Pandemie 19 Dicembre 2016 18:54

Aborto, relazione annuale su attuazione della legge 194/78. Il Ministro risponde…

di Beatrice Lorenzin - Ministro della Salute

E’ stata trasmessa al Parlamento il 7 dicembre 2016 la Relazione contenente i dati definitivi relativi agli anni 2014 e 2015 sull’attuazione della L.194/78 che stabilisce norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG).

I dati elaborati sono stati raccolti dal Sistema di Sorveglianza Epidemiologica delle IVG, che vede impegnati l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il Ministero della Salute e l’Istat da una parte, le Regioni e le Province autonome dall’altra.

Il monitoraggio avviene a partire dai modelli D12 dell’Istat che devono essere compilati per ciascuna IVG nella struttura in cui è stato effettuato l’intervento.

Dai dati emerge che nel 2015 il numero di IVG è inferiore a 90.000, infatti sono state notificate dalle Regioni 87.639 IVG, una diminuzione del 9,3% rispetto al dato del 2014, pari a 96.578 (-6.0% rispetto al 2013, quando erano stati registrati 102.760 casi). Le IVG cioè si sono più che dimezzate rispetto alle 234.801 del 1983, anno in cui si è riscontrato il valore più alto in Italia.

Tutti gli indicatori confermano il trend in diminuzione: il tasso di abortività (numero di IVG per 1000 donne tra 15 e 49 anni), che rappresenta l’indicatore più accurato per una corretta valutazione della tendenza del ricorso all’IVG, è stato 6,6 per 1000 nel 2015 (-8.0% rispetto al 2014 e -61.2% rispetto al 1983), era 7,1 nel 2014.

Il rapporto di abortività (numero delle IVG per 1000 nati vivi) nel 2015 è risultato pari a 185,1 per 1000 con un decremento del 5,7% rispetto al 2014, anno in cui questo valore è stato pari a 196,2 (da considerare che in questi due anni i nati sono diminuiti di 18.666 unità), con un decremento del 51.5% rispetto al 1983 (quando era 381,7).

Rimane elevato il ricorso all’IVG da parte delle donne straniere, a carico delle quali si registra il 31,% delle IVG sul totale del 2015, 33% nel 2014 (rispetto al 7% del 1995): un contributo che è andato inizialmente crescendo e che, dopo un periodo di stabilizzazione, sta diminuendo in percentuale, in numero assoluto e come tasso di abortività.

In generale sono in diminuzione i tempi di attesa, pur persistendo una non trascurabile variabilità fra le regioni; la mobilità fra le regioni e province è in linea con quella di altri servizi del Servizio Sanitario Nazionale: il 92,2% delle IVG nel 2015 viene effettuato nella regione di residenza, di cui l’87,9 nella provincia di residenza.

Riguardo l’esercizio dell’obiezione di coscienza e l’accesso ai servizi IVG, si conferma quanto osservato nelle precedenti relazioni al Parlamento: su base regionale e, per quanto riguarda i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore, anche su base sub-regionale, non emergono criticità nei servizi di IVG. In particolare, emerge che le IVG vengono effettuate nel 59.6% delle strutture disponibili, con una copertura adeguata, tranne che in Campania, Molise e P.A. Bolzano.

Il numero dei punti IVG è pari al 74% rispetto al numero di punti nascita, mentre il numero di IVG è pari a circa il 20% del numero di nascite. Confrontando poi punti nascita e punti IVG non in valore assoluto, ma rispetto alla popolazione femminile in età fertile, a livello nazionale, ogni 5 strutture in cui si fa una IVG, ce ne sono 7 in cui si partorisce. Infine, valutando le IVG settimanali a carico di ciascun ginecologo non obiettore, considerando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua 1.6 a settimana, un valore medio fra il minimo di 0.4 della Valle d’Aosta e il massimo di 4.7 del Molise.

Questo stesso parametro, calcolato a livello sub-regionale, mostra che anche nelle regioni in cui si rileva una variabilità maggiore, cioè in cui si rilevano ambiti locali con valori di carico di lavoro che si discostano molto dalla media regionale (3 Asl su 140), si tratta comunque di un carico di IVG per ciascun ginecologo non obiettore che non dovrebbe impegnare tutta la sua attività lavorativa. In undici regioni italiane una quota di ginecologi non obiettori, corrispondente all’11% a livello nazionale, non è assegnata ai servizi IVG dalle Regioni.

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