Gli scienziati cinesi hanno analizzato i dati di quasi 400mila persone, con un’età media di 56 anni, conservati nella Biobanca del Regno Unito concludendo che “le persone che vivono nelle zone più verdeggianti sono esposte a un rischio minore di osteoporosi perché gli alberi e le piante agiscono come filtri naturali, rimuovendo le sostanze inquinanti dall’aria”
Lo smog non avvelena solo l’aria e, di conseguenza, il nostro sistema respiratorio. Nuoce anche alla salute delle ossa. A dimostrarlo è una ricerca pubblicata online sugli ‘Annals of the Rheumatic Diseases‘ e condotta dagli scienziati cinesi della Central South University di Changsha (Hunan) e della Huazhong University of Science and Technology di Wuhan. Ma niente paura, gli stessi ricercatori offrono anche l’antidoto: il verde. Vivere in aree rigogliose, vicino a giardini o a parchi, infatti, può aumentare la densità ossea e ridurre il rischio di osteoporosi.
L’osteoporosi, condizione che rende le ossa fragili e soggette a fratture, causata da fattori genetici, ormonali e ambientali, può portare dolore cronico, mobilità ridotta e peggiore qualità di vita. “È già un problema sanitario a livello mondiale – evidenziano gli esperti -, ma la sua prevalenza globale è destinata ad aumentare con il rapido invecchiamento della popolazione e i cambiamenti nello stile di vita. Partendo dal fatto che l’esposizione agli spazi verdi è stata collegata a minori rischi di cattiva salute, gli autori hanno voluto approfondire se ciò si estenda anche al rischio di osteoporosi”.
Per condurre la ricerca, gli scienziati cinesi hanno analizzato i dati conservati nella Biobanca del Regno Unito su 391.298 persone, con un’età media di 56 anni, poco più della metà delle quali – il 53% – donne. Tutti avevano informazioni registrate sulla densità minerale ossea e fattori potenzialmente influenti tra cui etnia, reddito familiare annuo, livello di istruzione, stato lavorativo, zona residenziale, consumo di alcol, livelli di attività fisica, abitudine al fumo, dieta. Il loro rischio genetico di osteoporosi è stato calcolato utilizzando un punteggio e poi con un metodo di misurazione ampiamente utilizzato è stata determinata la quantità di spazio verde nella loro area residenziale. Le esposizioni medie annuali agli inquinanti ossido di azoto (NO2) e particolato Pm2,5 sono state stimate sulla base del codice postale residenziale e dei dati del progetto Escape, che sta esaminando gli effetti a lungo termine sulla salute dell’esposizione allo smog in Europa.
Ogni partecipante è stato monitorato e durante un periodo medio di 12 anni si sono verificati nuovi casi di osteoporosi in 9.307 persone. Era più probabile che fossero anziani, donne, fumatori e pensionati e avevano anche maggiori probabilità di avere un livello di istruzione inferiore e di essere economicamente più svantaggiati. Ma è emersa anche un’associazione coerente tra la quantità di spazi verdi e i nuovi casi di osteoporosi. Gli autori hanno stimato l’indice di vegetazione calcolando la distanza dal verde residenziale disponibile in un intervallo compreso tra 300 e 1.500 metri. Con aumenti di questo indice, sono stati riscontrati un aumento della densità minerale ossea e un rischio inferiore del 5% di sviluppare osteoporosi. I principali fattori nell’associazione osservata tra spazio verde e riduzione del rischio di sviluppare osteoporosi erano i livelli più bassi degli inquinanti NO2 e Pm2,5.
“Diversi studi – spiegano gli esperti – hanno dimostrato che l’esposizione allo smog può produrre stress ossidativo e infiammazione e alterare gli ormoni, fenomeni che aumentano il rischio di osteoporosi. Le persone che vivono nelle zone più verdeggianti saranno esposte a un rischio minore perché gli alberi e le piante agiscono come filtri naturali, rimuovendo le sostanze inquinanti dall’aria. Essere fisicamente attivi è stato anche associato a un minor rischio di osteoporosi, forse perché vivere in aree con spazi verdi offre maggiori opportunità di esercizio. Questo è uno studio osservazionale – puntualizzano gli autori – e come tale non può essere dirimente sulle cause”.
I ricercatori riconoscono anche diverse limitazioni, tra cui il fatto che “il calcolo dell’indice di vegetazione era basato su indirizzi residenziali, quindi potrebbe non aver definito con precisione la quantità effettiva di spazio verde”. E i partecipanti allo studio erano generalmente sani, quindi il potenziale di bias di selezione (un errore che deriva dall’utilizzo di campioni di popolazione che non rappresentano accuratamente l’intero gruppo target, ndr) non può essere escluso. Ma i risultati, concludono comunque gli scienziati, “presentano la prima prova che indica che il verde residenziale è associato a una maggiore densità ossea e a un ridotto rischio di sviluppare osteoporosi. E forniscono preziose informazioni sul potenziale” di piante e alberi “nel prevenire l’insorgenza della condizione, sottolineando l’importanza del verde urbano nello sviluppo di strategie efficaci”.
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