Il racconto a Sanità Informazione di Hector Carvallo, professore di Medicina Interna all’Universidad Abierta Interamericana di Buenos Aires: «Situazione spaventosa, abbiamo solo l’1,9% della popolazione vaccinato con doppia dose»
«L’epidemia da Covid-19 ha molti punti in comune con la spagnola. Bisogna imparare dalla storia per evitare di commettere gli stessi errori». Hector Carvallo, professore di Medicina Interna all’Universidad Abierta Interamericana di Buenos Aires, ha ragione da vendere quando parla del Covid e delle ‘lezioni da imparare’ dalle pandemie del passato. Da sempre fautore delle cure domiciliari, tanto da essere in contatto con il Comitato Cure domiciliari creato in Italia dall’avvocato Erich Grimaldi, racconta a Sanità Informazione il dramma dell’emergenza Covid che sta vivendo l’Argentina: «La situazione epidemiologica in Argentina è spaventosa – dice Carvallo -. C’è solo l’1,9% della popolazione vaccinato con doppia dose e con un vaccino la cui documentazione non è a disposizione della comunità medica, lo Sputnik V. L’epidemia è iniziata in Sud America molto più tardi che in Europa e quindi ora l’Argentina sta entrando nella seconda ondata».
Il Paese sudamericano è in coda alle classifiche nella gestione della pandemia e ha vissuto uno dei lockdown più lunghi del mondo che tuttavia ha ottenuto scarsi risultati: con oltre due milioni e trecentomila casi e più di 55mila decessi il bilancio è pesante. «L’Argentina – spiega Carvallo – ha avuto il blocco più lungo del mondo e una delle più alte mortalità per 100mila abitanti nel mondo. Ciò significa che era inutile. Quando abbiamo visto i tragici eventi della prima ondata in Europa, le nuove autorità sanitarie argentine hanno detto pubblicamente che questo virus non sarebbe arrivato nel nostro Paese, perché “…non mangiamo pipistrelli…” (sic). Lì ci siamo resi conto in che mani eravamo».
Ora l’avvento della seconda ondata preoccupa, perché si inserisce in un quadro epidemiologico già grave e, come insegna la storia, «le seconde ondate sono sempre più gravi della prima». Anche in Argentina si prova a porre rimedio all’ospedalizzazione dei pazienti con le terapie domiciliari: in alcune province del Paese sudamericano grande attenzione viene data alle proprietà dell’ivermectina, un farmaco cIl racconto a Sanità Informazione del dottor Hector Carvallo, professore di Medicina Interna all’Universidad Abierta Interamericana di Buenos Aires: «Situazione spaventosa, abbiamo solo l’1,9% della popolazione vaccinato con doppia dose». In alcuni Stati del paese sudamericano i medici si affidano all’antielmintico ivermectina che per ora l’OMS confina ai trial clinici in attesa di dati più solidi che uccide o promuove l’espulsione di vermi parassiti intestinali. I suoi effetti antivirali erano stati già dimostrati in vitro in uno studio australiano testandolo su alcuni virus come la chikungunya.
«In sei province argentine, l’ivermectina è stata ufficialmente autorizzata e i medici di quelle province lo usano senza inconvenienti e con ottimi risultati. L’ivermectina è utilizzata nella prevenzione, nel trattamento e persino nella riduzione del periodo di convalescenza», spiega Carvallo che insieme all’infettivologo Roberto R. Hirsch dell’Università di Buenos Aires ha condotto diversi studi in cui è emerso in particolare l’effetto preventivo del farmaco: in uno, su 162 operatori sanitari che hanno preso ivermectina nessuno ha contratto il virus contro una media del 25% di contagi in questa categoria di lavoratori. In uno studio retrospettivo pubblicato sul Journal of Infectious Diseases & Therapy in cui è stato adottato il protocollo I.D.E.A. (ivermectina, dexametasone, enoxaparina e aspirina), il farmaco ha dimostrato la sua efficacia in ogni stadio della malattia con forte riduzione del tasso di mortalità e del bisogno di ospedalizzazione, purché somministrata nelle prime fasi della malattia.
Alla domanda su come sia possibile che un farmaco contro i vermi intestinali possa combattere il Sars-Cov-2, Carvallo risponde: «Allo stesso modo in cui un fungo, la penicillina, si è dimostrato un antibiotico efficace per le infezioni batteriche, e quel sildenafil (il viagra), originariamente indicato per abbassare la pressione sanguigna, ha poi avuto un’indicazione molto diversa…».
Secondo Carvallo, l’ivermectina sconta il fatto di non avere proprietario (il suo brevetto è scaduto anni fa) e che il suo costo è molto basso. «Ciò significa che non è negoziabile per l’industria farmaceutica, che testa solo prodotti molto costosi e che danno grandi profitti». Non la pensano così però le autorità sanitarie internazionali. In Europa l’EMA ha disposto che il farmaco non può essere utilizzato contro il Covid se non in studi clinici autorizzati. Stessa indicazione data dall’OMS: un gruppo di lavoro indipendente chiamato a studiare il caso ivermectina ha stabilito che non c’è alcuna certezza che il farmaco riduca la mortalità, la necessità di ventilazione meccanica e quella di ricovero ospedaliero a causa delle dimensioni ridotte e dei limiti metodologici dei dati di sperimentazione disponibili, compreso un numero limitato di eventi.
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