La presidente Costa: «Una firma sulla dichiarazione dei redditi può fare la differenza». Capasso (Federico II): «Meccanismi genetici comuni ad altre malattie». Conte (Gaslini) su aspettative di vita: «Risultato non ancora soddisfacente, ma incoraggiante»
La ricerca scientifica per la cura dei tumori pediatrici sotto il nome di “Neuroblastoma” può aiutare a comprendere i meccanismi genetici associabili ad altre patologie, tumorali e non solo.
“Curare i nostri bambini con Neuroblastoma per curare anche altri tumori”, è in sintesi la speranza e l’appello dell’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma. Che va avanti con la sua campagna del 5×1000 finalizzata alla raccolta fondi per diversi filoni di ricerca, come ad esempio il Progetto GENEDREN, volto a studiare le alterazioni genetiche alla base di questo tumore infantile. Un progetto coordinato dal ricercatore Mario Capasso, professore associato di Genetica medica all’Università “Federico II” di Napoli, responsabile del servizio di bioinformatica per NGS CEINGE, centro della rete GENEDREN attivo nel campo delle biotecnologie avanzate costituito da Azienda ospedaliera-universitaria “Federico II” e Università “Federico II”.
Proprio il professor Capasso spiega perché l’impegno della scienza per la cura del Neuroblastoma riguarda “meccanismi genetici comuni” ad altre malattie. Il ricercatore parte da una premessa: «Il Neuroblastoma è un tumore pediatrico che origina da un difetto dello sviluppo embrionale. Infatti, le cellule embrionali dette ‘cellule della cresta neurale’, che normalmente generano diversi tessuti come quelli del cuore e delle ghiandole del surrene, possono interrompere, a causa di diversi fattori biologici e genetici non ancora del tutto noti, la loro fase di crescita e quindi generare un tumore». Da qui le conclusioni: «Questa peculiare origine rende i meccanismi molecolari e genetici responsabili dello sviluppo del Neuroblastoma comuni all’insorgenza non solo di altri tumori, ma anche di altre patologie non tumorali».
Un esempio di questi punti di contatto tra Neuroblastoma e altre patologie arriva dal gruppo di bioinformatici e biologi del CEINGE: «Utilizzando un enorme numero di dati genetici, il mio gruppo – dichiara ancora il professor Capasso – ha dimostrato che le varianti genetiche che predispongono al Neuroblastoma sono le stesse che predispongono al melanoma e alle malattie congenite del cuore».
A sostegno di studi come questo, l’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma e l’impegno della dottoressa Sara Costa, socia fondatrice dell’organizzazione che presiede sin dal 1996 e madre di Luca, bambino che non ce l’ha fatta a superare il tumore. Da qui l’invito ad aderire alla raccolta fondi per la ricerca che vede il 5×1000 tra gli strumenti di donazione disponibili. «Il 5×1000 – afferma la presidente Costa – è un modo per sostenere la ricerca scientifica molto importante e molto semplice: ogni donatore, con una semplice firma sulla dichiarazione dei redditi nell’apposita sezione, senza rendersene conto può rappresentare colui che fa la differenza e consente di sostenere ricercatori di eccellenza per la cura dei tumori infantili».
Si tratta di uno studio che mira a identificare le alterazioni genetiche che predispongono al Neuroblastoma. Più in particolare, l’obiettivo consiste nello studio di queste alterazioni per individuare le molecole in grado di “spegnere” l’attività degenerante delle cellule tumorali, come sottolinea la Fondazione Neuroblastoma, ente collegato per finalità e storia all’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma.
La stessa Fondazione fa parte della rete del progetto GENEDREN con il Laboratorio della Città della Speranza di Padova. Anche altri centri d’eccellenza italiani vi aderiscono: oltre al CEINGE di Napoli, l’Istituto Gaslini di Genova, il Dipartimento di medicina sperimentale (DIMES) di Genova, il CIBIO (dipartimento di biologia cellulare, computazionale e integrata) dell’Università di Trento.
Il Neuroblastoma è un tumore infantile: colpisce generalmente i bambini in età prescolare, è la prima causa di morte entro il primo anno di vita e il terzo tumore per frequenza dopo le leucemie e i tumori cerebrali. Nel mondo l’incidenza totale è di circa 15mila nuovi casi all’anno di cui circa 140 in Italia. Di passi in avanti ce ne sono stati grazie alla ricerca aiutata anche dall’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma.
Questi i dati sull’aspettativa di vita spiegati da Massimo Conte, pediatra presso l’unità operativa complessa di oncologia pediatrica dell’Istituto Gaslini di Genova, vicepresidente dell’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma, coordinatore del Gruppo Italiano per la Lotta al Neuroblastoma per AIEOP (Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica). «Attualmente – afferma il dottor Conte – la sopravvivenza complessiva a cinque anni dalla diagnosi è intorno al 70% per tutti i bambini affetti da Neuroblastoma; alla fine degli anni Ottanta non raggiungeva il 40%, perciò abbiamo guadagnato circa trenta punti percentuali. Se invece ci limitiamo ai bambini con Neuroblastoma metastatico all’esordio (che purtroppo sono la maggioranza), la sopravvivenza attuale è intorno al 45%, era il 20% negli anni Ottanta. In sintesi, un bambino su due con Neuroblastoma ad alto rischio oggi più guarire. Il risultato – conclude il pediatra – non è ancora soddisfacente, ma sicuramente incoraggiante».
L’associazione nasce il 23 luglio del 1993 scegliendo come sua sede legale e “naturale” l’Istituto “Giannina Gaslini” di Genova. Le sue origini si legano alla volontà di madri e padri che hanno vissuto l’esperienza della malattia dei propri figli, ma anche su impulso di oncologi frustrati dagli scarsi successi terapeutici ottenibili in quegli anni nel Neuroblastoma.
Il proposito dell’associazione è quello di finanziare progetti di ricerca per individuare terapie sempre più innovative, personalizzate ed efficaci per la cura del Neuroblastoma e di altri tumori solidi in età pediatrica. Le iniziative di raccolta fondi promosse dall’associazione sono tante. Sono attività basate sulla logica di rete, di cooperazione, sull’impegno di genitori attivi in diverse parti d’Italia, ma anche di realtà istituzionali e di molte altre persone desiderose di fare la propria parte per sostenere la ricerca, il lavoro di tante ricercatrici e ricercatori e dare un motivo di speranza in più alle bambine e ai bambini in attesa di nuove cure.
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