Nutri e Previeni 2 Novembre 2020 13:06

La dieta ad alto contenuto di flavonolo butta giù la pressione

La dieta ad alto contenuto di flavonolo butta giù la pressione

Le persone che consumano una dieta che comprende cibi e bevande ricche di flavonolo, tra cui tè, mele e bacche, potrebbero riscontrare un abbassamento della pressione sanguigna. A dirlo è il primo studio che utilizza misure oggettive per studiare migliaia di persone nel Regno Unito.

Il lavoro ha seguito la dieta di più di 25.000 persone a Norfolk, confrontando ciò che mangiavano con la loro pressione sanguigna. A differenza della maggior parte degli altri studi che indagano i legami tra nutrizione e salute, i ricercatori non hanno chiesto ai partecipanti di riportare la loro dieta, ma hanno misurato l’assunzione di flavonolo in modo oggettivo, utilizzando biomarcatori nutrizionali, cioè indicatori dell’assunzione dietetica, del metabolismo o dello stato nutrizionale che sono presenti nel nostro sangue.

La differenza di pressione sanguigna tra quelli con il più basso 10% di assunzione di flavonolo e quelli con il più alto 10% di assunzione è stata tra 2 e 4 mmHg. Questo è paragonabile ai cambiamenti significativi della pressione sanguigna osservati in coloro che seguono una dieta mediterranea o un approccio dietetico per fermare l’ipertensione arteriosa (Dash). In particolare, l’effetto è stato più pronunciato nei partecipanti con ipertensione.

Siccome si tratta del primo studio su larga scale volto a indagare obiettivamente l’associazione tra un composto bioattivo specifico e la salute, il risultato è una constatazione oggettiva dell’associazione tra i flavonoli – che si trovano nel tè e in alcuni frutti – e la pressione sanguigna. Questa ricerca conferma i risultati di precedenti studi di intervento dietetico e dimostra che gli stessi risultati possono essere ottenuti con una dieta abituale ricca di flavonoli. Nella dieta britannica, le fonti principali sono il tè, il cacao, le mele e i frutti di bosco.

Anche il metodo riveste la sua importanza: l’uso dei biomarcatori nutrizionali per stimare l’assunzione di composti alimentari bioattivi è stato a lungo considerato il gold standard per la ricerca, in quanto consente di misurare l’assunzione in modo oggettivo. A differenza dei dati dietetici autodichiarati, i biomarcatori nutrizionali possono affrontare l’enorme variabilità della composizione degli alimenti.

Siccome la differenza maggiore è stata osservata nei partecipanti con la pressione sanguigna più alta, i ricercatori suggeriscono che se la popolazione generale aumentasse l’assunzione di flavonolo, ci potrebbe essere una riduzione complessiva dell’incidenza delle malattie cardiovascolari.

(Scientific Reports, http://dx.doi.org/10.1038/s41598-020-74863-7)

Michela Perrone

GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Obesità: “Misura il girovita e scopri il tuo rischio cardiometabolico”

Al via la campagna nazionale “Per un cuore sano, conta ogni centimetro”, promossa dalla Fondazione Italiana per il Cuore, con il  patrocinio del Ministero della Salute e il sost...
Sanità

Farmacia dei servizi. Cossolo (Federfarma): “In due anni, con nuova convenzione, sarà realtà in ogni parte d’Italia”

All’evento “We Health”, promosso da Homnya in collaborazione con Federfarma, il bilancio degli anni di sperimentazione dei nuovi servizi
Advocacy e Associazioni

Disabilità, Legge 62: “Da settembre 2025 sperimentazione estesa ad altre 10 province”

Il Ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli: “Il cambiamento è iniziato e indietro non si torna”