«La posta in palio è alta», afferma Alessandro Santambrogio, cofondatore e direttore marketing di Intercare, la prima Fiera e Congresso Internazionale di Turismo Medicale che ha organizzato a Milano un convegno sul fenomeno
Dopo cibo, cultura, moda e design anche la salute si candida a diventare, a pieno titolo, uno dei tratti distintivi del Made in Italy per portare l’Italia tra le destinazioni primarie di Turismo Medicale. Un fenomeno, quello della ricerca di cure in luoghi diversi da quello di residenza, che ha un valore stimato globale di oltre 100 miliardi di dollari all’anno e che interessa circa 10 milioni di pazienti.
E l’Italia? Secondo le stime dell’Osservatorio OCPS-SDA Bocconi il nostro Paese genera oggi un valore pari a 2 miliardi di euro, che secondo gli osservatori internazionali potrebbe arrivare a 4, implementando l’offerta di servizi sanitari e turistici offerti agli stranieri. Il saldo per ora è ancora negativo, con circa 200.000 italiani che vanno oltre confine cercando, prevalentemente, prestazioni meno care in chirurgia dentale, estetica e ricostitutiva o trapianto dei capelli. Solo 5.000 gli stranieri arrivati in Italia – principalmente da Paesi Arabi, Russia, Svizzera, Balcani – spinti però dalla ricerca di trattamenti ad alto tasso di specializzazione in neurologia, cardiochirurgia, oncologia, chirurgia bariatrica e ortopedia. Questo si riflette sulla spesa media che oscilla tra i 20 e i 70mila euro, senza calcolare le spese generate dal corollario turistico.
«La posta in palio è alta», afferma Alessandro Santambrogio, cofondatore e direttore marketing di Intercare, la prima Fiera e Congresso Internazionale di Turismo Medicale che, per la prima volta, ha organizzato a Milano con BIT, fiera leader nel Turismo, un convegno dal titolo “Turismo Medicale: una risorsa strategica per il sistema turistico e sanitario italiano”.
«Il costo sempre minore del trasporto aereo – spiega Santambrogio – ha notevolmente migliorato l’accessibilità alle cure, soprattutto per pazienti che provengono da Paesi con sistemi sanitari carenti o che hanno lunghe liste di attesa. Questo fattore, unito alla disponibilità sempre maggiore di informazioni sul web, traina la crescita di un comparto che, in poco tempo, ha raggiunto valori considerevoli e continua a crescere a ritmo sostenuto».
Il turismo medicale coinvolge una filiera articolata e complessa che include la ricerca medica, la qualità delle strutture ospedaliere e del personale, i servizi di viaggio e ristorazione, l’offerta culturale e di svago, la comunicazione nonché le regolamentazioni fiscali, quelle legate ai visti e alla privacy e le normative europee sull’accessibilità delle cure. Per svilupparlo è nato Acesis, la società che controlla Intercare, Destination Health e ItalyCares, che ha nella sua mission sia lo sviluppo del turismo medicale sia il supporto alle aziende ospedaliere che desiderano proporsi sui mercati esteri.
«Quando abbiamo iniziato a studiare il settore del Turismo Medicale – racconta Santambrogio, uno dei soci fondatori di Acesis e l’ideatore dell’ecosistema di brand – ci siamo resi conto di come questo non fosse un punto di partenza, bensì un punto di arrivo di un processo culturale, tecnologico, organizzativo, logistico e, ovviamente, medico in cui ogni parte è strettamente interconnessa alle altre. Focalizzarsi solo sull’aspetto di portare pazienti verso gli ospedali dimenticando tutti gli altri aspetti è non solo semplicistico ma rischia di essere dannoso per gli stessi ospedali e, alla lunga, per la credibilità di un’intera destinazione».
Ma cosa spinge gli italiani a farsi curare all’estero e gli stranieri a venire qui in Italia? Circa il 46% dei turisti medicali viaggia per ricevere cure migliori di quelle disponibili nello Stato di residenza; il 22% perché il costo delle cure nel proprio Paese è troppo elevato; il 18% perché la tipologia di cure non è disponibile nella nazione di residenza; il 10% perché la qualità delle cure non è all’altezza; il 4% perché il tempo di attesa è troppo elevato. Circa il 70% dei pazienti si muove per cercare trattamenti legati al miglioramento della qualità della vita (come la riabilitazione o la chirurgia estetica) o al miglioramento dello stato psicofisico generale (come le terme). Nel 2014, sono stati 340.000 gli italiani che sono andati all’estero in cerca di cure: principalmente in Croazia (16,7%), Ungheria (14,6%) e Romania (13%). Fuori dall’Europa la prima destinazione sono gli Stati Uniti.
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