«I principi della Dichiarazione dei diritti umani soni meravigliosi ma completamente disattesi nella realtà», spiega il Segretario generale Fials Giuseppe Carbone
«Giornata mondiale dei diritti umani: che non sia solo una vuota celebrazione ma l’occasione per ricordare che anche la salute è un diritto riconosciuto dai trattati internazionali, affinché venga garantito a ogni persona indistintamente, ricca o povera che sia. Ma non vediamo in Italia particolari sforzi in tal senso, né segni di cambiamento significativi nelle politiche sanitarie dell’attuale Governo, che intende destinare alla sanità solo 9 miliardi sui 200 del Recovery Plan. Risorse del tutto inadeguate a rinforzare un SSN dissanguato già prima della pandemia. Calpestando in un sol colpo i diritti dei malati, anche non Covid, di essere curati e i diritti del personale sanitario, precarizzato e sottopagato, a un lavoro dignitoso». Così Giuseppe Carbone, segretario generale del sindacato Fials, in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani.
Ricordiamo che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, prevede anche i diritti economici, sociali e culturali. Non ultimo quello al lavoro, a una remunerazione equa e soddisfacente, e al riposo. Diritto inalienabile che peraltro in Italia è sancito dalla nostra Costituzione all’art.36, in cui si legge: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi».
«Tutti principi meravigliosi, ma totalmente disattesi nella realtà – attacca Carbone – che vede centinaia di migliaia di operatori sanitari impegnati h24, sette giorni su sette, già prima della lotta al Coronavirus, con turni senza fine per la mancanza di personale, riposi saltati sine die. Per non parlare della disorganizzazione che causa aggressioni e malcontento».
I numeri parlano chiaro: quasi il 90% – circa 239mila infermieri – è stato vittima di violenza durante la sua vita professionale, lo dice un recente studio dell’Università Tor Vergata. E per oltre 130mila colleghi (il 58%) si è trattato di un’aggressione fisica. «Ebbene ci chiediamo – conclude il segretario generale – dove siano finiti i diritti di questi lavoratori. In una giornata come questa, Fials invita le autorità a una riflessione approfondita sul disastro del modello Italia, anche per rispetto ai 61.739 italiani morti per Covid. Dove sono i diritti dei cittadini ad un’assistenza adeguata? E dov’è la dignità di un lavoro svolto senza tutele?».