Atrofizza i muscoli, annientando le cellule nervose destinate alla stimolazione muscolare, conducendo alla morte nel giro di pochi anni. È la SLA, sclerosi laterale amiotrofica, crudele malattia diventata nota per aver colpito diversi sportivi, dal mito del baseball americano Lou Gehrig agli italiani Gianluca Signorini, Stefano Borgonovo e tanti altri ex calciatori. 40 su 30mila […]
Atrofizza i muscoli, annientando le cellule nervose destinate alla stimolazione muscolare, conducendo alla morte nel giro di pochi anni. È la SLA, sclerosi laterale amiotrofica, crudele malattia diventata nota per aver colpito diversi sportivi, dal mito del baseball americano Lou Gehrig agli italiani Gianluca Signorini, Stefano Borgonovo e tanti altri ex calciatori. 40 su 30mila ex calciatori monitorati, colpiti da SLA, questi i numeri da brivido. Ma che cos’è la SLA? E perché colpisce così tanti sportivi?
Che cos’è la SLA?
La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa caratterizzata da paralisi muscolare progressiva che riflette la degenerazione dei neuroni motori nella corteccia motoria primaria, nei tratti corticospinali, nel tronco cerebrale e nel midollo spinale.
L’incidenza è di circa 1 su 50mila casi all’anno, l’età media di insorgenza della SLA è di circa 60 anni. In generale, c’è una leggera preponderanza maschile (rapporto maschi-femmine di circa 1,5 : 1).
Circa due terzi dei pazienti affetti da SLA hanno una forma spinale della malattia (esordio con coinvolgimento di un arto) e presentano sintomi correlati a debolezza muscolare e atrofia focale. I sintomi iniziali possono interessare l’estremità distale o prossimale degli arti superiori e inferiori. A poco a poco, la spasticità degenera in atrofia, compromettendo l’abilità manuale e l’andatura.
I pazienti con forma bulbare della SLA presentano di solito disartria e disfagia per solidi o liquidi. I sintomi degli arti possono svilupparsi quasi contemporaneamente con i sintomi bulbari e nella stragrande maggioranza dei casi si verificheranno entro uno, due anni. La paralisi è progressiva e porta alla morte per insufficienza respiratoria entro due, tre anni per i casi a esordio bulbare e tre, cinque anni per i casi di forma spinale con esordio a interessamento degli arti.
L’eziologia della SLA
I geni codificano proteine, le mutazioni a carico dei geni si traducono in proteine malfunzionanti o assenti e la conseguenza di ciò è l’insorgenza di patologie diverse in base al ruolo della proteina coinvolta.
La maggior parte dei casi di SLA sono sporadici, ma il 5-10% dei casi sono familiari, e di questi il 20% coinvolge una mutazione del gene SOD1, circa il 2-5% coinvolge mutazioni del gene TARDBP e l’1-2% coinvolge mutazioni del gene VCP.
Come si diagnostica la malattia?
La diagnosi si basa sulla storia clinica, elettromiografia, e sull’esclusione di altre patologie neurodegenerative. Segni di danni ai neuroni motori superiori e inferiori non spiegati da qualsiasi altro processo patologico suggeriscono la presenza della SLA.
Gestione e trattamento della SLA
La gestione di SLA è di supporto, palliativa e multidisciplinare. La ventilazione non invasiva prolunga la sopravvivenza e migliora la qualità della vita. Il Riluzolo è l’unico farmaco utilizzato per il trattamento della SLA, che ha dimostrato di prolungare la sopravvivenza dei pazienti.
Perché la SLA colpisce gli sportivi?
Alcune categorie di sportivi, come i giocatori di football americano e di calcio, muoiono tre volte più rispetto al resto della popolazione per malattie neurodegenerative in generale, rischio che aumenta vertiginosamente per la SLA.
È il quesito che affronta Massimiliano Castellani, giornalista di Avvenire: cosa c’entra il calcio con la Sla?
“La maggior parte delle morti bianche del pallone – scrive Castellani – affondano nel calcio del dilettantismo, ancora più torbido ed esente dai controlli del dorato mondo professionistico. E’ sempre stato così, e fino a quando la tanto sbandierata nuova cultura sportiva non metterà inderogabilmente al vertice della classifica dei valori la salute degli atleti, non avanzeremo di un passo”.
Queste parole lasciano spazio alla riflessione. In Italia ci sono 5-6 mila malati di Sla e 30 deceduti nel solo mondo del calcio. Perché i calciatori presentano un rischio 24 volte maggiore, rispetto alla popolazione generale, di ammalarsi di SLA? Ci sono ipotesi, si raccolgono indizi per giungere a una soluzione che faccia comprendere la relazione tra alcuni sport e l’insorgenza di queste malattie. In questo momento ci sono solo ipotesi, nessuna certezza.
Sul banco degli imputati troviamo:
Se negli States i familiari di ex giocatori di football, colpiti da SLA, accusano la National Football League, di aver tenuto nascoste importanti informazioni sui danni cerebrali permanenti legati a questo sport praticato professionalmente, in Italia Raffaele Guariniello, procuratore della Repubblica di Torino, continua le indagini sull’ignota associazione tra calcio e frequenza superiore alla media di casi di SLA.
“La vita è come il calcio, non sai come andrà a finire”, diceva Krzystof Damian Nowak, calciatore polacco, morto di Sla come Signorini, Borgonovo e altri 28 ex calciatori italiani.