Lo scioglimento dei ghiacciai perenni è un’altra conseguenza del troppo caldo, Miani (SIMA): «Diminuiscono le riserve idriche di acqua dolce ed emergono virus “antichi” e sconosciuti agli esseri umani. Questi patogeni, negli anni, potrebbero dar vita a nuove epidemie»
Il 2022 è l’anno più caldo degli ultimi duecento anni. A -64 giorni dalla notte che segnerà l’ingresso nel 2023, gli esperti possono affermarlo quasi con assoluta certezza: difficilmente la temperatura di novembre e dicembre, pur se dovessero calare di molto e all’improvviso, potrebbero far mutare l’attuale media stagionale.
Ma come siamo arrivati fin qui, ad indossare abiti estivi anche alle porte di novembre? «Le cause del caldo torrido di questa estate, così come delle temperature autunnali che, seppur gradevoli, superano la media stagionale, vanno ricercate indietro nel tempo. I cambiamenti climatici, infatti, dipendono dal surriscaldamento della bassa atmosfera, ovvero del suolo, cominciato sin dall’era industriale», spiega il professore Alessandro Miani, presidente della SIMA, la Società Italiana di Medicina Ambientale.
Tuttavia, non si tratta di un evento sporadico: il 2022 potrebbe essere ricordato come solo il primo di una lunga serie di anni terribilmente caldi. «Per questo, è necessario intervenire per cambiare rotta – aggiunge Miani -. Temperature troppo alte, come quelle registrate in estate, porteranno oltre che ad aumento inevitabile della siccità, anche a migrazioni e gravi carestie. Anche le nostre abitudini di vita subiranno dei mutamenti». Cattive notizie pure per chi soffre di patologie respiratorie come asma ed allergie: «Avere un autunno caldo significa anche prolungare la stagione dei pollini e delle fioriture», sottolinea il presidente della SIMA.
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Ma non tutti i mali vengono per nuocere. «Quest’anno, considerando la crisi energetica in atto, le gradevoli temperature autunnali sono un grande aiuto per le famiglie italiane. Non dovendo ricorrere all’utilizzo di impianti di riscaldamento le bollette da pagare saranno meno salate», dice il presidente SIMA. Ma se la situazione dovesse perdurare, il risparmio di quest’anno non coprirebbe le spese che ci si troverà ad affrontare nei prossimi anni per far fronte a tutti i mutamenti indotti dai cambiamenti climatici. «Il prolungarsi delle stagioni calde influirà anche sull’agricoltura che dovrà essere riadattata alle nuove condizioni climatiche, non senza costi. Così come il caldo torrido protratto aumenterà gli incendi e l’inquinamento atmosferico che ne deriva», sottolinea il professore.
Lo scioglimento dei ghiacciai perenni è un’altra conseguenza dell’innalzamento delle temperature. «Con lo scioglimento dei ghiacciai perenni diminuiscono le riserve idriche di acqua dolce che, riversandosi nel mare, ne innalzano il livello. Nel mar Mediterraneo l’aumento stimato è di circa un metro. Un ulteriore effetto, oggetto di recenti studi, è la possibilità che dallo scioglimento dei ghiacciai perenni possano emergere dei virus “antichi”, sconosciuti agli esseri umani. Alcuni di questi sono stati già rilevati e sono sotto la lente dei ricercatori che ne stanno valutando la potenziale pericolosità.
In queste stesse zone, se le temperature dovessero continuare ad innalzarsi e i ghiacciai perenni a sciogliersi, potremmo assistere all’insediamento di alcuni specie animali che, entrando in contatto con eventuali virus, potrebbero veicolarli agli esseri umani. Ma per ora sono solo ipotesi che, seppur degne di attenzione – conclude Miani – non rappresentano motivo di imminente allarme».
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