One Health 9 Settembre 2024 10:32

Invecchiamento: “Non può essere fermato, ma almeno rallentato: ecco come”

I risultati di due studi a confronto: una ricerca ha mostrano i benefici ottenuti da chi viaggia per turismo, un'altra il ruolo strategico della proteina 'Oser1'
Invecchiamento: “Non può essere fermato, ma almeno rallentato: ecco come”

“L’invecchiamento è un processo irreversibile ma se non può essere fermato, può essere almeno rallentato”, parola di Fangli Hu, ricercatrice dell’Università Edith Cowan di Perth che ha condotto uno studio sulla longevità. Come? “Viaggiando”. La ricerca australiana mostra come viaggiare, specie per turismo, rallenti l’invecchiamento e rafforzi lo stato di salute. La studiosa ha applicato al turismo la teoria dell’entropia, definita come degrado della materia e dell’energia nell’universo e ha concluso che il viaggiare può attivare suoi cambiamenti, sia positivi che negativi. Esempi di viaggio che possono ridurre l’entropia e potenziare lo stato di salute, includono un turismo che espone le persone a nuovi ambienti, o comporta attività fisica e interazioni sociali positive. Hu spiega che i viaggi  spesso comportano attività come escursioni, scalate, camminate e cicloturismo, che sono di beneficio alla salute, ancora di più se in luoghi nuovi e con persone nuove, grazie al maggiore stimolo mentale.

Viaggiare rinforza il sistema di autodifesa

“Sono esperienze che stimolano risposte di stress, elevano i tassi metabolici e potenziano il sistema immunitario. In breve, il sistema di autodifesa diventa più resiliente. Si rilasciano ormoni che conducono alla riparazione dei tessuti ed elevano i tassi metabolici”, aggiunge. Anche le attività di viaggio più rilassanti, come sdraiarsi a bordo piscina o sulla spiaggia, possono aiutare ad alleviare stress cronico, rilasciare tensione e fatica nei muscoli e nelle giunture, mantenendo l’equilibrio metabolico nell’organismo. Non tutte le esperienze di viaggio sono, tuttavia, di beneficio, come avventure che risultano in incidenti, lesioni, malattie infettive e altre malattie, che aumentano l’entropia e compromettono lo stato di salute. Ulteriore ricerca è stata ora avviata per esaminare i benefici del turismo per persone con demenza lieve, con indicazioni che viaggiare migliori la loro qualità di vita a rallentare il loro deterioramento.

Il ruolo della proteina ‘Oser1’

Ma le buone notizie non finiscono qui: anche chi non ama viaggiare può contribuire a rallentare il suo inesorabile processo di invecchiamento prestando attenzione a poche semplici regole: avere un sonno regolare, fare esercizio fisico, avere una buona vita sociale ed un’alimentazione ricca di frutta e verdura. Non solo. I ricercatori dell’Università di Copenaghen hanno aggiunto un altro tassello alle conoscenze già note sul tema, scoprendo il ruolo della proteina ‘Oser1’. Tale proteina, infatti, sembra avere una grande influenza sulla longevità e potrebbe aprire la strada a nuove cure.

Ecco un nuovo fattore pro-longevità

Non è la prima volta che viene individuata un’associazione tra una proteina e una migliore predisposizione al vivere più a lungo e in salute. Un precedente studio coordinato da Annibale Puca del Gruppo MultiMedica di Milano e Paolo Madeddu dell’Università di Bristol, aveva individuato nei centenari il ruolo della proteina BPIFB4, nella sua variante Lav. Ora, grazie ad un lavoro i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications, il team danese ha identificato un nuovo fattore pro-longevità: “si tratta di una proteina che esiste in vari animali, come i moscerini della frutta, i bachi da seta e gli esseri umani”, afferma Lene Juel  Rasmussen, autrice senior del nuovo studio.

La ricerca continua…

I ricercatori hanno scoperto Oser1 studiando un gruppo più ampio di proteine ​​regolate dal principale fattore di trascrizione Foxo, noto come hub regolatore della longevità.  “Abbiamo trovato 10 geni che, quando abbiamo manipolato la loro espressione, hanno cambiato la longevità. Abbiamo deciso di concentrarci su uno che sembrava avere un influenza maggiore, il gene Oser1”, afferma Zhiquan Li, primo autore del nuovo studio. Dopo averlo studiato in modelli animali, i ricercatori sono ora concentrati sul ruolo del gene negli esseri umani, “ma fino ad  oggi è stato pubblicato molto poco su questo”, precisano. L’obiettivo è che l’identificazione fornisca nuovi bersagli farmacologici per le malattie legate all’età, come quelle  cardiovascolari e neurodegenerative.

 

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