Solo la Lega si è astenuta sul parere. Il relatore e vicepresidente della Commissione Sanità Giovanni Endrizzi: «L’ossatura del decreto è stata ampiamente riconosciuta». Poi una stoccata al presidente veneto Zaia: «A gennaio aveva detto no ai tamponi alle persone asintomatiche che tornavano dalla Cina, ora li vuole fare a tappeto. Cosa è cambiato?»
«L’emergenza dovrà essere sfruttata come occasione per ripensare a tanti aspetti della nostra vita, a livello istituzionale, a livello di organizzazione sociale, a livello di comportamenti familiari e individuali. Da questo dramma dobbiamo valorizzare tutti gli aspetti positivi che ci può portare». Il messaggio di speranza arriva dal senatore del Movimento Cinque Stelle Giovanni Endrizzi, vice presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato. Endrizzi è stato il relatore del parere al Dl Cura Italia che è stato approvato con il voto favorevole di tutta la Commissione, ad eccezione dell’astensione del gruppo della Lega. «Ma tutti gli interventi sono stati improntati a uno spirito collaborativo» ci tiene a precisare.
Il Decreto prevede, tra le altre cose, una ‘cura da cavallo’ per potenziare il Sistema sanitario nazionale: vengono individuate le coperture per le 20mila assunzioni già deliberate per il Sistema sanitario nazionale, lo stanziamento di risorse per gli straordinari del personale sanitario viene incrementato di 150 milioni di euro per il 2020, prevede il finanziamento dell’aumento dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità di pneumologia e malattie infettive (anche in deroga ai limiti di spesa), mentre le strutture private devono mettere a disposizione il personale sanitario in servizio, i locali e le proprie apparecchiature (per un costo di 340 milioni); inoltre, consente alla Protezione civile di disporre la requisizione da soggetti pubblici o privati di presidi sanitari e medico-chirurgici e di beni mobili necessari per fronteggiare l’emergenza sanitaria.
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«L’ossatura del decreto, la sua validità è stata ampiamente riconosciuta – sottolinea Endrizzi -. La gestione sanitaria in capo alle regioni in alcuni casi ha funzionato bene, in altri casi si sono create delle difformità, delle situazioni che vanno riviste senza far venir meno il principio di sussidiarietà e decentramento ma per organizzare meglio il funzionamento dei percorsi di sinergia istituzionale».
Che qualcosa nel rapporto tra Stato e regioni nella gestione dell’emergenza non abbia funzionato è ormai un ragionamento che si sente ripetere spesso. Come sulla strategia dei ‘tamponi a tappeto’ della regione Veneto (la regione di Endrizzi), difforme dalle linee guida nazionali. Endrizzi osserva: «A fine gennaio l’università di Padova aveva messo a punto un test diagnostico del coronavirus relativamente rapido, tre ore per avere l’esito, costo circa 30 euro, e l’università aveva proposto di utilizzarlo per le persone che rientravano dalla Cina anche se asintomatiche. Allora però Mantoan, dirigente della sanità veneta, diffidò l’Asl dal farlo, ventilando la possibilità di danno erariale perché le linee guida internazionali lo vietavano. Ora invece Zaia propone di fare test a tappeto. Cosa è cambiato? Sono contento che sia intervenuto, quanti più se ne possono fare meglio è. Ma allora non fu così. Prima si nascondeva dietro le competenze statali e le linee guida internazionali e adesso no. Nel rapporto Stato-Regioni l’autonomia e la responsabilità delle regioni dev’essere meglio definita».
Tuttavia, secondo Endrizzi, bisogna «evitare di illudere le persone. Da quello che mi risulta oggi in Veneto riescono a fare un numero limitato di tamponi. Vogliono arrivare a una capacità di analisi di 20mila tamponi al giorno. Se dovessimo fare test a tappeto, come voleva fare Zaia, quanti mesi ci vorranno prima di farli a tutta la popolazione? Adesso vogliono acquistare undici macchine da laboratorio e una nuova da 7mila campioni al giorno, ma c’è il problema dei reagenti. Se il presidente Zaia è in grado di allestire una macchina in questo senso, ben venga. Ma molto più importante ed efficace è fare il tampone sulle fasce a rischio, a partire dal personale sanitario. Ma penso anche ai lavoratori delle fabbriche che producono dispositivi medici, beni di prima necessità, le filiere della logistica, della produzione e dell’approvvigionamento alimentare. Se noi possiamo stare responsabilmente a casa lo dobbiamo a loro».
«Per fortuna – continua il vicepresidente della Commissione Sanità – adesso la disponibilità di mascherine sta diventando abbastanza garantita. C’è stato un grosso lavoro del ministro Di Maio per sbloccare quelle vergognose trappole doganali che altri Paesi hanno consentito che rimanessero, per cui ci siamo trovati privi di una fornitura essenziale. Adesso la situazione critica si sta risolvendo».
Infine un pensiero alla lotta al gioco d’azzardo, da sempre una tematica su cui il senatore M5S si è battuto, anche in questi giorni di emergenza. Nei giorni scorsi Endrizzi e altri esponenti pentastellati avevano contestato Lottomatica e la sua controllante De Agostini per una campagna pubblicitaria: nel pieno dell’emergenza venivano inviati messaggi agli utenti in cui si proponeva l’iscrizione a tornei di carte incluso il poker chiamati ‘freeroll’, un torneo gratuito in cui si potevano vincere bonus per andare poi a giocare d’azzardo sul serio. «Credo che il settore in qualche modo debba anche difendersi da un ritorno di immagine negativo. Si sono connotati in maniera veramente biasimevole e credo che abbiano compreso il passo falso. Mandare messaggi promozionali ai propri utenti, offrire la possibilità di giocare a tornei gratuiti ma dove si possono vincere bonus per andare su quelli a pagamento dovrebbe rientrare nel perimetro del ‘divieto totale di pubblicità’. Ma non c’è solo questo. Trovo gravi le richieste da parte della Lega calcio di sospendere il Decreto dignità per far ripartire le sponsorizzazioni sportive e la pubblicità delle scommesse sportive. Le scommesse sportive sono al primo posto nei consumi dei giovani maschi. È una questione di salute: dobbiamo sapere che tanto prima iniziano i comportamenti di consumo d’azzardo tanto più alto è il rischio, per quella persona, di diventare giocatore patologico in forme mediamente più gravi e più difficili da curare, quindi non possiamo permetterci di avvicinare ragazzi e giovani all’azzardo in età precoce. La pubblicità non può essere veicolata dai beniamini dello sport».
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