La qualità dell’aria in Europa è migliorata notevolmente negli ultimi due decenni. Tuttavia, la maggior parte della popolazione europea vive in aree che superano i livelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Sono le conclusioni si uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications
La qualità dell’aria in Europa è migliorata notevolmente negli ultimi due decenni. Tuttavia, la maggior parte della popolazione europea vive in aree che superano i livelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Più precisamente, secondo i parametri dell’Oms, circa il 98% degli europei vive in aree con livelli insalubri di piccole particelle note come PM2.5, l’80% di quelle più grandi note come PM10 e l’86% di biossido di azoto. Almeno questi sono i dati emersi da uno studio condotto dal Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal), il quale ha esaminato i livelli di inquinamento in oltre 1.400 regioni in 35 paesi europei, che rappresentano 543 milioni di persone. “Sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2.5 e di ozono”, afferma Zhao-Yue Chen, ricercatore di ISGlobal e autore principale dello studio pubblicato sulla rivista Nature Communications.
I risultati dello studio mostrano che i livelli complessivi di particolato sospeso (PM2,5 e PM10) e di biossido di azoto (NO2) sono diminuiti nella maggior parte dell’Europa. Il PM10 ha avuto una diminuzione annua del 2,72%, il PM2.5 ha avuto una diminuzione annua del 2,45% e c’è stata una diminuzione annua del NO2 dell’1,72%. Le minuscole particelle definite PM2.5 e PM10 sono abbastanza piccole da penetrare in profondità nei polmoni e sono state collegate a un’ampia gamma di problemi di salute, tra cui malattie cardiache, cancro e nascite premature. Si stima che siano collegati alla morte prematura di oltre 400.000 persone ogni anno in tutta Europa. Gli esperti affermano che oltre 200.000 di questi decessi potrebbero essere prevenuti se l’aria in Europa rispettasse le linee guida dell’Oms.
L’inquinamento da particolato deriva dalla combustione di combustibili solidi e liquidi, principalmente attraverso la produzione di energia, il riscaldamento domestico e il traffico automobilistico. Può anche formarsi nell’aria a seguito di reazioni chimiche tra altri inquinanti. “La nostra stima fornisce una solida base per la ricerca futura e lo sviluppo di politiche per affrontare la gestione della qualità dell’aria e i problemi di salute pubblica in tutta Europa”, sottolinea Carlos Pérez García-Pando, uno degli autori dello studio. Molte città europee hanno implementato zone a basse emissioni per i veicoli, riducendo l’inquinamento da particolato, e alcuni paesi, tra cui la Polonia, hanno ridotto la loro dipendenza dalle stufe a carbone. Le direttive UE sulle emissioni industriali hanno aiutato le imprese a ridurre l’inquinamento.
Rimangono però degli “hotspot“. Durante il periodo di studio, i livelli di PM2,5 e PM10 erano più alti nel Nord Italia e nell’Europa orientale. Livelli elevati di NO2 sono stati registrati nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel Sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. Livelli elevati di NO2 possono contribuire allo sviluppo dell’asma e potenzialmente aumentare la suscettibilità alle infezioni respiratorie.
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