Miani (Sima): “L’assenza di normative nazionali riguardo alle distanze minime tra allevamenti avicoli e case circostanti o centri abitati rimane un elemento critico a discapito del benessere e della salute dei cittadini”
“Gli allevamenti rappresentano la seconda causa di smog in Italia e particolare preoccupazione destano gli impianti avicoli intensivi, sempre più diffusi per soddisfare il fabbisogno e l’export a basso costo di carne, uova e prodotti derivati, responsabili di tutta una serie di problematiche ambientali nel nostro Paese”. Lo afferma la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), lanciando un appello alle Regioni affinché si attivino per garantire la salute dei cittadini.
“Numerosi studi scientifici – continua la Sima – hanno dimostrato che gli impatti degli allevamenti avicoli sulla salute umana sono principalmente dovuti a produzione di elevate quantità di letame e quindi di azoto e altri nutrienti che possono causare eutrofizzazione dei corpi idrici superficiali e inquinamento delle falde sotterranee. Ancora, causano emissioni nell’aria di ammoniaca, idrogeno solforato, ossidi di azoto, e odori molesti, oltre che di PM2.5 e PM10. Aumentano pure la presenza di insetti e roditori a causa dell’elevata quantità di detriti organici, con conseguenti problemi igienico-sanitari; diffusione di batteri e virus, in particolare di ceppi di influenza aviaria sia ad alta che a bassa patogenicità”. Per la Sima il recente Decreto del Ministero della Salute sulla Biosicurezza in tema di influenza aviaria (GU n. 151 del 30/06/2023) che le Regioni sono tenute a recepire “è un valido primo passo, ma si è occupato essenzialmente di tutelare gli animali stabilendo le distanze tra gli allevamenti. Di fatto, però, nulla è stato deliberato a livello nazionale in merito a linee guida e normative per garantire la biosicurezza dei cittadini, definendo distanze appropriate tra allevamenti e nuclei abitati, strutture agrituristiche, case sparse di campagna, ecc..”.
“L’assenza di normative nazionali riguardo alle distanze minime tra allevamenti avicoli e case circostanti o centri abitati rimane dunque un elemento critico a discapito del benessere e della salute dei cittadini – afferma il presidente della Sima, Alessandro Miani –. Come Società scientifica auspichiamo che le Regioni comprendenti zone a rischio influenza aviaria attualmente in difetto di regolamenti specifici (tra queste Lazio, Marche, Umbria e Lombardia) si attivino urgentemente per introdurre leggi regionali volte a definire parametri di distanza più restrittivi in funzione del livello di rischio, della densità degli stabilimenti avicoli già presenti e delle caratteristiche territoriali, introducendo chiare indicazioni sulle distanze minime tra allevamenti avicoli e centri abitati in base a quanto riportato dalla letteratura scientifica (rischio chimico-fisico, biologico e sanitario associato, nonché soglie di inquinamento). A tale riguardo Sima si rende disponibile per un’attiva partecipazione alla stesura di norme e regolamenti regionali in linea con le attuali conoscenze tecnico-scientifiche e sanitarie in materia di allevamenti avicoli. È opportuno infatti aprire un dibattito sereno e basato su criteri scientifici e di vera sostenibilità, al fine di tutelare le produzioni di qualità e al contempo mitigare le problematiche legate allo sviluppo di modelli zootecnici – conclude Miani -non sempre adatti ai contesti agroambientali”.
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