Prof. Rossini (Irccs San Raffaele Roma): «Serve una profonda revisione dell’organizzazione diagnostica per permettere su larga scala un’attività di diagnosi precoce su tutto il territorio»
«Un trionfo della ricerca scientifica e una prima concreta speranza per i pazienti». Questo il commento di Patrizia Spadin, fondatrice e presidente di AIMA, alla notizia dell’approvazione da parte della FDA (Food and Drug Administration) del farmaco Aducanumab: «Per la prima volta in vent’anni, è stata scoperta una molecola efficace sulla malattia e non solo sui sintomi. Siamo di fronte a una svolta storica, lo testimonia la gioia con cui le tantissime famiglie dei pazienti hanno accolto questa notizia pur nella consapevolezza che non saranno i loro cari a beneficiare di questa scoperta ma i malati di domani».
Con 20 associazioni territoriali, 15 centri d’ascolto e altrettanti gruppi operativi che operano in 10 regioni, AIMA – Associazione italiana malattia di Alzheimer è la prima organizzazione no-profit fondata in Italia nel 1985 a sostegno dei pazienti affetti da Alzheimer e delle loro famiglie.
«Adesso è il momento di dimostrare la nostra capacità di essere lungimiranti», ha proseguito Spadin. Oggi in Italia ci sono oltre un milione di persone affette da demenza. Di queste circa la metà soffrono di demenza di Alzheimer. Di questo ultimo gruppo circa il 10-15% è in una forma lieve e sono queste che in teoria potrebbero usufruire di questo trattamento. È a loro che dobbiamo pensare adesso. Appena questo farmaco – come spero – sarà reso disponibile anche in Europa e in Italia, ci permetterà di offrire loro una possibilità di cura. Dobbiamo attrezzarci perché il sistema sanitario possa intercettarli tempestivamente con una diagnostica adeguata garantendo il diritto all’accesso alla terapia. È una sfida che dobbiamo e possiamo vincere».
«Di fronte a una malattia così aggressiva e devastante, l’unica opzione che abbiamo è debellarla, ha concluso Patrizia Spadin. Non sappiamo ancora se questo farmaco sarà quello che ci permetterà di farlo definitivamente, ma sicuramente da oggi si è aperta la strada a un nuovo approccio terapeutico grazie agli anticorpi monoclonali. Dobbiamo essere tutti felici di questo momento storico senza precedenti».
Il Prof. Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di neuroscienze-neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele Roma e coordinatore progetto nazionale INTERCEPTOR finanziato da AIFA, al quale AIMA ha chiesto un commento, ha dichiarato: «Anche questa approvazione della Food and Drug Admninistration pone l’accento sull’importanza di una diagnosi precocissima (senza la quale non si intercettano le forme iniziali di Alzheimer). L’Italia, grazie ad un progetto finanziato da AIFA e dal Ministero della Salute, iniziato nel luglio 2018 e che si concluderà nel 2023 (Progetto INTERCEPTOR), si sta dotando di uno strumento in grado di identificare le forme precoci o prodromiche di Alzheimer. È però indispensabile capire che l’attuale organizzazione diagnostica che ruota attorno al tema della demenza necessiterà di una profonda revisione per permettere su larga scala un’attività di diagnosi precoce su tutto il territorio nazionale».