Quali sono le loro caratteristiche, in cosa differiscono e che risposte danno? La nota tecnica del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità risponde a queste domande
Attualmente i test da utilizzare in caso di sospetta infezione da SARS-CoV-2 possono essere suddivisi in tre grandi gruppi: tampone molecolare, tampone antigenico rapido, test sierologici. Quali sono le loro caratteristiche, in cosa differiscono e che risposte danno? L’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute hanno redatto una nota tecnica per rispondere a queste domande.
Questa metodica permette di identificare in modo altamente specifico e sensibile uno o più geni bersaglio del virus presenti nel campione biologico e di misurare in tempo reale la concentrazione iniziale della sequenza target. La rilevazione dell’RNA virale di SARS-CoV-2 eseguita in laboratorio da campioni clinici (in genere tamponi nasofaringei o orofaringei) ad oggi rimane il saggio di riferimento internazionale per sensibilità e specificità ed è in grado di rilevare il patogeno anche a bassa carica virale in soggetti sintomatici, pre-sintomatici o asintomatici. Per la complessità della metodica, la rilevazione di SARS-CoV-2 viene eseguita esclusivamente in laboratori specializzati con operatori esperti. Il risultato può esser ottenuto in un minimo di 3-5 ore ma situazioni organizzative e logistiche possono richiedere anche 1-2 giorni.
Negli ultimi mesi, sono stati sviluppati nuovi tipi di test (test antigenici rapidi) che promettono di offrire risultati più rapidamente, tra i 30 e i 60 minuti, con costi inferiori e senza la necessità di personale specializzato. Questi test valutano direttamente la presenza del virus nel campione. A differenza dei test molecolari, i test antigenici rilevano la presenza del virus non tramite il suo acido nucleico ma tramite le sue proteine (antigeni).
I test antigenici sono di tipo qualitativo (sì/no) e intercettano, tramite anticorpi policlonali o monoclonali, specifici peptidi (porzioni proteiche) della proteina S (Spike) o N (nucleocapside) presenti sulla superficie virale di SARS-CoV-2. Il test può risultare negativo se la concentrazione degli antigeni è inferiore al limite di rilevamento del test o se il campione è stato prelevato, trasportato o conservato in maniera inappropriata. Per questo, i produttori di questi kit evidenziano che un risultato negativo non esclude comunque la possibilità di un’infezione da SARS-CoV-2 e la negatività del campione, a fronte di forte sospetto di Covid-19, dovrebbe essere confermata con un test molecolare.
Il test rapido antigenico può essere utilizzato per l’identificazione dei contatti asintomatici dei casi, anche se questo tipo di test non è specificamente autorizzato per questa destinazione d’uso, poiché è stato dimostrato che i casi asintomatici hanno cariche virali simili ai casi sintomatici. Riguardo i test su tampone salivare, il dispositivo di rilevazione è lo stesso, ma cambiando il campione analizzato possono cambiare le caratteristiche di sensibilità e specificità del test.
I test sierologici rilevano l’esposizione al virus SARS-COV- 2 ma non sono in grado di confermare o meno se sia in atto un’infezione. Per questo, in caso di positività va effettuato un test molecolare su tampone per conferma. Come da circolare del Ministero della Salute 16106 del 9 maggio 2020, si ribadisce che «la qualità e l’affidabilità di un test dipendono in particolare dalle due caratteristiche di specificità e sensibilità, e pertanto, sebbene non sussistano in relazione ad esse obblighi di legge, è fortemente raccomandato l’utilizzo di test del tipo CLIA e/o ELISA che abbiano una specificità non inferiore al 95% e una sensibilità non inferiore al 90%, al fine di ridurre il numero di risultati falsi positivi e falsi negativi. Al di sotto di queste soglie, l’affidabilità del risultato ottenuto non è adeguata alle finalità per cui i test vengono eseguiti».
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