Sanità 21 Aprile 2020 10:08

Così in Africa la lotta contro il Coronavirus sta rinforzando il morbillo

Concentrarsi sul Covid interrompe le profilassi contro le altre malattie endemiche, come il morbillo. Ce ne parla Tiziano Pozzi, medico e missionario in Repubblica Centrafricana

di Tommaso Caldarelli
Così in Africa la lotta contro il Coronavirus sta rinforzando il morbillo

«Nel mese in corso l’epidemia si sta attenuando, ma i casi sono ancora numerosi»: una frase che abbiamo sentito, o sperato di sentire, molte volte nelle ultime settimane, mentre tutti i maggiori Paesi europei sono alle prese con il Coronavirus; questa frase non si riferisce però al Covid-19, ma al morbillo. La pronuncia Tiziano Pozzi, medico e frate missionario betharramita, da sempre un punto di riferimento con il suo presidio sanitario della missione di Niem in Repubblica Centrafricana: perché se ogni giorno noi facciamo i conti con gli aggiornamenti della pandemia, in Africa proprio gli sforzi destinati ad arginare la nuova minaccia epidemica rischiano di indebolire precedenti e cruciali campagne di profilassi, come quella appunto per il morbillo, endemico nelle zone dell’Africa Centrale. Ma non solo.

France 24 riporta come “l’arrivo di beni di sostegno disperatamente necessari per milioni di persone che abitano l’Africa sub-Sahariana è messo in pericolo (…). In alcuni casi le misure di distanziamento sociale e la chiusura delle frontiere impediscono ai lavoratori di distribuire aiuti. In altri casi, le linee di finanziamento sono a rischio mentre le agenzie internazionali si sforzano di drenare risorse per combattere la crescente urgenza da Coronavirus nel continente. Le vaccinazioni di polio in Camerun sono state sospese, in Ciad il programma di vaccinazioni per il morbillo è stato rimandato. In Niger e in Burkina Faso, dove centinaia di migliaia di persone sono state messe in fuga dalla violenza jihadista, i voli necessari a far arrivare beni umanitari sono stati congelati. Nella Repubblica Centrafricana, dove la maggior parte del territorio è controllato da gruppi armati, i rifornimenti di clorina, necessaria a fornire acqua potabile sicura, scarseggiano”.

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«Dal settembre 2017 tutta la nostra regione è nelle mani del gruppo ribelle 3R e lo Stato è completamente assente», ci spiega in effetti Padre Pozzi: «Basti pensare che il primo posto di Gendarmeria (che qui dovrebbe controllare le frontiere) si trova all’entrata della città di Bouar, a 170 km dal confine. La nostra  “aire de santé”  ufficialmente copre un raggio di 50 Km e ha circa 10mila abitanti ma non pochi pazienti vengono da lontano, anche dal vicino Camerun la cui frontiera è distante circa 100 km. Siamo, insomma, il punto di riferimento di tutta la regione». I dati che padre Pozzi può condividere con Sanità Informazione sono relativi soltanto a questo, pur importante, centro, avendo egli più volte e infruttuosamente tentato di ottenere statistiche più complete dal governo centrale.

 

Come si vede, negli ultimi mesi il morbillo, malattia che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità è “una delle principali cause di morte fra i bambini africani, anche se esiste un vaccino sicuro ed efficace”, è tornato a colpire soprattutto i più piccini, con un andamento preoccupante e anche alcuni morti – tutti, ci spiega padre Pozzi, fra i bimbi più piccoli di 5 anni. «È dallo scorso ottobre che si parla di una campagna nazionale contro il morbillo – aggiunge Pozzi -. E già lo scorso gennaio dopo i primi casi ho allertato il Distretto Sanitario, ma non ho ancora visto nessuno».

Nel Congo, Stato confinante con la RCA, sono state secondo la Reutersoltre 6400 le morti per morbillo fin da gennaio 2019”, localizzate prevalentemente in regioni “non censibili e remote del Paese”, motivo per cui “i lavoratori del sistema sanità affermano che il numero è probabilmente molto più alto visto che i tassi di registrazione sono così bassi”. A complicare il quadro, continuava l’agenzia internazionale “le autorità hanno convogliato centinaia di milioni di dollari e di forza lavoro per combattere un’esplosione di Ebola lunga 19 mesi nell’est che ha ucciso oltre 2mila persone, indebolendo gli sforzi per contenere il morbillo. Ora l’Ebola è in rotta, ma il Covid-19 minaccia di prendersi la ribalta. La priorità, confermava il capo dell’unità di crisi morbillo dell’OMS, sarà data al Coronavirus”.

«Io credo che l’ampiezza dell’epidemia sia dovuta in primo luogo al fatto che la stragrande maggioranza delle mamme, anche giovani, qui sono semi-analfabete – spiega Padre Pozzi -. Qui è in vigore il programma PEV (Programma allargato di vaccinazioni) che copre i bimbi da 0 a 11 mesi e le donne in stato di gravidanza. Per le prime vaccinazioni non ci sono problemi perché sono mensili. Poi le vaccinazioni contro il morbillo, la febbre gialla e la meningite vengono fatte al nono mese di vita e le mamme, onestamente, perdono il conto. Un dato significativo: lo scorso mese ho preparato la lista degli alunni delle nostre scuole di Brousse (una quindicina) che devono fare l’esame finale del primo ciclo di studi: ecco, le bambine rappresentavano il 7% dei candidati. Ma vi è un motivo ancora più profondo – conclude il missionario -. Il sistema sanitario nazionale qui è praticamente inesistente. Tutto o quasi si ferma alla capitale. Le poche cose che funzionano sono sostenute dall’estero (Banca Mondiale, Fondo AIDS, TBC, Paludismo, GAVI)». La situazione ha richiamato anche l’allarme della prestigiosa rivista Nature, che le ha dedicato uno specifico report.

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