L’economista, volto noto dei talk show, è candidato per il partito di Matteo Salvini nella circoscrizione Centro. A Sanità Informazione annuncia il suo impegno a difesa dei medici e degli operatori sanitari, a partire dai contenziosi: «Abbiamo avuto addirittura pubblicità che invitano a fare causa ai camici bianchi: ora serve una task force affinché non sia il singolo medico a difendersi da situazioni di questo genere»
In Europa per contare di più e per prendere ciò che di buono viene dalle istituzioni europee. Si può riassumere in queste parole l’impegno del professor Antonio Maria Rinaldi, economista, romando doc e candidato per la Lega nella circoscrizione Centro alle prossime elezioni europee. Rinaldi non ha bisogno di tante presentazioni: professore di Economia politica alla Link Campus University di Roma, è presenza costante nei talk show televisivi dove spesso non rinuncia al gusto della battuta e dell’ironia. A Sanità Informazione, annuncia che il suo impegno in Europa sarà anche a sostegno della professione medica, a cominciare dal tema della giusta remunerazione degli ex specializzandi: una vertenza che si trascina da più di vent’anni a causa della discriminazione patita dai medici specializzati tra il 1978 e il 2006 senza ricevere il corretto trattamento economico, nonostante fosse previsto dalle direttive Ue in materia (75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE). «Questo è uno dei punti chiave che può essere sicuramente reclamato con più forza – spiega Rinaldi – Il problema non sono le istituzioni europee ma il fatto che l’Italia non ha l’autorevolezza per chiedere delle cose normali di cui avevamo pieno diritto e titolarità per poterlo fare». Per l’economista, un altro tema da approfondire è quello del contenzioso medici-pazienti: «Abbiamo visto delle pubblicità televisive che inducevano i cittadini, che ritenevano non aver avuto la giusta assistenza, a promuovere delle azioni legali nei confronti dei medici: è necessario, proprio per questo, istituire una sorta di tutela superiore, di task force a supporto nel senso che non deve essere il singolo medico a difendersi da situazioni di questo genere».
Professore, quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a scendere in campo?
«La motivazione principale è stata quella di andare in Europa e finalmente poter avere una vera ed effettiva rappresentanza. Il problema è proprio questo: sui tavoli europei, in particolare al Parlamento europeo, ritengo che non sempre si siano fatti gli interessi di questo Paese. Io ci ho messo la faccia con la consapevolezza di poter dare il mio contributo. Ce la metterò tutta in una squadra, quella della Lega, che sicuramente sarà la più grande compagine di tutti i paesi dell’Unione europea. È una sfida da cui non mi tirerò indietro».
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Uno dei grandi temi della sanità italiana è proprio esploso in Europa, quello dei camici bianchi che non hanno avuto la giusta remunerazione durante la specializzazione. Cosa si può fare in Europa su questo punto?
«Questo è uno dei punti chiave che può essere sicuramente reclamato con più forza. Il problema non sono le istituzioni europee ma il fatto che l’Italia non ha l’autorevolezza per chiedere delle cose normali di cui avevamo pieno diritto e titolarità per poterlo fare. Bisogna avere più autorevolezza per chiedere delle cose sacrosante però se questo non è mai avvenuto in passato, poi non ci lamentiamo con le istituzioni europee, dobbiamo prima di tutto lamentarci con noi stessi. Io cercherò in tutti i modi di porre rimedio. Ma sono tanti i problemi della categoria, non solo questo».
Un altro tema caro al nostro quotidiano è quello della formazione continua, argomento che poi riguarda anche altre professioni. L’Europa cosa può fare da questo punto di vista?
«Fermo restando il fatto, ma non lo dico solo da italiano orgoglioso di essere italiano ma proprio perché ho sempre verificato di persona che è vero, che la professionalità e la qualificazione dei medici italiani non ha assolutamente nulla da invidiare agli altri colleghi europei. Sappiamo benissimo che il livello professionale è altissimo. Tuttavia per poter mantenere questa posizione è necessario fare di più. È possibile anche a livello europeo avere dei fondi per questo. È un tema purtroppo molto sottovalutato in Italia come d’altronde è molto sottovalutato il problema della responsabilità professionale dei medici. Non dico che è diventata una moda, ma addirittura abbiamo visto delle pubblicità televisive che inducevano i cittadini, che ritenevano non aver avuto la giusta assistenza, a promuovere delle azioni legali nei confronti dei medici: sappiamo benissimo che molte volte sono delle cause sbagliate o per lo meno intentate da chi pensa ‘intanto facciamo causa, poi vediamo cosa succede’. È necessario, proprio per questo, istituire una sorta di tutela superiore, di task force a supporto nel senso che non deve essere il singolo medico a difendersi da situazioni di questo genere ma ci deve essere una vera e propria organizzazione che tuteli tutta la categoria con degli apparati legali specializzati e molto agguerriti. Questo si può fare con una regolamentazione che riguardi tutta l’Unione europea. Cerchiamo di sfruttare l’Unione europea anche per le cose positive».
Professore, un altro tema a lei caro è quello delle nuove tecnologie come la blockchain che è alla base delle criptovalute ma che in realtà è applicata in tanti campi tra cui la sanità. L’Europa che ruolo può giocare in questo?
«I nuovi orizzonti che può dare la tecnica della blockchain possono essere estremamente importante anche nel campo sanitario. Basti pensare, per i neofiti che non conoscono questa tecnologia, che qualsiasi transazione ha una tracciatura non corruttibile, vale per sempre. Anche tra diecimila anni chi andrà a verificare cosa è successo per esempio oggi, lo troverò indelebilmente scolpito nella blockchain. Questo significa anche avere una trasparenza, per quanto riguarda i dati, con una enorme tutela sia della privacy sia di tutta la normativa correlata. Però per arrivare a questo serve una normativa armonizzata con tutti i paesi dell’Unione europea. Anche qui vale il discorso ‘cerchiamo di prendere le cose buone dalla Ue e non solo le cose negative».
In questa campagna elettorale sta girando la sua circoscrizione in lungo e in largo. Cosa le chiedono le persone che incontra?
«Le elezioni europee hanno circoscrizioni molto grandi e io sono candidato nel Centro Italia. Tutti dicono esattamente le stesse cose: vogliamo più lavoro, più lavoro, più lavoro, vogliamo la tutela del lavoro per noi e per i nostri figli, vogliamo più sicurezza, vogliamo abbassare le tasse perché siamo a un livello di impossibilità nel poter pagare quello che riteniamo non di ritorno. Cosa significa? Che noi paghiamo una percentuale di tasse senza averne benefici in servizi. Vogliamo una sorta di equità e una sorta di garanzia di sicurezza per noi e la nostra famiglia. In fondo sono cose logiche che tutti noi italiani abbiamo dentro. Mi auguro che la Lega sappia interpretare nel migliore dei modi il sentimento degli italiani. Noi vogliamo che che i cittadini e l’economia reale tornino al centro dell’attenzione, cosa che non è avvenuta in passato tradendo le nostre aspettative. Il nostro impegno sarà forte. E poi questo voto sicuramente potrà ristabilire certi equilibri nella politica interna italiana».