Arriva l’endorsement di Fnomceo alla proposta di Italia Viva: «Ne gioverebbe l’aderenza terapeutica e la continuità delle cure»
Con un’interrogazione parlamentare è stato richiesto al ministro della Salute «se non ritenga di dover tempestivamente predisporre le necessarie iniziative di competenza affinché i medici di famiglia possano prescrivere direttamente i farmaci antidiabetici e le patologie respiratorie per i pazienti ad essi assegnati». Presentata ieri in Commissione Affari Sociali alla Camera, dai deputati Vito De Filippo, Lisa Noja e Michela Rostan di Italia Viva.
È arrivato oggi anche l’endorsement della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (FNOMCeO). «Nella situazione attuale, che è sostanzialmente di convivenza con il coronavirus, e nell’eventualità di una seconda ondata, dobbiamo prestare un’attenzione particolare ai pazienti anziani e cronici, che non devono essere costretti a spostamenti inutili né tantomeno messi a rischio di interrompere le terapie – ha spiegato Anelli -. È quindi fondamentale facilitare l’accesso ai nuovi antidiabetici, ai farmaci per la broncopneumopatia cronica ostruttiva e, in generale, a tutti quei medicinali attualmente vincolati a prescrizione specialistica limitativa e piano terapeutico per i quali sia stata ampiamente dimostrata l’efficacia unitamente alla sicurezza».
«Ci associamo quindi nel chiedere l’intervento del ministro della Salute, Roberto Speranza, affinché la prescrizione di tali farmaci, oggi limitata agli specialisti di branca in centri autorizzati, sia aperta ai medici di medicina generale e agli specialisti ambulatoriali, che ne hanno, come i colleghi, tutte le competenze – continua Anelli -. Tali medici, infatti, già ora prescrivono, sulla base del piano terapeutico specialistico, e monitorano l’andamento di tali terapie: è giusto che possano assumersi anche la responsabilità della prima prescrizione e della compilazione del piano, come sta avvenendo, per particolari indicazioni, per i nuovi anticoagulanti orali”.
«Questo consentirebbe di seguire nel migliore dei modi i pazienti cronici, senza costringerli ad aggravi burocratici, esborsi economici e ad inutili spostamenti, che possono diventare rischiosi in tempo di epidemia – conclude -. Se ne gioverebbe l’aderenza terapeutica e la continuità delle cure, vista la reticenza di molti anziani a recarsi in ospedale durante l’epidemia di Covid-19, e, nel contempo, non si sovraccaricherebbe la rete ospedaliera».
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