Con lo psicoterapeuta Giorgio Nardone cerchiamo di capire perché sempre più persone credono che il mondo sia in mano ad una loggia formata da miliardari, esponenti del Partito Democratico americano e star di Hollywood dedite all’adorazione di satana e ad atti di pedofilia e cannibalismo
Finalmente la verità è emersa. Il mondo è governato da una loggia formata da miliardari, esponenti del Partito Democratico americano e star di Hollywood dedite all’adorazione di satana e ad atti di pedofilia e di cannibalismo. In questo gruppo che tiene le redini del mondo fanno parte, tra gli altri, Hillary Clinton, Barack Obama, l’immancabile Bill Gates e perfino Papa Francesco. L’unica speranza contro le forze del male? Il Presidente USA Donald Trump, che da quando è alla Casa Bianca sta combattendo una lotta senza tregua contro il cosiddetto Deep State.
Non è la trama di un B-Movie né i deliri di un pazzo, ma una delle teorie complottiste più in voga del momento e che si sta diffondendo (non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo) ad una rapidità impressionante. Parliamo di QAnon, un movimento nato nella rete nel 2017 ma che sta avendo ora, in concomitanza della pandemia e della diffusione del 5G, il suo massimo risalto. Questo perché chi crede che Bill Gates sia un satanista, pedofilo e cannibale tendenzialmente potrebbe essere più portato a credere anche che lo stesso abbia creato il Covid in laboratorio per vendere vaccini che si attivano con il 5G per renderci tutti suoi schiavi.
Insomma, le teorie complottiste si alimentano a vicenda e si fortificano quando convergono l’una nell’altra. Ma chi è il complottista? Come funziona la sua mente? È possibile convincerlo, anche attraverso prove inoppugnabili, che la teoria in cui crede è sbagliata? Ne abbiamo parlato con lo psicoterapeuta Giorgio Nardone.
«La prima cosa da mettere in chiaro è una conoscenza ben nota agli antropologi culturali e agli psicologi sociali: quando si verificano periodi storici in cui avvengono catastrofi su larga scala, come appunto una pandemia, si registra un ritorno al superstizioso, alle fedi religiose e agli estremismi. È una regola storicamente osservata. Antonio Gramsci, che noi italiani conosciamo principalmente per questioni politiche ma che era anche un grande studioso, diceva proprio che quando vengono meno le rassicurazioni delle sovrastrutture culturali e ideologiche si torna alla fede e alla superstizione. Insomma, ci sono già delle referenze illustri. In un caso come il nostro, la pandemia ha fortemente scosso la fiducia nella scienza, in particolare quella medica. Siamo, in sostanza, tornati al medioevo, quando l’unica forma di medicina preventiva era il distanziamento e la disinfezione. La peste, ad esempio, veniva trattata proprio con il distanziamento e con la distruzione, attraverso il fuoco, delle cose che l’infetto aveva toccato. È evidente che, venute meno le certezze, esiste una tendenza a voler cercare spiegazioni, e dunque, siccome non siamo più nel medioevo, non esiste più solo la spiegazione religiosa, come accadeva in passato. Oggi si cercano poteri occulti, imbrogli, manipolazioni da parte dei potenti. Una sorta di “Grande Fratello” orwelliano, insomma. Questa è la spiegazione dal punto di vista della psicologia della folla e del singolo».
«È un fatto che si è verificato sistematicamente nella storia. In questo momento stanno apparendo teorie davvero fuori da qualunque grazia di Dio o di scienza e guarda caso, proprio perché non si è ancora trovata una soluzione, si va a cercare il colpevole. E quindi il complottista è disposto ad aderire alle teorie più assurde a patto che gli venga indicato un colpevole. Perché il complottista ha bisogno di questo: deve trovare la colpa. È un moderno inquisitore. Nietzsche e altri filosofi e studiosi dicevano che l’essere umano, quando deve trovare una sorta di rassicurazione, prende per vere anche le spiegazioni false. In questo caso, l’aderire a teorie così assurde dà a questi soggetti una sorta di spiegazione rassicurante. È un meccanismo psicologico».
«Chi aderisce a queste teorie tendenzialmente ha una personalità sbilanciata sulla paranoia: c’è sempre qualcuno che complotta contro di lui, che tiene le redini del mondo, che è dietro le quinte e decide tutto. Non per forza sono persone che hanno problemi evidenti. Capita anzi, nella maggioranza dei casi, che possano sembrare persone equilibrate. Non dimentichiamoci però che ci sono disturbi di personalità che possiamo definire “asintomatici” proprio perché la persona che si comporta in maniera normale ed equilibrata dentro di sé ha il germe di una tendenza squilibrata. In questo caso, la paranoia»,
«Il tentativo di sconfiggere queste opinioni cercando di mostrare ad un soggetto del genere l’assurdità delle loro credenze attraverso la logica o l’esposizione di una o più prove non fa altro che rafforzare le sue convinzioni difensive: anche la persona che lo vuole persuadere fa parte di quella setta di manipolatori, quindi non può essere ascoltata. L’unica cosa che si può fare con questi soggetti è mettersi dalla loro parte ed esasperare sempre di più le loro convinzioni finché queste non collassano da sole. Portare il discorso su piani di assurdità sempre più estremi fino a quando il soggetto non si rende conto da solo dell’assurdità del tutto. Nella retorica antica questo processo si chiamava “reductio ad absurdum”».
«Un ulteriore paradosso è che spesso sono le persone più intelligenti, ma che hanno questo tratto ossessivo e paranoico, a vedere complotti ovunque. Non gli stupidi. Lo stupido e l’ignorante non cercano il confronto, cercano solo la spiegazione più superstiziosa. Potrei fare tanti esempi di persone molto intelligenti, anche di scienziati, che hanno avuto una deriva di questo tipo. Un esempio su tutti: Albert Einstein. Nell’ultima parte della sua vita, dopo aver vinto il Premio Nobel, Einstein continuò ad ostinarsi a cercare ulteriori evoluzioni più irrigidite della teoria della relatività unendola ad una visione religiosa. Tutti gli altri scienziati non smisero di rispettarlo ma cominciarono ad evitarlo. Nessuno gli dava più credito. Ecco, è capitato perfino ad una delle persone più intelligenti della storia. Ma, come detto, di esempi ne potrei fare tanti».
«I Social fomentano l’effetto di conferma sociale: se trovo altre persone che aderiscono alla mia stessa credenza mi sento più sicuro. Insomma, più siamo più ci convinciamo. Ma c’è di peggio, ed è il principio logico dell’autoinganno personale: se io ho una determinata convinzione e ne parlo a qualcun altro, più persone riesco a convincere più mi autoconvinco di avere ragione. Lo spargere le notizie, il persuadere gli altri, tutto questo serve a loro stessi per convincersi da soli che sono nel giusto. È un meccanismo di autoinganno: convincere l’altro per convincere me stesso. I social poi hanno un effetto potentissimo perché raggiungono milioni di persone in un attimo. Chi visita il tuo sito web, il tuo blog o la tua pagina Facebook ti dà l’impressione di aderire alle tue teorie, e questo ha un effetto autopersuasivo su di te. Questi meccanismi, come detto, sono sempre esistiti ma è chiaro che nell’epoca del web si amplificano a dismisura».
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