L’Articolo 15 del testo approvato dal Senato dà al giudice il compito di conferire ai medici legali e a specialisti nella disciplina «oggetto del procedimento» il compito di effettuare la consulenza in una causa per malpractice. Luisa Regimenti (SISMLA): «Svolta storica»; Vittorio Fineschi (Università “Sapienza”): «Finalmente il giusto riconoscimento per la categoria»; Giovanni Cannavò (“Melchiorre Gioia”): «Fondamentali le linee guida, ma chi le fa deve essere autorevole»
«Una svolta storica». Luisa Regimenti, Presidente SISMLA (Sindacato Italiano Medici Specialisti in Medicina Legale), definisce così una modifica che aspettava «da quando, 25 anni fa, ho cominciato a fare sindacato», e che dà ai medici legali un ruolo fondamentale nella valutazione dell’operato dei colleghi implicati in una causa per malpractice.
L’articolo 15 del Ddl n°2224, relativo alla «nomina dei consulenti tecnici d’ufficio, dei consulenti tecnici di parte e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria», stabilisce infatti che: «Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria implicanti la valutazione di problemi tecnici complessi, l’autorità giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti nominati non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi».
«Finalmente viene riconosciuto quel che noi definiamo il ruolo medico-legale – continua Regimenti –, cioè il disposto legislativo che sancisca per sempre che la disciplina medico legale è l’unica deputata a decidere e discriminare in ambito di responsabilità professionale medica. Nella proposta di legge è appunto stabilito che sarà il medico legale a valutare l’eventuale responsabilità professionale di un medico che abbia agito per malpractice».
Le fa eco Vittorio Fineschi, della Facoltà di “Medicina Legale” all’Università “Sapienza” di Roma: «Il momento è di grande fermento – dichiara ai nostri microfoni – e questa norma, che ritornerà alla Camera per la definitiva approvazione, per noi è un punto fermo di interpretazione anche operativa: l’articolo 15 della normativa prevede la formazione di un collegio che dovrà valutare i casi di responsabilità professionale dal punto di vista tecnico. È un punto molto importante perché credo che i medici, tutti i medici, non vogliono sottrarsi al giudizio ma vogliono essere valutati da colleghi che ne sanno quanto loro. Questi, conoscendo la materia in giudizio, potranno emettere giudizi più qualificati».
Lo scorso autunno lo stesso Fineschi e Giovanni Cannavò, Presidente della Società Scientifica “Melchiorre Gioia”, organizzarono un congresso per dare inizio ad un percorso di unità della medicina legale. L’idea nacque proprio dalla discussione del Ddl Gelli e aveva l’obiettivo di unire gli intenti delle varie parti in gioco per affrontare al meglio le nuove sfide della professione: «Il decreto Gelli – ha dichiarato il Presidente Cannavò ai nostri microfoni – sottolinea l’importanza delle linee guida, che nel testo di legge saranno determinanti per accertare l’eventuale responsabilità del medico. Ma chi valida le linee guida? Le società scientifiche. Ma le società scientifiche devono essere autorevoli. Abbiamo effettuato una semplice analisi e abbiamo verificato che il nostro settore è estremamente frammentato. È dunque necessario ritornare ad un’unità dell’intera categoria medico-legale».