Dopo le polemiche della settimana scorsa torna a parlare l’assessore alla Sanità dell’Emilia Romagna: «Serve più clinica per i medici, più responsabilità per le professioni sanitarie. Sono sicuro che il Ministro della Salute partirà proprio da qui per dare vita a una grande conferenza nazionale per avviare questo processo»
Una conferenza nazionale che porti a una nuova alleanza tra i professionisti della salute. La proposta arriva dall’Assessore alla Sanità dell’Emilia Romagna e Presidente del Comitato di Settore Regioni-Sanità della Conferenza delle Regioni Sergio Venturi nel corso del primo Congresso nazionale della Federazione TSRM e PSTRP in corso al PalaCongressi di Rimini.
Le parole di Venturi, accolte da numerosi applausi della platea, arrivano a distanza di una settimana dalle dichiarazioni rilasciate nella vicine Riccione al Congresso Fials nel quale l’assessore auspicava più competenze per il mondo delle professioni sanitarie. A Rimini Venturi ha voluto chiarire quelle parole che avevano provocato la reazione della Federazione degli Ordini dei Medici e di gran parte dei sindacati di categoria.
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«Forse sono stato troppo semplificatorio» sottolinea Venturi che aggiunge: «Se qualcuno di voi oggi mi dicesse ‘voglio fare il medico’ gli direi: certo, ti iscrivi a Medicina, fai la specializzazione. Non c’è task shifting. Ma è chiaro che non c’è anche reciprocamente. Il rispetto delle prerogative delle singole professioni è legato alle competenze acquisite nel proprio corso didattico».
Venturi ha poi ribadito di avere una «alta concezione della figura del medico» ma ha spiegato che oggi i camici bianchi «sono spesso soverchiati dalla burocrazia». A questo si uniscono altri problemi, come quello della carenza di specialisti: «Tutto ciò ci interroga. È uno dei cambiamenti più radicali degli ultimi 100 anni. Il nostro SSN, uno degli ultimi universalistici, dimostra che è possibile garantire ai cittadini prevenzione e cure gratuite». La soluzione è allora «un nuovo patto, una nuova alleanza delle professioni per garantire un SSN migliore di quello attuale». Venturi dunque si dice certo che «il Ministro della Salute partirà proprio da qui per fare una grande conferenza nazionale per avviare questo processo sperando che non servano altri 20 anni come sono serviti per gli Ordini per fare in modo che le professioni si rispettino le une con le altre».
Assessore, oggi a Rimini un evento che qualcuno ha definito “storico”, perché il maxi Ordine delle professioni sanitarie nasce a seguito di un processo ultraventennale. Perché è importante la costruzione di quest’Ordine?
«Perché deriva da una legislazione nazionale che purtroppo è stata molto lenta ad arrivare ai suoi primi effetti. E’ importante anche perché nel mondo gli Ordini delle professioni sono fondamentali da molti anni. C’è una situazione in grande movimento, ho citato l’Intelligenza artificiale e i big data, le terapie personalizzate o di precisione, insomma la diminuzione di importanza degli ospedali in favore della prevenzione del territorio. Sono tutti elementi di grandissima novità che hanno bisogno di un concerto e di una grande alleanza tra le professioni. Non è un tema che riguarda i sindacati, è un tema che riguarda gli Ordini, per questo è importante l’impegno di tutti a partire dalla questione della centralità della cura e della centralità della professione medica. Quindi non c’è alcun dubbio che oggi non si può fare a meno, per dare risposte di qualità, a tutte le professioni che ruotano intorno al paziente, lo sperimentiamo tutti i giorni nelle nostre case della salute con l’istituzione dell’infermiere di famiglia. Tutti noi abbiamo a che fare con i tecnici della prevenzione, della radiologia, della riabilitazione. Insomma è un mondo complesso, è una sanità che funziona sempre in maniera più integrata, a cominciare dai decisori politici ma, soprattutto, per quanto riguarda la qualità delle cure e dell’approccio da parte dei cittadini abbiamo bisogno di persone che si occupano e si impegnano a fare in modo che il valore aggiunto delle prestazioni derivi dall’integrazione delle professioni».
Il Presidente del maxi Ordine Beux ha parlato della necessità di superare il modello ospedalocentrico per una medicina più legata al territorio. Secondo lei questo è il futuro?
«E’ sicuramente il futuro se pensiamo che fino a qualche anno fa una malattia come l’epatite C portava al trapianto di fegato e oggi viene eradicata attraverso una cura che si fa a casa propria in poche settimane: questo dà la cifra di quanto l’ospedale rimanga il presidio più alto di tutti ma fortunatamente avremo sempre meno bisogno di ospedale per le cose gravi, per le cose molto complicate, ci andremo una o due volte in una vita ma tutto il resto dovremo essere in grado affrontarlo nelle case della salute, a domicilio, con la medicina di prossimità, con il medico di famiglia, l’infermiere di famiglia. Non è uno slogan, è che i cittadini oggi sono consapevoli che l’ospedale oggi è un luogo pericoloso in cui ci si può ammalare. Portare una persona con cronicità dentro un reparto ospedaliero significa esporlo a possibili gravi conseguenze che derivano dalle resistenze antibiotiche, ecc. Tutte le professioni sono d’accordo nello spostare fuori dall’ospedale i temi che sono quelli di oggi. Noi siamo molto bravi a trasformare le malattie acute in croniche (aids, diabete, insufficienza renale e cardiaca, ecc.) però abbiamo bisogno di fare in modo che vengano sorvegliate fuori dagli ospedali, di fare prevenzione ancora di più fuori dagli ospedali e il prossimo futuro fatto dovrà essere fatto sempre di più da prevenzione, terapie, riabilitazione che si fanno vicino a casa propria».
Si è chiarito poi con il presidente della Federazione degli Ordini dei Medici in merito alle sue dichiarazioni che hanno destato tante polemiche?
«Ho chiarito che naturalmente si può scivolare. Credo di aver semplificato in maniera esagerata le cose e questo non va mai bene prima di tutto perché ci sono stati dei fraintendimenti che vanno chiariti. Abbiamo la prossima settimana un incontro con la FNOMCeO a Roma nella sede della Conferenza delle Regioni, credo che sia il luogo pià adatto in cui chiarire definitivamente la buona volontà e la buona fede che anima tutti quanti. Ho detto che non abbiamo bisogno di conflitto tra le professioni, abbiamo bisogno di comunità di intenti, di un nuovo patto tra le professioni, abbiamo bisogno di una alleanza, perché solo attraverso una unità di intenti miglioriamo la qualità delle cure. Naturalmente partendo dalle competenze che vengono acquisite attraverso gli ordinamenti didattici. Che il medico sia centrale l’ho detto anche prima e non cambio idea. Penso però che la centralità del medico si conferma anche liberandolo da tutta una serie di attività burocratiche, attività formali, dalla medicina difensiva che sono tutti temi che lo distolgono dalla clinica. Quindi più clinica per i medici, più responsabilità per le professioni sanitarie. Questo è il punto di partenza e sono sicuro che il Ministro della Salute partirà proprio da qui per dare vita a una grande conferenza nazionale per avviare questo processo sperando che non servano altri 20 anni come sono serviti per gli Ordini per fare in modo che le professioni si rispettino le une con le altre. Da questo punto di vista spero di aver chiarito che lo scopo era nobile ma probabilmente ho usato delle frasi sbagliate. Se questo serve a smuovere le questioni, a convocare una conferenza nazionale penso che sia una cosa che alla fine potrebbe portare a un risultato positivo».