Lega, Forza Italia, M5S e Pd al lavoro. Approvata in giunta una mozione per incrementare i finanziamenti delle borse di studio in medicina generale e istituire un tirocinio professionalizzante
Secondo le stime della Federazione italiana dei medici di medicina generale, nei prossimi cinque anni, su base nazionale, andranno in pensione 14.908 medici di famiglia. Solo in Lombardia saranno 4167 i camici bianchi che cesseranno l’attività. Un dato che è stato oggetto di discussione e di confronto in Regione dove maggioranza e opposizione si sono attivati con alcune proposte.
A firma Lega, con contributi di Forza Italia e Cinque Stelle, è la mozione che impegna la Giunta a farsi portavoce presso il Governo nazionale di alcuni interventi, come ha sottolineato Emanuele Monti, presidente della Commissione sanità: «La carenza dei medici di base è un problema che va risolto in maniera tempestiva prima che si trasformi in una bomba sociale – ha commentato -. Per questo, in Consiglio regionale abbiamo approvato una mozione, proposta dalla Lega, con cui chiediamo ai Ministeri della Salute e dell’Università e della Ricerca di incrementare immediatamente i finanziamenti per le borse di studio in medicina generale, riportandole almeno alla quota prevista per il triennio 2019/2022 e di anticipare la fine del corso di formazione del triennio 2018/2021, al fine di permettere a 379 tirocinanti di diventare effettivi già nei prossimi mesi».
Una posizione che la Giunta ha avallato con la delibera approvata nei giorni scorsi che istituisce il tirocinio professionalizzante per consentire ai medici in formazione di concorrere all’assegnazione degli ambiti con carenze e riuscire ad assistere fino a mille pazienti. «Questo tirocinio andrà a sostituire l’attività svolta in affiancamento presso un ambulatorio del medico di medicina generale e parte dell’attività teorica – ha aggiunto Monti -. Ora ci aspettiamo un intervento del Governo sulle nostre proposte».
I medici di medicina generale chiamati in causa in un sondaggio di ATS Milano e Lodi sull’opportunità di ampliare il proprio bacino di pazienti hanno accolto l’idea con un certo riserbo. Soltanto 230 su un totale di 1100 intervistati hanno dato la propria adesione, gli altri hanno evidenziato problemi strutturali (spazi piccoli), amministrativi (privi di segretaria) o di supporto medico (mancanza di infermiere in ambulatorio).
Temi a cui il consigliere regionale Gregorio Mammì (M5S) ha cercato di dare, attraverso una mozione, una risposta. «Per convincere i medici di medicina generale ad aumentare il numero di assistiti abbiamo chiesto che vengano proposti degli incentivi economici e non, ma anche che si razionalizzi il lavoro del medico di base attuando alcune disposizioni di legge comunemente ignorate – ha concluso il consigliere – come la prescrizione in formato elettronico di classe C e di incentivare che la certificazione di malattia sia rilasciata direttamente dalla struttura o dal professionista sanitario interessato senza per forza passare dal medico di base».
Più critica la posizione del Partito Democratico con la consigliera Carmela Rozza: «Ci sono due piani di intervento da considerare – dichiara la consigliera del Pd –. Da un lato la mancanza di medici in alcuni quartieri periferici svantaggiati che chiama in causa Regione Lombardia e poi il problema nazionale che riguarda tutte le professioni mediche e infermieristiche per le quali vanno assolutamente aumentati i corsi universitari. Quindi per far fronte oggi al grave deficit che si è venuto a creare è opportuno dare incentivi ai medici di medicina generale disponibili ad andare a lavorare nei quartieri periferici e nelle zone più svantaggiate. Mentre è fondamentale aumentare le borse di studio e dare più utenti a chi è in fase di specializzazione per poi aumentare i posti di formazione universitaria per medici di medicina generale, specialistiche e professioni sanitarie. Questa sarebbe l’operazione immediata da fare, col tempo sarebbe utile far diventare la professione del medico di medicina generale appetibile in modo che il suo ruolo venga riconosciuto. Per concludere ritengo che il numero chiuso andrebbe abolito, ma siccome questo scatenerebbe la reazione di molti, dico che si potrebbe mediare, ampliando il numero dei posti disponibili».
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