha scalato la cima dell’Etna, percorrendo sei salite ripidissime, 190 km con 7 mila metri di dislivello. Quattordici ore di dura fatica, incollata alla sella della sua bici, che le hanno consentito di conquistare il titolo di “regina dell’Etna”. Lei è Francesca Rubulotta, direttrice dell’Unità di Terapia intensiva presso la McGill University di Montreal in Canada e docente senior presso l’Imperial College Medical School di Londra. Una donna che, con la stessa caparbietà con cui ha scalato il vulcano su due ruote, ha raggiunto alcune tra le vette professionali più ambite nel mondo delle sanità.
L’ultima “corona” l’ha ricevuta nel pieno dell’estate 2021: è stata eletta donna dell’anno dalla Federazione Fidapa, l’Associazione che aderisce alla Federazione Internazionale IFBPW (International Federation of Business and Professional Women) e che si propone di valorizzare le competenze e la preparazione delle donne e di favorirle e incoraggiarle per un continuo impegno. Il titolo l’ha ricevuto in qualità di presidente di iWIN, un network internazionale ideato per migliorare le condizioni di accesso e di permanenza delle donne nel settore medico della terapia intensiva.
«Nel 2019, nei Paesi occidentali, le donne iscritte alla facoltà di medicina e chirurgia erano circa l’80%, ma solo 4 su 10 iscritte alla specializzazione in anestesia. Nel 2017 – spiega Rubulotta – le donne autrici di articoli scientifici, editrici di riviste scientifiche, dirigenti di aziende farmaceutiche o di biotecnologia, redattrici di linee guida e raccomandazioni nel campo dell’anestesia e della rianimazione erano meno del 10%. Ancora, in alcuni congressi internazionali il numero delle relatrici era inferiore al 5%. La biotecnologia è disegnata per il 68% da ingegneri uomini, ma nel 70% dei casi è utilizzata da giovani donne, infermiere e medici, impegnate al letto del malato. Questi numeri sono ancora più bassi tra le donne delle minoranze etniche», aggiunge.
La Federazione Fidapa ha riconosciuto a Francesca Rubulotta le incredibili doti di promuovere, a livello mondiale, una rete di network in grado di favorire una maggiore consapevolezza sulle condizioni delle donne che operano nel campo sanitario, così da diffondere buone pratiche di pari opportunità.
Sportiva sin da bambina, la presidente Rubulotta si è ispirata al gioco di squadra per realizzare iWIN: «Ho pensato di traslare lo stesso affiatamento che conduce una squadra alla vittoria di una partita, se non addirittura di un campionato, nel mondo professionale al femminile. Girando il mondo – commenta la specialista – ho incontrato molte altre donne, brillanti, in carriera, che per raggiungere traguardi importanti, coniugando gli impegni professionali con quelli familiari, hanno dovuto faticare tanto. E allora, perché non condividere tutte queste esperienze affinché altre professioniste, della sanità e non solo, possano trarne beneficio? Così è nato iWIN».
Il 24 giugno di quest’anno è stato firmato l’atto di fondazione di iWIN e nei due giorni successivi si è tenuto il primo evento associativo, che ha visto la partecipazione di professionisti provenienti da 30 Paesi di tutto il mondo. «È stata una grande soddisfazione – racconta l’anestesista – constatare che tra i partecipanti il 30% era di sesso maschile, soprattutto di Paesi extraeuropei, con la rappresentanza di diverse minoranze etniche».
Leadership, differenze di genere nell’accesso alla formazione ed al mondo del lavoro, congedi di maternità e paternità, carenza di donne nel mondo accademico, best practice per l’equità di genere, sono stati tra i principali argomenti trattati. «Entro un paio di mesi verrà pubblicato un lavoro che raccoglierà tutte le proposte elaborate attraverso il confronto dei professionisti che hanno aderito al network», dice Rubulotta.
La pubblicazione sarà un ulteriore grande contributo della presidente di iWIN, già membro del comitato editoriale di diverse riviste e fondatore della International Society for Rapid Response Systems. Francesca Rubulotta è anche presidente del comitato dei direttori medici della British Medical Association e membro dell’European Board of Intensive Care Medicine (EBICM). Davvero numerosi pure gli incarichi che ricopre a livello europeo: tra gli altri, membro dell’European Accreditation Board for Continue Medical Education, membro Unione specialità mediche europee, membro Governance Board del EACCME e nuovo membro della scuola di esaminatori UEMS.
Qual è il segreto del suo successo? «Se ho conquistato grandi traguardi è semplicemente perché ho provato a raggiungerli. Per una donna la cosa più difficile non è essere leader ma candidarsi ad esserlo, riconoscere di averne le qualità necessarie», assicura Rubulotta.
Anche lavorare in prima linea sul fronte dell’emergenza Covid è stata un’altra importante e dura sfida per la professoressa Rubulotta. «Quando la pandemia è scoppiata anche in Inghilterra, ho ricevuto un grandissimo conforto dai colleghi italiani. Molte delle vite che ho potuto salvare le devo proprio ai consigli ed alle lunghe conversazioni telefoniche con loro», assicura. E pure in questa fase della sua vita che, come racconta la specialista, è stata caratterizzata da «paura, confusione, isolamento, speranza», è stato lo sport il suo principale alleato. «Molti miei colleghi hanno sofferto di burnout – dice -. La bici e chilometri percorsi sono stati la mia salvezza».
I sogni di Francesca Rubulotta non finiscono qui. «Spero che il prossimo anno l’evento annuale iWIN possa essere organizzato in presenza, nella cornice della mia Messina», dice la presidente. Dal punto di vista lavorativo? «La meta a cui ambisco è portare tanti giovani, donne e specializzandi da tutto il mondo nel mio reparto. Sogno di essere circondata da una comunità internazionale di professionisti». E sul fronte sportivo? «Dopo essere stata incornata “regina”, potrei ambire al titolo di “imperatrice dell’Etna”, scalando una settima vetta e – conclude – raggiungendo 8 mila metri di dislivello».
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