Il consumo di grandi quantità di alimenti ultra-processati (UPF) aumenta il rischio di morte prematura. Almeno questo è quanto emerge da uno studio internazionale pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine, secondo il quale gli alimenti UPF sono così dannosi per la salute che in alcuni paesi sarebbero responsabili di circa un decesso prematuro su sette. La ricerca, inoltre, ha rilevato che l’assunzione extra del 10% di alimenti UPF, come pane, dolci e piatti pronti, aumenta del 3% il rischio di morire prima di aver raggiunto i 75 anni d’età.
Da un’analisi dei dati relativi alla dieta e alla mortalità provenienti da otto paesi è emerso che gli alimenti UPF sono associati a 124.107 decessi precoci all’anno negli Stati Uniti e a 17.781 decessi ogni anno in Inghilterra. Secondo i ricercatori, a danneggiare la salute non sarebbero solo gli elevati livelli di grassi, sale e zucchero presenti negli UPF, ma anche additivi come dolcificanti e aromi. Quando gli studiosi hanno esaminato le indagini ufficiali precedentemente condotte nel Regno Unito e negli Stati Uniti, nonché in Australia, Brasile, Canada, Colombia, Cile e Messico, hanno riscontrato “un’associazione lineare dose-risposta tra il consumo di alimenti ultra-processati e la mortalità per tutte le cause”.
Mentre rispettivamente il 4%, il 5% e il 6% dei decessi prematuri in Colombia, Brasile e Cile sono “attribuibili al consumo di UPF”, la percentuale equivalente è del 10,9% in Canada, del 13,7% negli Stati Uniti e del 13,8% in Inghilterra, la percentuale più alta tra gli otto paesi. “I decessi prematuri attribuibili al consumo di alimenti ultraprocessati – spiegano i ricercatori – aumentano significativamente in base alla loro quota nell’apporto energetico totale degli individui. Un’elevata assunzione di UPF può influire significativamente sulla salute”. I tassi di mortalità sono più alti nei Paesi in cui la popolazione ricava la maggiore quantità di energia totale dall’assunzione di UPF.
In Inghilterra, secondo la National Diet and Nutrition Survey condotta nel 2018-19, la percentuale è del 53,4%. Ma negli Stati Uniti è ancora più alta: 54,5%. “Inizialmente abbiamo stimato un’associazione lineare tra la quota alimentare di UPF e la mortalità per tutte le cause, per cui ogni aumento del 10% nella partecipazione di UPF alla dieta aumenta il rischio di morte per tutte le cause del 3%”, afferma Augusto Fernandes Nilson, ricercatore principale dello studio presso la Fondazione Oswaldo Cruz in Brasile. “Gli UPF influiscono sulla salute – continua – oltre l’impatto individuale dell’elevato contenuto di nutrienti essenziali (sodio, grassi trans e zucchero) a causa delle modifiche apportate agli alimenti durante la lavorazione industriale e dell’uso di ingredienti artificiali, tra cui coloranti, aromi e dolcificanti artificiali, emulsionanti e molti altri additivi e coadiuvanti tecnologici. Pertanto, la valutazione dei decessi per tutte le cause associate al consumo di UPF consente una stima complessiva dell’effetto della lavorazione industriale degli alimenti sulla salute”.
Secondo i ricercatori, sebbene l’incidenza dei problemi di salute causati degli alimenti UPF sia più elevata nei paesi ad alto reddito, sta aumentando nei paesi a basso e medio reddito. Per questo gli studiosi hanno esortato i governi di tutto il mondo a introdurre misure coraggiose per contrastare gli UPF, tra cui una regolamentazione più severa del marketing alimentare e della vendita di alimenti nelle scuole e nei luoghi di lavoro, nonché tasse sui prodotti UPF per ridurne le vendite. I risultati si aggiungono al crescente numero di prove che collegano gli UPF a un rischio maggiore di malattie specifiche, come cancro e malattie cardiache, e a un rischio complessivo di morte prima dei 75 anni.
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