Protagoniste due donatrici viventi. A ricevere l’organo il figlio dell’una e il marito dell’altra. Gli interventi sulla coppia italiana eseguiti al Policlinico Gemelli: i pazienti stanno bene
È stato realizzato con successo un nuovo doppio trapianto di rene da vivente incrociato tra una coppia donatore-ricevente italiana e una estera. Si tratta del terzo intervento dall’attivazione di questo programma sanitario internazionale, nell’agosto 2018, e il primo in assoluto dall’inizio della pandemia.
Lo scambio, avvenuto tra Italia e Spagna, è stato coordinato dal Centro nazionale trapianti e dalla Organización nacional de trasplantes ed è stato realizzato a fine gennaio tra il Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma e l’Hospital regional universitario Carlos Haya di Malaga. Dopo il prelievo dei reni a due donne, avvenuto quasi simultaneamente, l’organo spagnolo è arrivato a Ciampino con un volo sanitario ed è stato affidato agli operatori del Centro regionale trapianti e dell’Ares 118 della Regione Lazio che hanno a loro volta consegnato ai colleghi iberici il rene italiano. I due organi sono poi stati trapiantati nei riceventi, rispettivamente il figlio della donatrice spagnola e il marito di quella italiana. Tutti gli interventi sono perfettamente riusciti: la donatrice italiana, sessantenne e in ottima salute, è stata dimessa dopo soli tre giorni dal prelievo, mentre il paziente trapiantato, 67 anni, è rientrato a casa dopo tre settimane di ricovero. Soddisfacente anche il decorso della coppia spagnola.
La catena incrociata di donazione e trapianto è stata realizzata nell’ambito della South Alliance for Transplant (SAT), un accordo internazionale che vede coinvolti Italia, Spagna, Francia e Portogallo per individuare programmi comuni di cooperazione con l’obiettivo di incrementare le risposte ai pazienti in attesa di ricevere un trapianto.
«Per il paziente italiano si è trattato quasi di un trapianto salvavita – spiega il professor Franco Citterio, direttore dell’UOC Trapianti di Rene del Policlinico Gemelli e docente di Chirurgia generale all’Università Cattolica –. Le sue condizioni erano piuttosto serie a causa della lunga attesa del trapianto, e questo ha reso il decorso post-operatorio particolarmente complesso. Questo successo dimostra come il trapianto da donatore vivente sia fondamentale per la cura dell’insufficienza renale, e prima si fa, meglio è».
«Questo genere di trapianti crossover internazionali sono una rarità, ma abbiamo bisogno che l’attività di donazione di rene da vivente cresca sempre di più – commenta il dottor Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti –. In Italia l’anno scorso abbiamo avuto 276 donazioni di questo tipo, meno del 15% dei 1.907 trapianti di rene eseguiti nel 2020, mentre restano ancora in lista circa 6.500 pazienti con insufficienza renale, con tempi di attesa medi superiori ai 2 anni. La donazione da vivente è una procedura sicura, comporta rischi bassissimi per il donatore, e incentivarla è una strategia fondamentale per poter offrire una speranza di guarigione a migliaia di persone condannate alla dialisi».
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