Sono oltre 10mila le firme raccolte dalla petizione del sindacato Nursing Up, che ha lanciato un appello online il 16 marzo scorso sulla situazione organizzativa degli infermieri in trincea sull’orlo del collasso. «In queste ore continuiamo a ricevere da parte di infermieri impegnati nelle attività di contrasto al Coronavirus nelle aziende sanitarie delle regioni del […]
Sono oltre 10mila le firme raccolte dalla petizione del sindacato Nursing Up, che ha lanciato un appello online il 16 marzo scorso sulla situazione organizzativa degli infermieri in trincea sull’orlo del collasso. «In queste ore continuiamo a ricevere da parte di infermieri impegnati nelle attività di contrasto al Coronavirus nelle aziende sanitarie delle regioni del nord Italia, valanghe di segnalazioni sulle pessime condizioni in cui si trovano costretti ad operare. Vi sono realtà dove nonostante si venga a contatto con persone infette, sulla base delle decisioni di fonte istituzionale, i colleghi sono costretti a lavorare come nulla fosse, in attesa dell’effettuazione dei tamponi, e i tamponi arrivano anche dopo una settimana. Pure le altre delegazioni regionali del sindacato segnalano ogni giorno che l’assenza di mascherine, tamponi e dispositivi di sicurezza ha raggiunto ormai livelli di gravità». Con queste parole inizia la petizione del Nursing Up Lombardia.
«Dispositivi di fortuna, per di più erogati con il contagocce – prosegue – e in alcuni casi vengono addirittura fornite mascherine ben lungi dal garantire la qualità che si deve, fatte con materiali che nulla hanno a che vedere con quelli delle mascherine Ffp2 o Ffp3 che invece gli infermieri dovrebbero usare, in svariate condizioni di esposizione a rischio, e non solo in caso di aerosolizzazione. A tutto questo, se già non fosse abbastanza, si aggiunge anche la previsione, contestata dal nostro sindacato, contenuta nell’articolo 7 del D.L. 9 marzo 2020 n.14, con la quale viene previsto che i dipendenti soggetti alla sorveglianza sanitaria debbano continuare a lavorare come nulla fosse, anche se potenzialmente infetti, con il pericolo di essere loro stessi vettori di infezione verso le famiglie ed il resto del mondo. Tale previsione è pericolosa e deve essere cancellata senza indugio in sede di conversione».
«Insomma, non si può pensare di affrontare l’emergenza a danno della salute degli infermieri – si legge nell’appello – perché in un momento come questo chi mette a rischio gli infermieri danneggia i cittadini e ciò vale anche per coloro i quali, investiti delle proprie responsabilità istituzionali, non ancora si rendono conto che un infermiere non protetto è un soggetto che, più di chiunque altro rischia di ammalare, e che se si ammala viene messo fuori gioco. Certo è che un infermiere fuori gioco oggi equivale ad una garanzia assistenziale in meno per il cittadino. Non va bene nemmeno quanto previsto in un recente Decreto, dove si è deciso di prevedere incarichi temporanei agli infermieri necessari per l’emergenza. Registriamo, infatti, che all’ombra della minaccia chiamata Coronavirus, si è deciso di assumere 15mila infermieri, peccato che poi, invece di ringraziare tutti i professionisti ai quali viene chiesto di scendere in campo in un momento delicato e pericoloso come questo, le aziende sanitarie vengono lasciate libere di mandarli a casa da disoccupati. Questo per ogni persona di buon senso è davvero troppo».
Nella petizione gli infermieri spiegano: «Non è la prima volta che in Italia si danno incarichi a breve scadenza, ma questo non è quello che serve al nostro SSN ora. Come sindacato siamo profondamente convinti che sarà molto difficile reperire colleghi disponibili a farsi assumere in un momento delicato e pericoloso come questo, stante la loro consapevolezza di ritrovarsi a casa con un solenne ben servito dopo sei mesi di trincea oppure di trovarsi comunque disoccupato a distanza di due anni. Ci chiediamo cosa farebbe qualsiasi cittadino, se egli stesso fosse un infermiere e se gli venisse proposto di essere assunto a tempo determinato in un momento di emergenza come questo, quindi di lavorare con gravi limitazioni dei dispositivi di prevenzione individuali e mettendo a repentaglio l’incolumità fisica propria e quella della famiglia, nella consapevolezza che esiste una norma che consentirà all’azienda sanitaria di rimandarlo a casa al più tardi dopo due anni, il tempo necessario per spremerlo ben bene e senza complimenti».
