Contributi e Opinioni 27 Maggio 2022 15:38

‘Trappola demografica’, esperti a confronto. M5S: «Non rassegniamoci alla denatalità, invertire la rotta con politiche ad hoc»

Tanti esperti e demografi intervenuti al convegno “Superare l’inverno demografico: la vera sfida post Covid” che si è svolto presso la Sala Tatarella della Camera dei deputati. Il leader M5S Giuseppe Conte: «Per invertire questa tendenza non esistono formule magiche, ma urgono interventi strutturali su occupazione femminile, autonomia e responsabilizzazione dei giovani, costruzione di asili nido, servizi alla famiglia»

«L’Italia non può rassegnarsi al calo demografico e al fatto che tra qualche decennio, come ha spiegato l’Istat, rischiamo di avere milioni di italiani in meno. In questi anni abbiamo messo in campo politiche in aiuto delle giovani coppie, come il Family Act e l’assegno unico, e con le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza abbiamo aumentato la spesa per gli asili nido, soprattutto al sud dove mancano strutture. È un buon inizio ma tutto ciò non è ancora sufficiente, dobbiamo lavorare a fondo e, anche grazie al supporto degli esperti, mettere a punto politiche per invertire una tendenza che ormai dura da troppo tempo». Così Francesca Galizia e Francesco Berti, deputati del MoVimento 5 stelle, che hanno aperto il convegno ‘Superare l’inverno demografico: la vera sfida post Covid’ che si è svolto presso la Sala Tatarella della Camera dei deputati.

Tanti i professori e gli esperti intervenuti: Cinzia Buccianti, professore associato di Demografia dell’Università di Siena, Alessandro Rosina, Professore Ordinario di Demografia dell’Università Cattolica di Milano, Corrado Bonifazi, ricercatore associato, già Dirigente di ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Corrado Bonifazi, ricercatore associato, già Dirigente di ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Maria Carmela Padula, Biologa esperta in Biologia della Nutrizione per la Riproduzione presso l’università degli Studi della Basilicata, Alain Parant, Demografo presso l’INED di Parigi, e il moderatore Pierpaolo D’Urso – Professore ordinario di Statistica, Direttore del dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche, Prorettore per la “Formazione del personale”, La Sapienza – Roma.

Nel corso dell’appuntamento si è collegato anche il Presidente del MoVimento 5 stelle Giuseppe Conte: «L’indicazione generale che ci arriva dagli esperti è quella di trattare gli incentivi per la natalità, tra cui servizi alla famiglia e incentivi fiscali, come politiche a sé stanti su cui fare di più. I numeri sono drammatici: nel 2021 l’Italia ha avuto meno di 400mila nati a fronte di oltre 700mila decessi. Di questo passo, come sottolineato da Istat, senza interventi decisi il nostro Paese rischia di perdere 4 milioni di abitanti nei prossimi 20 anni. Per invertire questa tendenza non esistono formule magiche, ma urgono interventi strutturali su occupazione femminile, autonomia e responsabilizzazione dei giovani, costruzione di asili nido, servizi alla famiglia».

Ampio il dibattitto tra gli esperti, che hanno messo in luce un quadro preoccupante che arriva da molto lontano: «Alla base dei pochi nati negli ultimi decenni – spiega Cinzia Buccianti, professore associato di Demografia dell’Università di Siena – ci sono fattori sociali, culturali ed economici. Il punto di svolta si è avuto dal 2014 quando siamo scesi a 500mila nati. Nel 2021 il 70% dei comuni italiani ha perso abitanti. L’impatto economico di questa tendenza potrà essere molto forte: se continuerà questo trend avremo una riduzione di 4 milioni di abitanti al 2040 che può portare a una riduzione del 7per cento del Pil. L’assegno unico familiare è un primo passo ma serve promuovere la cultura della famiglia, un modello culturale che dia giusta importanza ai bambini».

«La bassa fecondità compie quasi 40 anni e la colpa non è dei giovani di oggi – spiega Letizia Mencarini, professore ordinario di Demografia dell’Università Bocconi -. Il 1977 e il 1984 hanno segnato due rivoluzioni nel nostro comportamento riproduttivo. Il 1977 ha segnato il passaggio alla fecondità sotto il livello di sostituzione. Dal 1984 questo tasso è andato sotto gli 1,5 figli per donne. Da allora oscilla ma non ha più superato gli 1,5. Ecco che scatta la ‘trappola demografica’: oggi sono quasi 12 milioni di donne in età feconda, in venti anni questo numero scenderà a 9 milioni e mezzo. Anche se aumenterà il tasso di fecondità potremo avere comunque meno nati. Per uscire servono politiche favorevoli alla famiglia e creare una narrazione positiva del futuro: serve più equità sociale, fare figli non deve essere un privilegio».

«Il problema demografico è uno dei principali del paese – concorda Corrado Bonifazi, ricercatore associato, già Dirigente di ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche -. Una concatenazione di eventi ha creato una crisi perfetta, cominciata durante la crisi economica del 2008. Il saldo naturale è stato in equilibrio fino al 2008, poi il deficit demografico è aumentato in modo consistente e abbiamo avuto anche una forte riduzione dei flussi migratori. Per uscirne occorre superare le diseguaglianze di genere, territoriali e sociali, rafforzare i servizi per l’infanzia, politiche di conciliazione lavoro famiglia, diminuire il ritardo della transizione all’età adulta, anticipare il primo figlio, promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro».

«L’Italia è il primo paese dove gli over 65 hanno superato gli under 15 – spiega Alessandro Rosina, Professore Ordinario di Demografia dell’Università Cattolica di Milano -. Anche se manteniamo la fecondità costante le nascite andranno a diminuire. Gli under 30 sono stati tra i più colpiti dalla pandemia con la riduzione dei propri progetti di vita durante le ondate e non hanno recuperato nulla tra un’ondata e l’altra. I progetti ci sono, ora vanno implementati o non si riuscirà a cambiare il trend».

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