Nutri e Previeni 31 Luglio 2015 15:58

Un caffè al giorno contro l’Alzheimer

Il caffè fa bene per tanti motivi, dalle proprietà antiossidanti ai benefici sul fegato agli effetti antitumorali. Ora, un nuovo studio la lega anche alle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Una tazzina di caffè al giorno infatti può contribuire a prevenirlo. La ricerca, dell’Università di Bari Aldo Moro, l’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e l’Istituto […]

Un caffè al giorno contro l’Alzheimer

shutterstock_135404954Il caffè fa bene per tanti motivi, dalle proprietà antiossidanti ai benefici sul fegato agli effetti antitumorali. Ora, un nuovo studio la lega anche alle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Una tazzina di caffè al giorno infatti può contribuire a prevenirlo. La ricerca, dell’Università di Bari Aldo Moro, l’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è stata condotta su un campione di 1500 persone di età compresa tra i 65 e gli 84 anni.

I ricercatori hanno studiato l’effetto del consumo della popolare bevanda in relazione alla comparsa di ogni di decadimento cognitivo lieve (MCI), considerata come prodromica dell’Alzheimer.  È emerso che chi manteneva costante il consumo di caffè intorno a una tazza al giorno, aveva meno rischi di decadimento cognitivo rispetto a quelli che ne consumavano di più o di meno o che ne avevano modificato le quantità di assunzione. Nello specifico, le persone che avevano modificato le loro abitudini, aumentando la quantità di consumo di caffè (più di una tazza al giorno) avevano un rischio di una volta e mezzo più alto di incorrere in MCI rispetto a quelle che abitualmente ne bevevano uno al giorno.

Inoltre chi aveva consumato costantemente una o due tazze di caffè al giorno, avevano un’incidenza di MCI ridotta rispetto a chi non ne consumava mai o raramente. La ricerca conferma “i risultati di studi precedenti sugli effetti protettivi a lungo termine di caffè o di the contro il declino cognitivo e la demenza”, afferma Vincenzo Solfrizzi, professore dell’Università di Bari specializzato in Geriatria e Gerontologia e uno degli autori della ricerca.

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