Nutri e Previeni 14 Settembre 2016 11:00

Tessuto adiposo ‘infiammato’ predispone a cardiopatie e diabete

Un poster presentato al Congresso dell’Associazione europea per lo studio del diabete (Easd) da giovani ricercatori con un grant della Società italiana di diabetologia (Sid) evidenzia che la presenza di tessuto adiposo ‘infiammato’ predispone alle malattie cardiovascolari e al diabete. La ricerca dimostra inoltre che è possibile rilevare la presenza di questo grasso infiammato attraverso […]

Tessuto adiposo ‘infiammato’ predispone a cardiopatie e diabete

tessuto adiposoUn poster presentato al Congresso dell’Associazione europea per lo studio del diabete (Easd) da giovani ricercatori con un grant della Società italiana di diabetologia (Sid) evidenzia che la presenza di tessuto adiposo ‘infiammato’ predispone alle malattie cardiovascolari e al diabete. La ricerca dimostra inoltre che è possibile rilevare la presenza di questo grasso infiammato attraverso un esame del sangue. Un tessuto adiposo ‘infiammato’ fa infatti accumulare grasso in posti pericolosi e predispone a malattie cardiovascolari e ad un esordio precoce del diabete.

Spiegano gli esperti
”La forza e l’originalità di questo studio – afferma Ilaria Barchetta dell’Università La Sapienza di Roma – consistono nell’aver evidenziato che la presenza di infiammazione del tessuto adiposo permette di identificare condizioni particolarmente a rischio nelle persone con diabete tipo 2. Avere una disfunzione del tessuto adiposo si associa infatti alla presenza di steatosi epatica (fegato grasso), che è un fattore di rischio cardiovascolare, ad un esordio più precoce del diabete, ad un grado più marcato di insulina-resistenza e infiammazione sistemica. Proprio la disfunzione del tessuto adiposo potrebbe dunque costituire un punto di partenza per nuovi approcci terapeutici del diabete”.

”Questi dati offrono una importante prospettiva sulla possibilità di caratterizzare clinicamente con metodiche non invasive persone con diabete tipo 2 a rischio cardiovascolare – commenta Giorgio Sesti, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) – e di identificare bersagli farmacologici personalizzati”.

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