Contributi e Opinioni 1 Dicembre 2020 14:55

Demenze, con lockdown situazione peggiorata. Guidolin (M5S): «Sanità frammentata, rendere operativo piano nazionale»

Al webinar “Le demenze e l’incidenza dell’emergenza Covid-19: scenari attuali e prospettive future” hanno partecipato anche laceo di Alzheimer’s Disease International Paola Barbarino, la presidente della Sindem Amalia Cecilia Bruni, lo scrittore Flavio Pagano e il segretario generale della Federazione Alzheimer Italia Mario Possenti

Testimonianze, racconti, ricordi, ma anche un confronto deciso sulla necessità che l’Italia finanzi al più presto il Piano nazionale per le demenze rendendolo operativo. È quanto emerso dal Webinar “Le demenze e l’incidenza dell’emergenza Covid-19: scenari attuali e prospettive future“, organizzato dalla senatrice del MoVimento 5 Stelle Barbara Guidolin, componente della Commissione Lavoro di Palazzo Madama, con la partecipazione della ceo di Alzheimer’s Disease International Paola Barbarino, la presidente della Sindem Amalia Cecilia Bruni, lo scrittore Flavio Pagano e il segretario generale della Federazione Alzheimer Italia Mario Possenti.

«In questa emergenza – ha spiegato Guidolin – è emersa tutta la frammentarietà del servizio sanitario nazionale. Quindi parlare di obiettivi nazionali e finanziare il piano nazionale delle demenze, rendendolo operativo, è uno dei punti di forza del disegno di legge che ho presentato per migliorare la qualità dell’assistenza ai pazienti. Dall’altro lato non si può parlare di assistenza senza parlare delle figure professionali che vi si dedicano: gli operatori socio-sanitari su cui ho depositato un altro disegno di legge per prevedere una formazione adeguata e un riconoscimento preciso. Infine, i caregiver familiari, su cui la senatrice Nocerino ha un suo ddl e in questa legge di bilancio viene istituito un fondo ad hoc».

Le ha fatto eco Barbarino evidenziando «l’importanza del lavoro che si sta portando avanti grazie a questi tre disegni di legge. L’Adi rappresenta 102 nazioni e lavora con i governi proprio per l’attuazione dei piani. Ci sono 50 milioni persone al mondo che vivono con la demenza con circa 200 milioni persone che sono coinvolte per un costo di circa un trilione di dollari a livello globale. L’Oms vorrebbe che 170 nazioni firmassero un piano nazionale per il 2020-2025, ma negli ultimi sei anni ne abbiamo visti 5, quest’anno ce ne sono stati 4. Dovremmo averne 25 l’anno affinché questo obiettivo venga centrato».

Anche perché con il lockdown portato dalla pandemia Covid-19, ha spiegato Bruni, «la situazione è precipitata. Novanta centri in Italia si sono mobilitati per cercare di capire l’impatto sui pazienti affetti da demenze. Oltre 5.400 pazienti sono stati intervistati ed è emerso un grave peggioramento del quadro clinico. L’evoluzione armonica di un paziente preso in carico e ben trattato in casa vede un decorso della malattia lento, invece in questa situazione il 60% dei pazienti è precipitato in un modo drammatico dal punto di vista dei disturbi comportamentali con la necessità di ricorrere ad altri farmaci. E in alcune regioni d’Italia hanno suggerito ai medici di lasciar uscire alcune tipologie di pazienti, in altre purtroppo non è avvenuto questo e la maggior parte dei pazienti non si è ancora ripreso».

Questo perché, ha evidenziato Possenti, «noi non abbiamo un sistema sanitario, ne abbiamo 20 diversi. C’è una mancanza di supporti territoriali e da anni lottiamo affinché si costruisca una rete integrata. È necessario infatti che il percorso di malattia venga seguito anche da un punto di vista socio-assistenziale. Durante la pandemia abbiamo ricevuto telefonate drammatiche sia di persone con malati in casa sia di chi aveva un familiare ricoverato nelle Rsa. In Italia ci sono più di un milione di persone con demenza e una persona su 5 mancata in questa pandemia aveva una forma di demenza. Purtroppo questa emergenza ha fatto emergere molte inefficienze e molte scelte sbagliate come far entrare malati Covid-19 nelle Rsa, che ha avuto conseguenze drammatiche. È quindi necessario e urgente ripensare tutto il modello di assistenza».

In questo senso, ha concluso Pagano, «queste iniziative sono l’inizio di una vera e propria rivoluzione culturale. Riconoscere la figura del caregiver, per esempio, è sicuramente una svolta e un primo importante passo di una strada ancora lunga, ma che quantomeno abbiamo iniziato a percorrere».

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