Intervista al Brig. Generale Vincenzo Barretta: «Il loro eventuale utilizzo non sarebbe certo una novità». Non è possibile al momento stabilire con certezza l’utilizzo o meno di questo particolare tipo di ordigno sul terreno di scontro in Ucraina, nonostante nelle ultime ore le autorità locali ne abbiano denunciato l’uso da parte delle truppe russe sulla città di Donetsk
A fare paura, adesso che i negoziati sembrerebbero scongiurare almeno nell’immediato l’incubo di una escalation nucleare del conflitto russo-ucraino, sono le bombe al fosforo. Non è possibile al momento stabilire con certezza l’utilizzo o meno di questo particolare tipo di ordigno sul terreno di scontro in Ucraina, nonostante nelle ultime ore le autorità locali ne abbiano denunciato l’uso da parte delle truppe russe sulla città di Donetsk.
Quel che è certo è che si tratta di armi il cui utilizzo è già stato ampiamente documentato in altri conflitti dagli anni Settanta ad oggi. Ma cosa sono le bombe al fosforo, in cosa si differenziano dalle bombe convenzionali e perché fanno così paura? Lo abbiamo chiesto al Brig. Generale Vincenzo Barretta, già direttore della Farmacia del Policlinico Militare di Roma.
«Innanzitutto è importante chiarire che le bombe al fosforo sono fabbricate con fosforo bianco. Il fosforo è un elemento chimico che si manifesta in tre forme allotropiche: di per sé, insomma, non è un elemento distruttivo, ma viene spesso utilizzato come fertilizzante e per altri impieghi anche esclusivamente benefici. Il fosforo bianco tuttavia ha la caratteristica di prendere fuoco spontaneamente a contatto con l’aria, motivo per cui necessita di essere conservato sotto azoto. Nel momento in cui il fosforo bianco, appunto, viene a contatto con l’aria si assiste a un grosso rilascio di calore, che insieme alla sua altra caratteristica, di interazione con l’acqua, provoca negli esseri viventi una necrosi profonda dei tessuti, fino al livello dell’osso, in una sorta di cremazione chimica. Il calore brucia tutte le parti di tessuto molle, distruggendo completamente i tessuti organici. A ciò dobbiamo aggiungere il fatto che successivamente all’esplosione il fosforo bianco si vaporizza nell’ambiente sotto forma di gas, e può quindi essere inalato bruciando letteralmente anche i polmoni. Da qui il suo effetto devastante. Tra l’altro, anche nel caso in cui il soggetto colpito sopravvivesse, riporterebbe dei danni permanenti, dall’anemia alle necrosi ossee».
«La bomba convenzionale ha un effetto termico e un effetto meccanico. Se ci si trova in prossimità dell’esplosione si resta bruciati e colpiti dalle schegge. Prendiamo ad esempio le bombe a grappolo: queste quando arrivano a terra causano un’esplosione tutto sommato contenuta, ma quella stessa esplosione le rilancia verso l’alto a circa due metri di altezza ed è lì che esplodono in maniera deflagrante disseminando il territorio circostante di una miriade di piccole schegge che penetrano nei corpi danneggiandoli».
«In realtà il fosforo bianco non sarebbe, tecnicamente, un’arma chimica, perché viene tradizionalmente usato come fumogeno per coprire ritirate, cioè per nascondere le proprie truppe e impedire contestualmente alle truppe avversarie di avere sufficiente visibilità per avanzare, tant’è vero che la Convenzione di Ginevra nel 1980 non ha vietato tout court l’impiego del fosforo bianco in guerra, ma ne ha vietato l’utilizzo su obiettivi civili. È chiaro che se si utilizza per illuminare un campo di atterraggio o come cortina fumogena è un conto, ma usato su obiettivi civili il discorso è completamente diverso. Tra l’altro è bene specificare che la Russia ha accettato gli accordi della Convenzione di Ginevra, che vieta appunto l’utilizzo delle bombe al fosforo contro obiettivi civili, ma che non li vieta contro obiettivi militari».
«Le bombe al fosforo sono state utilizzate come arma in moltissime occasioni: in Vietnam gli Stati Uniti usavano fosforo bianco come componente aggiuntivo del napalm, ed è risaputo che il napalm è stato usato contro obiettivi civili. Bombe al fosforo sono state utilizzate durante la guerra del Golfo, in Libano, a Falluja in Iraq, solo per citarne alcune. Se venissero usate anche durante l’attuale conflitto in Ucraina, insomma, non sarebbe certo il loro ‘battesimo del fuoco’».
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