La deputata di Italia Viva Lisa Noja, raccogliendo la proposta del Presidente dei Lincei Giorgio Parisi, aveva presentato un’interrogazione alla Camera rimasta senza risposta: «Questa raccolta di dati disaggregati potrebbe essere utile anche per il futuro vaccino anti Covid»
«Tutti i dati sull’epidemia devono essere resi pubblici, ovviamente nel rispetto della privacy». Era questo uno dei punti principali dell’appello lanciato dall’Accademia dei Lincei lo scorso giugno e rimasto inascoltato. Il riferimento è ai dati disaggregati sui malati di Covid che arrivano dalle regioni e che gli scienziati dell’Accademia, guidati dal Presidente Giorgio Parisi, vorrebbero fossero pubblici, in modo da coinvolgere nel dibattito tutta la comunità scientifica. L’appello è stato rilanciato in Parlamento dalla deputata di Italia Viva Lisa Noja: una sua interrogazione sul tema presentata alla Camera è rimasta lettera morta e giace ancora inascoltata. E così i dati restano nell’esclusiva disponibilità dell’Istituto Superiore di Sanità.
«Insisterò per avere una risposta – spiega Noja a Sanità Informazione -. Rendere pubblici quei dati allargherebbe il dibattito, renderebbe più verificabili le indicazioni. È uno strumento che rafforza le scelte: basare prescrizioni su dati conoscibili e verificabili anche da parte di fonti indipendenti è una cosa che rafforza e dà più autorevolezza. Oggi alla fine ognuno può sentirsi libero di dire ‘i contagi sono qui piuttosto che lì’. Con quei dati tutti potrebbero verificare la bontà delle scelte compiute».
Uno dei problemi che ha per ora spinto il governo a non renderli noti è quello della privacy, ma «è un tema superabile, basta garantire che non possono ricondurre alle persone interessate» spiega la deputata che qualche settimana fa alla Camera aveva dato una lezione in Aula sull’uso della mascherina.
«Probabilmente si tratta di dati che andrebbero ulteriormente arricchiti – continua Noja -. Nell’attività di tracciamento che si fa, il fatto di avere una raccolta omogenea di più informazioni consentirebbe di essere più chirurgici nelle valutazioni. Non avendoli non si sa se ci sia bisogno di una riorganizzazione. Se ci sono alcuni aspetti che non sono valutabili o non vengono raccolti, o vengono raccolti in modo disomogeneo sui territori e nelle varie regioni, agiamo subito perché abbiamo un bisogno assoluto di omogeneità nella raccolta dei dati, che altrimenti diventano non confrontabili tra loro».
Noja spiega che bisogna fare di tutto per evitare la strada del lockdown che porterebbe «un impatto economico terribile» e proprio per questo avere dei dati quanto più precisi può essere il modo migliore per «prendere decisioni con rapidità, giuste, centrate sull’esigenza di capire dove c’è il problema dei contagi e dove no, evitando chiusure indiscriminate per settore o per territori, puntando a limitazioni solo dove si capisce che c’è un forte aumento di contagio».
«Nessuno ha questi dati tranne l’Istituto Superiore di Sanità – conclude la deputata di Italia Viva -. Siamo ancora in tempo per farlo. Non dobbiamo sempre agire solo sull’onda dell’emergenza. Questa raccolta di dati potrebbe essere utile anche in una prospettiva di vaccino anti Covid per capire quali sono le categorie più esposte in termini sanitari, ma anche per individuare le aree più a rischio. Avere servizi sanitari differenziati rende un po’ disomogenea la disponibilità dei dati: tra le cose che ci può insegnare questa pandemia è quella di standardizzare e rendere più pubblici e trasparenti i dati sanitari perché ci servirà anche in futuro».
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