L’alluvione delle Marche era impossibile da prevedere perchè, secondo il Cnr, è avvenuto per circostanze particolari. La Sima sottolinea un aumento della frequenza di eventi estremi a causa dei cambiamenti climatici
Nove morti, di cui due ancora da identificare. Quattro dispersi, tra cui due minorenni. E centinaia di sfollati. Questo è al momento il bollettino delle vittime dell’alluvione nelle Marche. Una tragedia «imprevedibile», secondo Giulio Betti, ricercatore presso il Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale (LaMMA), l’Istituto di Biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’Associazione di Meteorologi e Tecnici Meteorologi Professionisti (Ampro). Ma che, secondo la Società italiana di medicina ambientale, è anche una tragedia annunciata, se si considera la maggiore frequenza con cui stanno avvenendo eventi estremi come quest’ultimo, a causa dei cambiamenti climatici.
«Gli episodi come quello verificatosi nelle Marche avvengono in circostanze molto particolari e sono estremamente difficili, se non impossibili, da prevedere», spiega Betti. «Da un punto di vista meteorologico – continua lo scienziato – abbiamo assistito a un periodo fortemente siccitoso, seguito da una configurazione meteorologica molto particolare. Nei giorni scorsi si è formato un flusso di correnti Sud-Occidentali cariche di umidità e molto miti, che hanno provocato temperature elevate in gran parte della penisola. All’interno di questo flusso si sono attivati temporali a livello locale». Calda e ricca di energia e umidità, questa corrente stabile ha provocato temporali persistenti, concentrati in aree geografiche molto ristrette.
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«Nel caso specifico – commenta Betti – il temporale di ieri ha insistito per ore nello stesso punto e veniva continuamente alimentato dalla massa d’aria umida e calda di origine Sud-Occidentale. Il problema è che questo tipo di configurazione meteorologica non è prevedibile con gli strumenti attuali. Sappiamo che in casi come questo i temporali possono manifestarsi in modo violento, per cui possiamo diramare allerte e richiamare l’attenzione, ma stabilire con precisione la localizzazione, la temporizzazione e l’intensità degli eventi è estremamente difficile, se non impossibile”.
Disastri ambientali di questo tipo, pur essendo impossibili da prevedere, sono comunque attesi. «In Italia gli eventi estremi legati al clima continuano ad aumentare», afferma la Sima. «Sono oltre 130 dall’inizio del 2022, il numero più alto della media annua dell’ultimo decennio, 1.318 dal 2010. Tra record di caldo, acquazzoni intensi, grandinate, trombe d’aria e alluvioni, l’impatto del cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti e i dati sull’accelerazione di questi fenomeni sono sempre più preoccupanti», aggiunge.
Spiega il presidente Sima, Alessandro Miani: «Le temperature sempre più elevate dovute ai cambiamenti climatici fanno accumulare molta energia nei sistemi atmosferici, che si riversa al suolo attraverso fenomeni meteorologici sempre più intensi e frequenti, aumentandone a dismisura la pericolosità. A causa nostra nubifragi, alluvioni, trombe d’aria e cicloni in futuro saranno più numerosi e distruttivi».
«L’anomala distribuzione delle precipitazioni sta prendendo sempre più la forma di eventi estremi concentrati in autunno-inverno, talora associati ad uragani mediterranei: 60 negli ultimi 40 anni, ma con previsioni di 3 nuovi eventi annui», dice Miani. Dal 2010 a luglio 2022, questa l’analisi di Sima, nella nostra penisola si sono verificati 1.318 eventi estremi con conseguenze enormi sul territorio e sui cittadini 516 allagamenti da piogge intense, 367 danni trombe d’aria, 123 esondazioni fluviali, 55 frane da piogge intense.
«Come Sima – aggiunge Miani – condividiamo la linea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui qualsiasi azione che vada nella direzione di ridurre le emissioni climalteranti è da considerarsi anche un positivo intervento di sanità pubblica e chiederemo al prossimo Governo di rimettere al centro del nuovo programma il rispetto degli Accordi di Parigi sottoscritti dall’Italia e nell’ambito della Zero Pollution e Forest Strategy europee, a cominciare dal lancio di una grande e capillare campagna di riforestazione da realizzarsi senza ritardi da parte di Regioni e Comuni».
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