L’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico aumenta il rischio di sviluppare coaguli di sangue nelle vene profonde, con esiti potenzialmente letali. È quanto emerge da uno studio statunitense pubblicato su Blood
L’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico aumenta il rischio di sviluppare coaguli di sangue nelle vene profonde, con esiti potenzialmente letali. È quanto emerge da uno studio statunitense, finanziato dal National Institutes of Health (NIH). Noti collettivamente come tromboembolismo venoso (TEV), questi coaguli possono causare trombosi venose profonde ed embolie polmonari, che, se non trattate in modo tempestivo, possono mettere a rischio la vita dei pazienti.
Negli Stati Uniti il TEV colpisce fino a 900.000 persone ogni anno. Molti casi si verificano dopo un intervento chirurgico, ma altri fattori, tra cui l’età, lunghi periodi di inattività, malattie cardiache, gravidanza e genetica, possono aumentare il rischio. Anche l’inquinamento atmosferico, tuttavia, avrebbe un ruolo in tal senso, favorendo i processi infiammatori e la coagulazione del sangue. Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista Blood, ha coinvolto 6.651 adulti provenienti dalle sei principali aree metropolitane statunitensi: New York, Baltimora, Chicago, Los Angeles, Minneapolis e Winston-Salem, North Carolina. Monitorati dal 2000 al 2018, il 3,7% dei partecipanti ha sviluppato coaguli di sangue nelle vene profonde che hanno richiesto cure ospedaliere.
Analizzando la qualità dell’aria nelle aree di residenza dei pazienti, i ricercatori hanno riscontrato un aumento del rischio di TEV pari al 39% nei casi di esposizione ad alti livelli di particolato fine (PM2.5). Queste minuscole particelle possono essere inalate da diverse fonti, tra cui il fumo delle centrali elettriche a carbone e gli incendi boschivi. Gli ossidi di azoto e il biossido di azoto, spesso presenti nei gas di scarico dei veicoli, sono stati invece associati ad un incremento del rischio di coagulazione compreso tra il 121% e il 174%.
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