Lavoro, volontariato e cura dei nipoti fanno bene alla salute degli anziani. Infatti, si sentono e sono oggettivamente più sani gli anziani attivi rispetto ai coetanei che lo sono meno, specie se all’invecchiamento attivo si associa anche un buon livello di istruzione. È il risultato di uno studio condotto da Bruno Arpino del Dipartimento di Scienze politiche […]
Lavoro, volontariato e cura dei nipoti fanno bene alla salute degli anziani. Infatti, si sentono e sono oggettivamente più sani gli anziani attivi rispetto ai coetanei che lo sono meno, specie se all’invecchiamento attivo si associa anche un buon livello di istruzione. È il risultato di uno studio condotto da Bruno Arpino del Dipartimento di Scienze politiche e Sociali della Universitat Pomepu Fabra (UPF) a Barcellona nell’ambito del progetto di ricerca europeo intitolato CREW e cofinanziato dalla Join Program Initiative More Years Better Lives, in collaborazione con l’Università Cattolica, sede di Roma.
Il progetto CREW riguarda quattro grandi temi. «In primo luogo – spiega il professor Arpino – analizzeremo i fattori che influenzano il benessere della popolazione anziana nella sua multidimensionalità, considerando sia aspetti legati alla salute fisica o mentale, sia al benessere soggettivo e alla situazione economica. In secondo luogo, studieremo in che misura prendersi cura degli altri (nipoti, genitori, coniuge, ecc.) – un’attività molto frequente soprattutto in alcuni paesi e tra le donne – incide sul benessere e le decisioni lavorative. In terzo luogo, analizzeremo le sfide poste ai sistemi pensionistici come conseguenza di cambiamenti nelle dinamiche familiari e nel mercato del lavoro. Infine – continua il professor Arpino – esamineremo la popolazione di anziani senza parenti stretti, le sue caratteristiche e condizioni di salute».
Lo studio sull’invecchiamento attivo, apparso sul Journal of Aging and Health, analizza le diseguaglianza in salute tra persone anziane con livello di istruzione differente: «L’ipotesi fondamentale che abbiamo voluto testare – spiega l’esperto – è se queste diseguaglianze (o parte di esse) possono essere spiegate dal diverso grado di invecchiamento ‘attivo’ degli anziani, cioè il livello individuale di partecipazione ad attività quali lavoro pagato, volontariato, attività sociali e cura dei nipoti. Abbiamo trovato che per alcuni indicatori di salute fino al 30% delle diseguaglianze possono essere spiegate dal diverso grado di ‘active ageing’ e che anziani con più elevato grado di istruzione tendono a essere più attivi»
Pur essendo difficile stabilire in via definitiva l’esistenza di un nesso di causa-effetto tra l’abitudine a svolgere diverse attività e la garanzia di una vecchiaia in salute, «questo studio è stato realizzato proprio per scartare la possibilità di una causalità inversa (ovvero gli anziani più sani tendono ad essere più attivi proprio in virtù del loro stato di salute): infatti, abbiamo utilizzato dati longitudinali, ossia abbiamo misurato le condizioni di salute dei partecipanti e la loro partecipazione ad attività all’inizio dello studio e abbiamo visto come l’abitudine a svolgere attività di vario genere inizialmente si associava a un migliore stato di salute due anni dopo» conclude il professor Arpino.