La scelta di vaccinare più persone con una sola dose sembra essere vincente; il Canada invece ci ripensa e rimanda la seconda somministrazione
Crescono i numeri dei contagi e mezza Italia rischia di diventare zona rossa. La variante inglese preoccupa e si pensa alle possibili strategie da adottare per arginarne le conseguenze. Tra queste, accelerare la campagna vaccinale. E c’è allora chi pensa di vaccinare più persone con una dose, anche se la copertura sarebbe parziale, rimandando la seconda ad un momento successivo. Il quesito divide virologi e opinione pubblica. Per dissipare qualche dubbio abbiamo interpellato chi, all’estero, ha deciso di puntare su questa strategia, che tuttavia non convince l’Agenzia europea del farmaco perché non supportata da evidenze scientifiche.
Per prima a virare in questa direzione è stata la Gran Bretagna. A due mesi dall’avvio delle vaccinazioni ha deciso di somministrare la prima dose al maggior numero di persone possibile piuttosto che rispettare l’intervallo di tempo richiesto tra la prima e la seconda dose. Una scelta che sembra essere premiante e le parole di Francesco Logiudice, cardiologo italiano da anni in servizio all’Hammersmith hospital di Londra, lo confermano: «Oggi stiamo vedendo la luce in fondo al tunnel – ci dice -. A due mesi dall’avvio della campagna vaccinale anti-Covid, sono state vaccinate tutte le categorie a rischio: anziani nelle case di riposo e con più di 80 anni, personale sanitario, forze dell’ordine, ma anche giovani con patologie pregresse. I prossimi saranno gli insegnanti perché l’8 marzo riaprono le scuole. Di fatto oltre un terzo della popolazione sopra i 16 anni oggi ha ricevuto almeno una dose. Nel frattempo, però, ai soggetti a rischio e ai sanitari sono state somministrate anche le seconde dosi».
Una decisione che sembra aver messo tutti d’accordo, compresa la comunità musulmana: «È la notizia del giorno – sottolinea Francesco – anche chi sta facendo il ramadan sarà vaccinato. Non era scontato che ciò potesse verificarsi, invece tutti hanno capito l’importanza della vaccinazione. E coloro che avevano delle riserve su AstraZeneca hanno cambiato idea».
Ed è proprio il vaccino al centro di polemiche anche in Italia ad aver più consenso che sarà somministrato alla maggior parte delle persone. «Fortunatamente è rientrata la polemica sulla validità di AstraZeneca rispetto a Pfizer. In un primo momento si diceva che fosse meno efficace, ma in realtà la differenza è minima. Dall’analisi dei dati è emerso che copre al 75%, riduce l’infezione e la trasmissibilità. Non c’è presupposto scientifico per rifiutarla, si conserva in frigorifero e costa meno».
In due mesi, dunque, tutto sembra essere cambiato in Gran Bretagna, che ha messo l’acceleratore e sta già organizzando il ritorno alla normalità. «Entro giugno tutta la popolazione sopra i 16 anni sarà vaccinata ed allora è stato preparato un piano per la graduale riapertura. Si comincia lunedì 8 marzo con le scuole che riapriranno le porte agli studenti in presenza, il 21 marzo sarà la volta delle attività commerciali non essenziali, il 29 ristoranti e bar potranno aprire i dehors ai clienti mentre si potranno fare piccoli eventi all’aperto. Il 12 aprile sarà la volta di parrucchieri, estetiste, palestre per nuclei famigliari, drive in e vacanze locali. Il 17 maggio riapriranno invece pub e ristoranti anche all’interno, palestre per tutti e viaggi internazionali. Il 21 giugno, se i numeri continueranno a scendere e la campagna vaccinale andrà avanti senza intoppi, sarà il giorno del “liberi tutti”».
Dall’altra parte dell’Oceano in Canada, dove si è scelto di seguire una strategia vaccinale simile, la situazione apparentemente sotto controllo in realtà denuncia alcuni problemi comuni all’Italia. «I vaccini dovrebbero essere sufficienti – spiega Francesco Macrì, radiologo a Vancouver -. Il governo ha comprato molte dosi di Pfizer e Moderna, non di AstraZeneca, ma la campagna vaccinale è in ritardo».
«In un primo momento si era ipotizzato di allargare a più persone la copertura, non facendo la seconda dose, poi la questione si è risolta con un ritardo nella somministrazione della seconda dose che comunque è prioritaria. Di fatto passano sei o sette settimane prima che venga fatto il secondo vaccino. Per ora è stato vaccinato il personale sanitario. Eccezion fatta per l’Ontario che è ancora sotto stress per i contagi e i ricoveri in terapia intensiva, nel resto del paese i numeri sono in calo e si respira aria di normalità».
Bar e ristoranti continuano ad essere aperti, mentre sono limitati gli assembramenti tra le mura domestiche. Il numero verde attivato per segnalare i vicini che non rispettano le regole sembra funzionare, ma occorre velocizzare la vaccinazione. «Ad un certo punto si è pensato di far rientrare una parte delle dosi destinate ai paesi del terzo mondo – ammette sottovoce Francesco -, ma l’idea è subito stata bocciata».
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