La deputata del Movimento 5 Stelle: «Le Asl non sempre hanno caricato i dati, con call center possibile svolta»
Tra gli strumentali fondamentali nella lotta al virus, un ruolo particolare ce l’ha l’app Immuni, attivata il 15 giugno su tutto il territorio nazionale. Dopo un inizio stentato, ora l’applicazione, come comunicato dal Ministro Speranza in Parlamento, è stata scaricata da quasi dieci milioni di utenti (circa 9 milioni e 600mila al primo novembre).
Oltre al problema dei download (più gente la scarica e più aumenta l’efficienza delle segnalazioni) una delle grandi criticità è il sistema di tracciamento e notifica dei casi. Un tema portato in Parlamento dalla deputata e medico del Movimento Cinque Stelle Leda Volpi in un Question Time con il Ministro della Salute.
«Il tracciamento sinora non è proceduto con efficienza – spiega Volpi a Sanità Informazione -. Con il Dl Ristori è stata sancita la novità di creare un call center, un supporto telefonico e telematico per Immuni. Finora non era molto chiaro a chi spettasse l’inserimento dei codici per sbloccare la notifica di Immuni e questo ha causato una grossa discrepanza tra i download dell’app e le notifiche».
La novità è figlia dei provvedimenti di queste ultime settimane: se finora spettava esclusivamente agli operatori delle Asl eseguire questa operazione di inserimento, adesso anche gli operatori del call center che il Commissario straordinario Domenico Arcuri sta organizzando potranno dare una mano. L’obbligo dell’inserimento di questi dati è stato sancito dal Dpcm del 18 ottobre.
«Molto spesso gli operatori dell’Asl o non chiedono niente sull’app Immuni o non sanno caricare il codice. Questo è un problema – spiega l’onorevole Volpi -. Noi abbiamo creato un’app all’avanguardia. All’inizio avevamo il tracciamento manuale entrato rapidamente in crisi perché le regioni non si sono adoperate per assumere personale ad hoc (poteva anche non essere personale medico). Ora con questi numeri dei contagi il contact tracing manuale è saltato. In media ogni contagiato ha avuto contatti stretti con 10 persone, secondo le statistiche. In questa ottica far funzionare bene Immuni è fondamentale».
«All’inizio della seconda ondata – continua Volpi – sarebbe stato auspicabile avere un esercito di tracciatori per porre tutte le domande utili, mentre è esperienza riportata da molti cittadini che quando si comunica la positività a volte non vengono fatte tutte le domande necessarie. Sicuramente lo strumento Immuni deve funzionare: avrebbe dovuto farlo dall’inizio ma non è mai troppo tardi. È fondamentale che chi lo ha scaricato possa sfruttarlo».
Altro tema sollevato da Leda Volpi in Parlamento è quello di elaborare Linee Guida chiare ed uniformi per i medici di base sul comportamento da tenere quando un assistito riceve la notifica su Immuni. «È emerso – spiega Volpi – che alcuni MMG chiedevano al paziente di isolarsi 14 giorni, altri dicevano solo qualche giorno, altri ancora prenotavano il tampone. Sarebbe utile avere delle linee Guida per i Medici di famiglia in modo da sapere cosa dire ai pazienti che ricevono la notifica».
Ai medici di famiglia ora spetterà anche il compito di eseguire i test negli studi, una decisione che sta sollevando polemiche: «È importante prendere esempio dagli esempi virtuosi perché già oggi in Italia abbiamo delle esperienze positive – conclude Volpi -. Per esempio so che in alcune Asl dell’Emilia Romagna sono stati organizzati degli ambulatori Covid – No Covid, un modello da considerare. Si sono messi insieme i medici di famiglia che volevano aderire e i medici delle Usca. Hanno adibito degli ambulatori destinati solo a pazienti con sintomi respiratori, una sorta di ‘percorso sporco’, dove vengono eseguiti i tamponi, mentre hanno lasciato il ‘percorso pulito’ agli altri loro ambulatori in modo da poter visitare tranquillamente i loro assistiti. Mi sembra una buona soluzione perché non tutti hanno uno studio a piano terra con tutte le caratteristiche per non far entrare i casi sospetti Covid nei condomini. Potrebbe essere un modello da copiare. Dobbiamo cercare di prendere spunto dagli esempi che funzionano. Non bisogna inventarsi niente. Certo, i medici di famiglia hanno un carico di lavoro molto grande in questo momento. Purtroppo molte regioni sono in difficoltà perché non hanno saputo organizzare le Usca».
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