L’intervento dell’autorevole professore di epidemiologia e salute pubblica dell’università londinese al Congresso della Fp Cgil in corso a Perugia: «Le azioni dei governi possono fare la differenza. Ed è necessario partire dall’istruzione»
«L’aspettativa di vita nel Regno Unito è cresciuta di anno in anno dal 1918 al 2011. Poi, abbiamo assistito ad una frenata drammatica. Ce ne siamo fatti una ragione, dando la colpa a fattori che non c’entravano niente, come il maltempo o l’obesità. Altri hanno pensato che il picco dell’aspettativa di vita fosse stato raggiunto, e che fosse quindi normale un rallentamento. La realtà è che l’inversione di rotta corrisponde con gli anni della crisi economica e delle politiche di austerità. La salute sconta quindi gli effetti dei fattori sociali, dell’equità e delle disparità sociali. E lo abbiamo provato scientificamente».
A spiegare come salute e fattori sociali siano strettamente correlati all’XI Congresso della Fp Cgil in corso a Perugia è Sir Michael Marmot, professore di epidemiologia e salute pubblica alla University College di Londra. Mostrando alla platea una serie di grafici, il professor Marmot ha quindi dimostrato quanto gli interventi statali possano fare la differenza: «Il governo laburista britannico eletto nel 1997 aveva come priorità la riduzione delle disparità nel settore sanitario. Studiando l’aspettativa di vita dei più ricchi e dei più poveri in quegli anni, si nota una riduzione dello scarto. Poi il nuovo governo conservatore del 2010 ha completamente invertito le strategie precedenti e in pochi anni le disparità in fatto di salute pubblica sono tornate a crescere. Insomma – commenta Marmot – il governo può veramente fare la differenza».
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Ma in che modo? «Intervenendo sulla qualità della vita, a partire dall’educazione e dalla formazione. Un buon rendimento scolastico, infatti, – prosegue il professor Marmot – prefigura la possibilità di proseguire gli studi, di avere un posto di lavoro di migliore qualità e dunque, a cascata, un reddito più elevato, un alloggio migliore e, infine, uno stato di salute migliore».
Andando Oltreoceano, sono i «decessi per disperazione», infatti, che continuano ad aumentare negli Stati Uniti, dove «l’aspettativa di vita si è ridotta per tre anni di fila». Si tratta delle morti dovute all’abuso di alcol, droga o suicidio. Ma il nesso tra fattori sociali e salute pubblica si nota da tanti altri esempi, riportati in una rapida carrellata dal professor Marmot: dalle mense scolastiche agli alloggi, dai fast food agli spazi verdi e, soprattutto, alla disponibilità di servizi: «Nel Regno Unito vi sono stati tagli impietosi che hanno contribuito all’andamento delle aspettative di vita degli ultimi anni». Infatti, secondo il professore, i dati mostrano un chiaro nesso tra le morti premature e la mancanza di risorse: quanto più elevata è la mortalità precoce, maggiore è il taglio effettuato alle risorse destinate ai servizi.
Come riportato da Fabrizio Ricci su Rassegna Sindacale, dopo l’intervento del professor Marmot è Andrea Filippi, segretario nazionale della Fp Cgil Medici, a guadagnare il palco, commentando la relazione appena conclusa: «Dobbiamo ribaltare il modo di guardare al problema che è tutto incentrato sul valore economico della malattia e non su quello della salute. E anche in questo discorso si inserisce la nostra vertenza per il rinnovo del contratto della dirigenza medica e sanitaria, perché non si può garantire il diritto alla salute senza valorizzare gli operatori della sanità».
Una vertenza che riguarda anche le condizioni di lavoro, che «hanno raggiunto dimensioni tali da riverberarsi sulla salute stessa di chi lavora in sanità e, quindi, sulla qualità del servizio», aggiunge Michele Vannini, capo area Sanità della Fp Cgil nazionale. «Allora – prosegue – quando Marmot ci invita a legare il tema sanità con i fattori sociali, ci richiama anche alla necessità di costruire una mobilitazione ed un consenso crescente rispetto al fatto che il nostro Sistema sanitario nazionale è vicinissimo ad un punto di rottura. Ed essendo nato per garantire il diritto costituzionale alla salute, questa partita deve diventare patrimonio della cittadinanza».
Il problema, tuttavia, sono sempre le risorse. Ma è lo stesso Sir Michael Marmot ad offrire una possibile (e utopistica) soluzione: «Il 50% della ricchezza nascosta nei paradisi fiscali appartiene allo 0,01% dei ricchi delle economie più avanzate. Una ricchezza che equivale al 5% del Pil mondiale. Parliamo di centinaia di miliardi di euro sottratti alla collettività e che potrebbero essere destinate ai nostri Sistemi sanitari».