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«In definitiva, noi infermieri vogliamo continuare a fare il nostro lavoro con coscienza e professionalità. Abbiamo sino ad ora messo a disposizione la nostra competenza e dedizione in favore dei cittadini per mero spirito di civico servizio, ma abbiamo il sacrosanto diritto di farlo in sicurezza». Dal momento in cui la petizione è partita sono troppo pochi i miglioramenti che riscontrati sul territorio e quindi risulta necessario dargli il massimo impulso possibile. Sotto il profilo dell’informazione, il Nursing Up ha chiesto sin dal primo momento dati dettagliati sul numero di infermieri infettati. Il dato sconvolgente e preoccupante, giunto dopo un mese dalla Protezione civile, vede più di 4mila colleghi positivi e oltre 20 vittime del virus, ma siamo certi che sia un tragico bilancio destinato a salire lasciando gravi tracce di sindrome post traumatica da stress. «Da settimane chiediamo che le aziende sanitarie predispongano servizi di assistenza psicologica in favore degli operatori sanitari – riporta la petizione – perché la situazione che si è creata è dilaniante e rappresenta un viatico per gravi sequele di tipo post traumatico e burnout a danno degli infermieri, ma ciò nonostante, incomprensibilmente, anche qui ci si oppone un assurdo silenzio».
Per tutte le ragioni sopra esposte, nel documento Nursing Up ha chiesto al Governo «di attivarsi immediatamente per risolvere le gravi carenze denunciate mettendo in sicurezza infermieri ed altri operatori sanitari impegnati nella lotta al coronavirus; di impegnarsi all’immediata costituzione in disponibilità di ogni tipo di Dispositivo di Protezione Individuale agli infermieri che svolgono la loro attività professionale in condizioni di rischio da Coronavirus come indicato dai protocolli internazionali (camici, calzari, tute contenitive, caschi, guanti etc.), ma anche mascherine di tipologia FFP2 e/o FFP3 a seconda dei casi, perché gli infermieri sono esposti costantemente al contagio; di impegnarsi affinché vengano effettuate assunzioni di infermieri a tempo indeterminato, perché il nostro SSN risente ormai da anni di gravi contrazioni di organico e, superata l’emergenza, tali professionisti possano continuare a lavorare per un servizio sanitario universale, solidale e di qualità a disposizione dei cittadini; di impegnarsi in sede di conversione del D.L. 9 marzo 2020 n.14, a cancellare la previsione da noi contestata, contenuta nell’ articolo 7 , con la quale viene previsto che i dipendenti soggetti alla sorveglianza sanitaria (perché venuti a contatto con soggetti positivi al Coronavirus) debbano continuare a lavorare come nulla fosse, anche se potenzialmente infetti, con il pericolo di essere loro stessi vettori di infezione verso le famiglie ed il resto del mondo».
Ma è ancora più corposo il cahiers de doleances oggetto della petizione, che sono state avanzate all’esecutivo da parte del Nursing Up. Alle Regioni il sindacato infermieristico ha chiesto «di dare tempestive rassicurazioni ai responsabili territoriali del Nursing Up, affinché questi possano tranquillizzare i colleghi sulla disponibilità di camici idonei, di calzari, ma anche mascherine e guanti di ogni tipo, necessari per impedire il contagio; di dare tempestive indicazioni alle aziende sanitarie dei territori di competenza, affinché si provveda ad una massiva attività di coinvolgimento e di informazione dei professionisti infermieri ivi operanti, per le loro elevate competenze professionali e per l’apporto che possono fornire in tema di attività che attengono alla gestione organizzativa dell’emergenza».
La petizione sulla piattaforma Change.org si conclude sollecitando gli organi di stampa a sostenere gli infermieri dando loro una mano per sensibilizzare le istituzioni perché «proteggere gli infermieri significa proteggere sé stessi mentre ai cittadini rivolgiamo l’invito a rimanere a casa nella consapevolezza che ognuno può fare la sua parte per sconfiggere il virus» concludono.
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