Screening per il diabete alla poltrona dell’odontoiatra e screening per l’infiammazione gengivale nello studio del diabetologo: in un documento congiunto gli specialisti stabiliscono il percorso per la diagnosi precoce di due malattie legate a doppio filo, che riguardano complessivamente oltre 12 milioni di italiani
Per spezzare il circolo vizioso fra diabete e parodontite arriva il ‘doppio screening’ da dentista e diabetologo: in un documento congiunto di Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP), Società Italiana di Diabetologia (SID) e Associazione Medici Diabetologi (AMD) sono stati appena stabiliti i criteri per la diagnosi precoce delle due malattie, legate a doppio filo e minaccia concreta per la salute di 12 milioni di italiani. Gli 8 milioni di pazienti con parodontite, l’infiammazione estesa delle gengive, hanno infatti il 20% di probabilità in più di sviluppare diabete; i circa 4 milioni di diabetici hanno proprio la parodontite come sesta complicanza più frequente. Con poche, semplici domande il dentista potrà identificare i pazienti con infiammazione gengivale per i quali è opportuno il test della glicemia, mentre il diabetologo durante la visita periodica dovrà fare attenzione a sintomi come sanguinamento, gonfiore o dolore gengivale e ipersensibilità o mobilità dentale, invitando i pazienti a controlli odontoiatrici annuali anche in assenza di sintomi. Il documento congiunto delle tre società scientifiche sarà a disposizione dei professionisti per indicare i corretti percorsi diagnostici e di screening, mentre un decalogo informativo predisposto da SIdP sarà distribuito dai diabetologi ai loro pazienti, così da informarli sulle corrette modalità di prevenzione e gestione dell’infiammazione gengivale.
«I parodontologi possono svolgere un ruolo chiave nell’intercettazione delle persone ad alto rischio di sviluppare diabete e nella diagnosi precoce di questa malattia in coloro che non sanno di esserne affetti: da oggi c’è uno strumento condiviso per riuscirci, grazie al nuovo documento congiunto SIdP – AMD – SID che stabilisce le regole per lo screening – spiega Luca Landi, presidente SIdP –. L’odontoiatra può identificare i pazienti che dovrebbero essere sottoposti alla valutazione del glucosio nel sangue semplicemente rivolgendo loro poche domande. È opportuno che si sottopongano al test per la glicemia tutti gli over 45 con parodontite che da oltre 3 anni non controllano i livelli di zuccheri nel sangue e tutti i pazienti con indice di massa corporea superiore a 25, quindi in sovrappeso od obesi, che abbiano almeno uno fra fattori di rischio come ad esempio la familiarità per diabete di tipo 2, l’ipertensione o una terapia antipertensiva in corso, il colesterolo HDL basso e/o i trigliceridi alti, la sedentarietà. Nelle donne, sono fattori di rischio il parto di un neonato di oltre 4 chili o la sindrome dell’ovaio policistico. Altrettanto importante fare attenzione, durante la visita, a sintomi riferiti dal paziente e indicativi di diabete come polidipsia e poliuria, infezioni genito-urinarie ricorrenti, calo di peso e astenia».
Il diabetologo d’altro canto, oltre a informare i suoi pazienti del maggior rischio di malattia parodontale e del filo rosso che lega le due malattie, potrà contribuire allo screening della malattia parodontale chiedendo al paziente durante la visita di controllo se abbia sanguinamento, gonfiore o fastidio gengivale, ipersensibilità o mobilità dei denti, alitosi. Oltre a suggerire ai pazienti di rivolgersi all’odontoiatra in caso di bocca secca, bruciore o comparsa di chiazze biancastre indicative di micosi, il diabetologo dovrebbe motivarli anche a sottoporsi a controlli annuali anche in assenza di dolore o altri sintomi, data la prevalenza di parodontite nei diabetici. Il documento, inoltre, raccomanda ai medici di ispezionare il cavo orale, con particolare attenzione alle gengive, in occasione della prima visita e dei controlli successivi.
«La malattia parodontale va certamente annoverata tra le patologie cui le persone con diabete sono, relativamente ai non diabetici, maggiormente predisposte – afferma Agostino Consoli, Presidente della Società Italiana di Diabetologia – Può essere in effetti considerata una delle complicanze della malattia diabetica. Un primo screening della malattia parodontale (sia anamnestico che ispettivo) deve certamente far parte della visita diabetologica ma, soprattutto, la persona con diabete va educata anche dal diabetologo alla igiene della bocca ed incoraggiata a sottoporsi con regolarità a sedute di igiene orale».
«Diabete e parodontite sono due condizioni strettamente correlate. Il diabete può associarsi ad un aumento della gengivite e parodontite cronica, con un rischio per la persona con diabete fino a 2-3 volte maggiore rispetto ad una persona che non ne è affetto – commenta Paolo Di Bartolo, presidente AMD. “La parola d’ordine è ancora una volta prevenzione. Tramite interventi di screening sarà possibile orientare quei soggetti che ignorano la propria condizione ad una diagnosi precoce di diabete con l’obiettivo di intervenire tempestivamente e ridurre i rischi complicanze. La collaborazione avviata insieme a SIdP e SID conferma l’importanza di realizzare un’assistenza quanto più integrata a tutela della salute delle nostre persone».
Oltre al documento congiunto destinato ai medici, SIdP, SID e AMD hanno firmato anche un decalogo rivolto ai pazienti, che i diabetologi potranno distribuire nei loro ambulatori: semplici regole di prevenzione e gestione della salute orale che possono migliorare la comprensione dei percorsi diagnostici e il controllo dei fattori di rischio orali, a tutto vantaggio anche della gestione metabolica. «Il biofilm orale, la dieta, il tabacco e, in parte, l’alcool rappresentano i principali fattori di rischio per le malattie del cavo orale ma tabacco, dieta e alcool sono alla base delle principali malattie croniche non trasmissibili, fra cui il diabete – specifica Nicola Marco Sforza, presidente eletto SIdP -. Gli odontoiatri, promuovendo interventi di lotta ai fattori di rischio per le malattie della bocca, attuano un approccio denominato di “contrasto al rischio comune”: in pratica i benefici delle loro iniziative preventive si spalmano non solo sulla tutela della salute del cavo orale ma anche sulle condizioni extra-orali che riconoscono i medesimi fattori di rischio».