Un cardiologo italiano a Londra racconta la quarta ondata in Inghilterra: cresce il numero dei contagiati e dei ricoveri in ospedale (60% dei quali non vaccinati), ma calano i decessi (- 5%). A rilento la somministrazione delle terze dosi
Due milioni di contagiati, di cui la metà a Londra, un cittadino su 10 positivo, ma nessuna emergenza ospedaliera. I ricoveri si attestano su una media di 800 giornalieri contro i 5000 del dicembre 2020 e le morti sono 120, mentre le previsioni di fine anno ne davano 5000. Omicron, dunque, viaggia veloce ma non è letale e soprattutto fa meno paura agli inglesi. È questo il quadro che emerge ascoltando le parole di Francesco Logiudice, cardiologo italiano che da anni lavora all’Hammersmith Hospital di Londra.
«C’è stato un aumento di casi di embolia polmonare qualche settimana fa, ma ora la situazione è rientrata e non sembra esserci alcuna correlazione con il Covid. Dal mio punto di osservazione – racconta – la vera emergenza negli ospedali non è Omicron, che oggi rappresenta il 90% dei contagi in Inghilterra, ma la carenza di medici ed infermieri costretti a stare in quarantena a causa dei contatti con positivi che non permette di fare le squadre per gestire il servizio sanitario. Le conseguenze sono turni massacranti per chi è presente».
Cresce il numero dei positivi che negli ultimi quindici giorni ha fatto registrare un +30%, gli ospedalizzati sono aumentati dell’8,2%, ma i decessi non sono in crescita. «I morti a 28 giorni dal contagio sono scesi del 5% – puntualizza Logiudice – e questo è un segnale incoraggiante. Significa che la variante è altamente contagiosa, ma gli effetti del virus non sono gravi e chi viene ricoverato nel 60% dei casi è giovane (intorno ai 40 anni) e non è vaccinato, mentre il restante 30% è rappresentato da anziani con patologie pregresse, o fragili già vaccinati, ma con diverse comorbidità che li espongono ad un rischio maggiore di contagio. Insomma, gli ospedali Covid non sono sotto stress, i Pronto Soccorso e gli ospedali di urgenza invece lo sono, ma a causa di altre patologie. Interessante rilevare poi che l’influenza sembra essere scomparsa, grazie alle protezioni anti Covid».
L’obiettivo è l’immunità di gregge che sembra essere più vicina. «I casi positivi aumentano, il virus si diffonde ma chi è vaccinato sembra non correre rischi – ribadisce il cardiologo italiano -. Se la situazione dei ricoveri non si aggrava, nelle prossime settimane potremo rivedere le quarantene e ridurre gli isolamenti fiduciari passando da 7 a 5 giorni o, come accade già in alcune strutture ospedaliere inglesi, evitando la quarantena del personale non contagiato con il tampone giornaliero. Dobbiamo imparare a convivere con il virus, per non correre rischi sarebbe necessaria una dose di buon senso». Mascherine e areazione sui mezzi di trasporto, distanze di sicurezza e tampone ogni due giorni: poche regole che per Logiudice sarebbero sufficienti per tenere a bada il virus in attesa che il governo decida sulle vaccinazioni ai più piccoli (oggi consigliata solo a partire dai 12 anni) e sulle terze dosi.
Se negli ospedali dunque preoccupano le quarantene, fuori i cittadini si mostrano tranquilli e nonostante l’incalzante campagna vaccinale per la terza dose, in pochi scelgono per ora di sottoporsi al booster. «A tre mesi dalla seconda dose, si consiglia la terza, per questo sono stati reclutati medici di base e specialisti, sospese le attività ambulatoriali tranne quelle di cardiologia, ma la risposta per ora è stata insufficiente. Infatti, se alla prima dose hanno aderito oltre il 90% dei cittadini e alla seconda l’80%, la terza per ora ha convinto solo la metà degli inglesi. Non c’è partecipazione e non esiste il green pass – aggiunge -. I controlli vengono fatti solo nei luoghi affollati come concerti, teatri o durante i viaggi e la gente sopperisce con i tamponi».
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